31 ottobre 2010

DIVULGAZIONE DI DATI RILEVANTI A SOGGETTI PARTECIPANTI ALLA GARA

Uno dei punti di maggior criticità in capo al responsabile del procedimento in materia di appalti riguarda la possibilità di divulgazione di dati rilevanti a soggetti partecipanti.
Trattandosi di procedimento amministrativo, quello relativo alle gare della p.a. deve modellarsi sul paradigma ordinario di procedimento, così come delineato dalla legge nr. 241 del 1990. Pur tuttavia, l’art. 13 del dlgs nr. 163, al comma 5, stabilisce alcune precauzioni in relazione alla divulgazione, a contro interessati titolare di un interesse giuridicamente rilevante, di dati coperti da segreto.
Il comma 5 dell’art. 13 prevede, infatti, che fatta salva la disciplina prevista dal presente codice per gli appalti segretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, sono esclusi il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione in relazione:
a) alle informazioni fornite dagli offerenti nell'ambito delle offerte ovvero a giustificazione delle medesime, che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente, segreti tecnici o commerciali;
b) a eventuali ulteriori aspetti riservati delle offerte, da individuarsi in sede di regolamento;
c) ai pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all'applicazione del presente codice, per la soluzione di liti, potenziali o in atto, relative ai contratti pubblici;
d) alle relazioni riservate del direttore dei lavori e dell'organo di collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto.
Il successivo comma 6, a sua volta, stabilisce che in relazione all'ipotesi di cui al comma 5, lettere a) e b), è comunque consentito l'accesso al concorrente che lo chieda in vista della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell'ambito della quale viene formulata la richiesta di accesso.
Come è facile desumere, al responsabile unico spetta un compito assolutamente delicato, ovvero stabilire la possibilità di comunicazione a terzi di segreti industriali e commerciali. Difficoltà accentuata dal fatto che, come afferma la norma (lett. A)), il costituire la offerta segreto industriale o commerciale è demandato alla parte al momento dell'offerta, con apposita dichiarazione.
Ma, continua la norma, tale accesso dovrà sempre essere consentito qualora controparte richiedente intenda agire in vista della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell'ambito della quale viene formulata la richiesta di accesso.
Si tratta di una mediazione tra due opposti interessi, accesso agli atti per agire per la tutela dei propri interessi in giudizio e mantenimento del segreto per non danneggiare una particolare conoscenza industriale o commerciale.
In relazione alla concreta applicazione della norma esaminata, occorre ulteriormente precisare che essa riguarda i rapporti tra imprese partecipanti alla stessa gara; ovvero il divieto di ostensione previsto dal comma 5 dell’art. 13 è riferito solo ad istanze di soggetti partecipanti ed eventualmente pretermessi, ma non anche a soggetti esterni titolari di interesse giuridicamente qualificato. In questo caso tornerà ad applicarsi la disciplina generale della legge nr. 241 del 1990, come recentemente ribadito dal Consiglio di Stato (decisione nr. 5062 del 2010), secondo cui da quanto detto discende che: a) il carattere segreto delle informazioni tecniche e commerciali, che peraltro deve risultare da motivata dichiarazione dell’offerente prodotta in sede di presentazione della offerta, non può far velo alla esibizione della restante documentazione ( cioè di quella non coinvolta da tali profili di meritevole segretazione) nei confronti dei terzi interessati; b) la speciale legittimazione all’accesso alle (sole) informazioni segrete riguarda solo i partecipanti alla gara ed è funzionale alla tutela in giudizio degli interessi legittimi nascenti dalla procedura ad evidenza pubblica.
Si evidenzia, ancora, l’enorme carico di responsabilità gravante sul responsabile unico di gare di appalto qualora costui dovesse soppesare una richiesta di accesso agli atti in relazione a situazioni di carattere industriale o commerciale di controinteressata; e dall’altra parte vi fosse la dichiarazione di inostensibilità apposta dalla controinteressata al momento di partecipazione all’appalto. Ci si chiede, in questi casi, detta dichiarazione debba soccombere rispetto al diritto di agire in giudizio e se sia consentito alla amministrazione, e per essa al responsabile del procedimento, un sindacato sulla fondatezza o meno della dichiarazione ex comma 5 da parte del partecipante e della successiva specificazione di voler agire per la tutela delle proprie situazioni soggettive (che ex art. 24 Cost. fa recedere il divieto all’accesso). (vedi qui)

APPALTI A CORPO O A MISURA

L’art. 53 comma 4 del codice dei contratti chiarisce che “Per le prestazioni a corpo, il prezzo convenuto non può essere modificato sulla base della verifica della quantità o della qualità della prestazione”, invece “per le prestazioni a misura, il prezzo convenuto può variare, in aumento o in diminuzione, secondo la quantità effettiva della prestazione. Per l'esecuzione di prestazioni a misura, il capitolato fissa i prezzi invariabili per unità di misura e per ogni tipologia di prestazione”.
La differenza fra i due tipi di contratto viene sottolineata nel lodo arbitrale di Napoli del 22 giugno 2000, secondo il quale “nel contratto d’appalto stipulato a corpo, il prezzo viene determinato con la definizione di una somma fissa ed invariabile per la realizzazione di un’ opera tecnicamente rappresentata negli elaborati progettuali, per cui l’opera deve essere descritta in modo estremamente preciso, per mezzo di un progetto molto dettagliato; viceversa nel caso di prezzo a misura, questo può essere determinato nella sua effettiva entità soltanto al termine dei lavori, sommando le componenti dell’’opera finita e applicando loro il prezzo unitario prefissato”.
Entrambe le categorie contrattuali, però presentano alcuni elementi di criticità più volte segnalati dalla giurisprudenza.
Come sostenuto dal collegio arbitrale di Roma del 23 ottobre 1997 “Il criterio di determinazione del prezzo dell’appalto a corpo non costituisce, e non può costituire, strumento per trasformare l’appalto in una scommessa o in un contratto aleatorio, né tantomeno in un espediente per ottenere a spese dell’appaltatore l’esecuzione di opere pubbliche a costi inferiori a quelli effettivi, ma è consentito ed ammissibile, in via di principio, soltanto se ed in quanto sia possibile procedere preventivamente alla precisa determinazione dell’opera, quando cioè la possibilità di calcolare e misurare, precisamente tutte le categorie di lavoro richieste, consente di forfettizzare il corrispettivo globale e di lasciare quindi a carico oppure a vantaggio dell’appaltatore il rischio o l’utile delle maggiori o minori quantità che risultassero necessarie” (Lodo arbitrale Roma 23 ottobre 1997 n. 89). Ed ancora "In caso di contratto a forfait (…) il rischio che grava sull'appaltatore in tale tipo di contratto deve essere inteso nel senso che sull'impresa non possono gravare oneri correlati a difficoltà che siano insorte nel corso del rapporto e che siano al di fuori di ogni previsione originaria" (Lodo Roma 27 Maggio 2002).
Diversamente, invece, come sostenuto dal collegio arbitrale di Roma del 6 aprile 2000 “Nell’appalto a misura l’importo presunto dell’appalto costituisce un tetto economico, concordato tra le parti, indicativo dei limiti di spesa dell’appalto, nonché, secondo certe regole, dell’obbligo e del diritto dell’appaltatore di eseguire le opere indicate nel contratto”. Inoltre “negli appalti a misura l’ampiezza degli oneri espressamente contemplati nella descrizione di uno o più prezzi unitari altro non comporta se non che l’impresa, nel formulare la propria offerta, deve prefigurarsene l’entità in relazione a tutti i dati progettuali a disposizione” (Lodo arbitrale Roma 22 marzo 2002).

25 ottobre 2010

SEGNALAZIONE CERTIFICATA INIZIO ATTIVITÀ (SCIA)

CIRCOLARE 8 ottobre 2010
Comunicato della Direzione Generale dell’Assessorato al Territorio e Urbanistica della Regione Lombardia

La legge 30 luglio 2010, n. 122, di conversione del D.L. n. 78, ha introdotto una nuova disciplina in materia di semplificazione che ha posto da subito dubbi e problemi per quanto attiene specificamente al settore dell’edilizia. Ci si riferisce all'art. 49, commi 4-bis e 4-ter, inseriti dalla legge di conversione e per ciò stesso efficaci a far tempo dal 31 luglio 2010.
Con il comma 4-bis il legislatore, "riscrivendo" l'art. 19 della L. n. 241/1990, introduce la "Segnalazione certificata di inizio attività - SCIA", in sostituzione della "Dichiarazione di inizio attività - DIA"; con il successivo comma 4-ter , dichiara espressamente la nuova disciplina attinente alla "tutela della concorrenza" e la qualifica "livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali", così riconducendola alla competenza esclusiva statale.
In risposta ad una richiesta di chiarimenti urgenti, tempestivamente formulata da Regione Lombardia, il Ministero per la Semplificazione normativa, con un’articolata nota in data 16 settembre 2010, ha avuto modo di delineare l’esatto ambito di operatività del nuovo istituto in campo edilizio. Risolta in senso positivo la prima importante questione e cioè l’applicabilità della nuova disciplina anche all'edilizia, il Ministero ha chiarito che la SCIA può sostituire solo la DIA “ordinaria”, non anche la DIA alternativa al permesso di costruire, particolarmente estesa nella nostra legislazione regionale. Questo importante chiarimento interpretativo fornito dal Ministero sostanzialmente fa salvo il regime giuridico in materia di procedure edilizie che Regione Lombardia ha consolidato con successo da oltre un decennio e che risulta fondato, come noto, sull’alternatività pressoché totale tra permesso di costruire e DIA.
A seguito delle intervenute modifiche legislative, come sopra delineate, sono cinque le procedure edilizie operative nella nostra Regione a far tempo dal 31 luglio 2010 per i diversi interventi, secondo la seguente articolazione:

1. Permesso di costruire per tutti gli interventi edilizi, nonché per i mutamenti di destinazione d’uso di cui all’art. 52,comma 3 bis, della L.R. n. 12/2005;
2. Denuncia di inizio attività (DIA) alternativa al permesso di costruire di cui al punto 1), fatta eccezione per gli interventi di cui al p.to 3, assoggettati in via principale a SCIA, nonché per i nuovi fabbricati in zona agricola e per i mutamenti di destinazione d’uso di cui all’art. 52,comma 3-bis, della L.R. n. 12/2005, assoggettati unicamente al permesso di costruire;
3. SCIA per tutti gli interventi non previsti dagli artt. 6 e 10 (per quanto, quest’ultimo, disapplicato in Regione Lombardia) del d.P.R. n. 380/2001, più precisamente:
- interventi di manutenzione straordinaria non liberalizzati, ovvero eccedenti rispetto alla previsione di cui all’art. 6, comma 2, lett. a), del d.P.R. n. 380/2001,
- interventi di restauro e di risanamento conservativo,
- interventi di ristrutturazione edilizia “leggera”, ovvero non rientranti nella fattispecie di cui all’art. 10, comma 1, lett. c), del d.P.R. n. 380/2001;
4. Comunicazione asseverata per gli interventi di manutenzione straordinaria di cui all’art. 6, comma 2, lett. a), del d.P.R. n. 380/2001;
5. Comunicazione per le opere di cui all’art. 6, comma 2, lett. b), c), d), e), del D.P.R. n. 380/2001.

Per quanto riguarda specificamente la nuova disciplina della SCIA, applicabile nell’ambito sopra delineato (p.to 3), si precisa che, nel caso di interventi da realizzarsi in zona soggetta a vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, alla SCIA dev’essere allegato lo specifico atto di assenso dell’ente preposto alla tutela del vincolo, atto di assenso che non può essere sostituito da SCIA.
Si richiama l’attenzione sugli adempimenti dovuti nel caso di interventi da realizzarsi in ambito non sottoposto a vincolo paesaggistico e sempre che incidano sull’aspetto esteriore dei luoghi e degli edifici: i relativi progetti sono soggetti all’esame di impatto paesistico previsto dal P.T.R. (vedi artt. 35 e ss., Parte 3, Piano Paesaggistico e D.G.R. n. 11045/2002).
In tal caso, se il progetto rimane sotto la soglia di rilevanza, alla SCIA dev’essere allegato l’esame di impatto paesistico, sopra soglia dev’essere acquisito, preliminarmente alla presentazione della SCIA, il giudizio di impatto paesistico con parere obbligatorio della Commissione per il paesaggio.
Relativamente agli interventi previsti dalla L.R. n. 13/2009, in materia di rilancio dell’edilizia, trattandosi di iniziative contemplate da una disciplina avente carattere speciale e derogatorio, la SCIA non trova applicazione, rimanendo pertanto confermati gli specifici disposti procedurali della stessa L.R. 13 (art. 2, comma 4; art. 3, comma 8; art. 4, comma 3).
Da ultimo, per quanto riguarda le DIA edilizie presentate prima del 31 luglio 2010, quand’anche a tale data non risultasse decorso il termine di trenta giorni previsto per l’esercizio del potere inibitorio dal parte dell’amministrazione, il Ministero ha chiarito che rimangono operative, salva la possibilità per il privato di avvalersi degli effetti della sopraggiunta disciplina presentando per il medesimo intervento una SCIA, ovviamente se l’intervento rientra tra quelli passibili di SCIA (p.to 3 sopra dettagliato). "

21 ottobre 2010

NOLO A CALDO

Il contratto di nolo a caldo – consistente nel noleggio di un macchinario con la messa a disposizione del relativo operatore – è figura nettamente diversa dal contratto di subappalto. Nella normativa sui lavori pubblici esso viene tuttavia assoggettato (art. 118) alla medesima disciplina autorizzatoria del subappalto quando ricorrano entrambi i seguenti presupposti:
- il contratto sia di importo superiore al 2% dell’importo dell’appalto o a 100.000 euro;
- l’incidenza del costo della manodopera e del personale sia superiore al 50% dell’importo del contratto da affidare.
Laddove queste condizioni non sussistano, trova applicazione l’ultimo periodo dell’art.118, c. 11, che impone all’appaltatore un obbligo di comunicazione alla stazione appaltante di tutti i subcontratti stipulati, con il nome del subcontraente, l’oggetto del lavoro servizio o fornitura, nonché l’importo contrattuale.

L’ENTITÀ DEI LAVORI OGGETTO DI SUBAPPALTO

La ratio dell’art. 118 c.2 del D. Lgs. 163/2006 è volta a limitare al 30% la “quota” massima di lavori rientranti nella categoria prevalente affidabili a terzi. Ai fini dell’individuazione di detto limite occorre valutare l’entità dei lavori oggetto di subappalto e non il prezzo pattuito con il subappaltatore, utilizzando un criterio di calcolo, basato su valori raffrontabili. L’esatta quantificazione può quindi essere effettuata sulla base dell’importo progettuale posto a base di gara o, in alternativa, sulla base dei prezzi del contratto principale, considerato che il comma 4 dell’art. 118 stabilisce che l’aggiudicatario deve praticare, per le prestazioni affidate in subappalto, gli stessi prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione, salvo poi consentire un ulteriore ribasso non superiore al 20%.
Mai comunque l’ammontare delle lavorazioni subappaltabili può essere calcolato sulla base dei prezzi praticati dal subappaltatore, in quanto si verrebbe a confrontare un valore lordo (importo di progetto o di aggiudicazione) con un valore netto (importo del subcontratto, al netto dell’ulteriore sconto praticato).

20 ottobre 2010

TRASMISSIONE DI COPIA DELLE FATTURE QUIETANZATE ALLA S.A.

La previsione normativa di cui all’ art. 118, comma 3, D.lgs. 163/2006, secondo cui l’appaltatore deve trasmettere copia delle fatture quietanzate alla S.A. entro 20gg. dalla data di ciascun pagamento effettuato nei suoi confronti, ha come ratio quella di dare certezza alla S.A. dell’avvenuto pagamento in favore del subappaltatore.
Considerato che il contratto di subappalto assegna all’appaltatore principale un termine di 60gg. per pagare il subappaltatore (termine conosciuto dalla S.A. e da essa acconsentito nel momento in cui ha autorizzato il subappalto), la mancata trasmissione delle fatture quietanzate nei termini di cui al D.lgs. 163/2006 non è di per sé indicatrice di un mancato pagamento: dal punto di vista pratico, si ritiene pertanto che la S.A., laddove necessario, possa rivalersi sull’appaltatore con la sospensione del pagamento al primo S.A.L. utile successivo allo scadere dei 60gg. (o eventualmente nella rata di saldo), dopo aver accertato che la mancata trasmissione delle fatture “non è frutto di un mero ritardo di trasmissione ma di un effettivo mancato pagamento nei confronti del subappaltatore” (cfr. Det. Aut. LL.PP. n. 7 del 28/04/2004).
In tal caso si concretizzeranno gli estremi di un “grave inadempimento contrattuale” e la S.A. potrà anche, nella sua sfera di autonomia, ricorrere alla preventiva risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 136 del D.lgs. 163/2006 con escussione della garanzia fideiussoria di cui agli artt. 113, comma 2, del D.lgs. 163/2006 e 101 del D.P.R. n. 554/99.

SUBAFFIDAMENTO E SUBAPPALTO

Per l’esatta qualificazione dei “subcontratti” affidati dall’appaltatore, occorre tenere conto dei seguenti criteri, desumibili dalla vigente legislazione in materia di appalti pubblici e di occupazione e mercato del lavoro.
In primo luogo, va chiarito che le somministrazioni di sola manodopera non ricadono nell’ambito di applicazione del regime vincolistico di cui all’art. 118 del D.Lgs. 163/2006. La normativa di riferimento è difatti rinvenibile nel D.Lgs. 276/2003 che pone tassativamente i requisiti soggettivi ed oggettivi per le mere prestazioni di manodopera; si rammenta in proposito che le prestazioni somministrate in assenza dei prescritti requisiti sono punite come reato.
Appare pertanto nella fattispecie necessario appurare l’esatto contenuto delle prestazioni oggetto del “subcontratto”.
Quando i subcontratti includono, accanto a prestazioni di manodopera, prestazioni di altra natura, per identificare il regime normativo applicabile, occorre a sua volta distinguere tra:
subappalti e cottimi, per i quali l’autorizzazione è sempre necessaria, anche quando il loro valore è inferiore al 2% dell’importo dei lavori oggetto dell’appalto o inferiore a 100.000,00 euro e l’incidenza della manodopera è inferiore al 50%; a tale evenienza, difatti, l’art. 118, comma 8, ricollega la riduzione alla metà dei termini di rilascio dell’autorizzazione;
subcontratti “assimilati”, per i quali l’autorizzazione è necessaria solo se ricorrono i presupposti indicati al punto precedente. In assenza delle predette condizioni, si applica la prescrizione dell’art. 118, comma 11, ultimo periodo, che pone a carico dell’appaltatore l’obbligo di comunicare alla stazione appaltante il nome del sub-contraente, l’importo del contratto, l’oggetto del lavoro, servizio o fornitura affidati.

FORNITURA, FORNITURA CON POSA IN OPERA, NOLI A CALDO, SUBAPPALTO

In base all’attuale normativa (art. 118 del D. Lgs. 163/2006, che riproduce sostanzialmente l’art. 18 della Legge 55/90) e secondo i più recenti orientamenti giurisprudenziali, occorre distinguere tra:
- contratti di subappalto in senso stretto (intesi come contratti derivati con cui l’appaltatore affida a terzi l’esecuzione, in tutto od in parte, dell’opera da esso assunta) sottoposti sempre all’obbligo autorizzativo;
- altri subcontratti (sub forniture, forniture con posa in opera e noli a caldo) assoggetti alla medesima disciplina autorizzatoria del subappalto esclusivamente se ricorrano i presupposti del comma 11 del citato art. 118 (costo della manodopera incidente più del 50% e importo singolarmente superiore al 2% dell’importo contrattuale affidato o a 100.000 €).
La fattispecie limitata all’acquisto di conglomerato bituminoso presso la ditta di produzione, che provvede con propri mezzi a trasportarlo in cantiere, si configura come sub contratto di fornitura, non sottoposto ad autorizzazione, bensì al solo obbligo dell’appaltatore di comunicazione alla stazione appaltante ai sensi del c. 11, ultimo periodo, del citato art. 118.
Nel caso invece si fosse in presenza di fornitura con posa in opera di conglomerato bituminoso, gli orientamenti recenti propendono per far prevalere gli aspetti attinenti all’appalto di lavori pubblici, facendo ricadere conseguentemente l’attività nell’ambito dei subappalti soggetti ad autorizzazione. (Vedasi deliberazione dell’Autorità di Vigilanza n. 35/2008).

19 ottobre 2010

CHIARIMENTI SULLA DURATA DEL DURC

E' stata pubblicata dal Ministero del Lavoro, Direzione generale per l`attivita` ispettiva, la circolare n. 35/2010 con la quale si forniscono alcuni chiarimenti sulla durata del Durc nell`ambito dei lavori pubblici.
Tale circolare fa espresso riferimento alla determinazione n. 1 del gennaio 2010 emessa dell`Autorita` di Vigilanza dei lavori pubblici, nella quale si era dato atto di una durata trimestrale del Durc.
L`art. 16bis, co. 10 del D.L. 185/2009 prevede l`acquisizione d`ufficio del Durc da parte delle stazioni appaltanti in tutti i casi in cui e` richiesto dalla legge, ma le imprese coinvolte negli appalti potranno comunque continuare a chiedere personalmente il Durc, soprattutto in presenza dell`inerzia dell`amministrazione appaltante.
Il Ministero ribadisce la validita` trimestrale del Durc che attesta, nell`ambito delle procedure di selezione del contraente, che l`impresa e` in regola al momento del rilascio del Documento emesso per la partecipazione alla procedura.
Ha validita` trimestrale il Durc rilasciato ai fini del controllo dell`autocertificazione presentata ai sensi del D.P.R. n. 445/2000, che deve attestare la regolarita` alla data dell`autocertificazione.
Tale Durc potra` poi essere utilizzato dalla stazione appaltante anche per altri fini (aggiudicazione e/o stipula del contratto), purche`, evidentemente, non scaduto e pertanto, non oltrepassati i tre mesi dalla sua emissione.
E` stato, inoltre, sottolineato che il Durc richiesto per determinati fini (sgravi contributivi, partecipazione a gara pubblica, lavori privati etc...) non puo` essere utilizzato per altri fini.
Per cio` che concerne i Sal e il saldo finale, fermo restando l`obbligo di richiedere un nuovo Durc per ciascun Sal o stato finale, il documento ha validita` trimestrale ai fini del pagamento per cui e` stato richiesto. Questo comporta che, laddove l`emissione del certificato di pagamento avvenga in un momento successivo alla presentazione del Durc per lo specifico SAL, ma sempre entro i tre mesi di validita` dello stesso, non sara` necessario richiederne un altro, purche` sia ancora in corso di validita` il primo.
Stessa validita` trimestrale anche in sede di liquidazione delle fatture relative ai pagamenti dei contratti pubblici, nonche` nel caso di appalti relativi all`acquisizione di beni, servizi e forniture effettuati in economia ai sensi dell`art. 125, co. 1, lett.b) del D.lgs. n. 163/2006.
Medesima validita` anche per i Durc rilasciati ai fini dell`attestazione Soa e dell`iscrizione all`albo dei fornitori.
Sempre trimestrale e` la validita` del Durc rilasciato ai fini di lavori privati in edilizia e il medesimo documento puo` essere utilizzato ai fini dell`inizio di piu` lavori, purche` in corso di validità.
Rimane ferma la validita` mensile per il Durc emesso ai fini della fruizione dei benefici normativi e contributivi.

18 ottobre 2010

LE OBBLIGAZIONI DEL DIRETTORE DEI LAVORI

Con una pronuncia in tema di appalto (Cass. n.10728/08) la Corte di Cassazione ha puntualizzato le obbligazioni poste a carico del direttore dei lavori, differenziandole da quelle inerenti a diverse – ma spesso confuse – figure professionali
Secondo la Corte è orientamento costante (cfr. Cass. Sez. II n° 16361/07) che in tema di responsabilità conseguente a vizi o difformità dell’opera appaltata, il direttore dei lavori per conto del committente presta un’opera professionale in esecuzione di una obbligazione di mezzi e non di risultati, ma, essendo chiamato a svolgere la propria attività in situazioni involgenti l’impiego di particolari e peculiari competenze tecniche, deve utilizzare le proprie risorse intellettive ed operative per assicurare, relativamente all’opera in corso di realizzazione, il risultato che il committente si aspetta di conseguire, onde il suo comportamento deve essere valutato non con riferimento al normale concetto di diligenza, ma alla stregua della “diligentia quam” in concreto.
Rientrano pertanto nelle obbligazioni del direttore dei lavori:
l’accertamento delle conformità sia della progressiva realizzazione dell’opera al progetto, sia delle modalità dell’esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica;
l’adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell’opera, e la segnalazione all’appaltatore tutte le situazioni anomale e gli inconvenienti che si verificano in corso d’opera.
Il direttore dei lavori non si sottrae pertanto a responsabilità ove ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonché di controllarne l’ottemperanza da parte dell’appaltatore, di riferirne al committente.
In particolare l’attività del direttore dei lavori per conto del committente si concreta nell’alta sorveglianza delle opere, che, pur non richiedendo la presenza continua e giornaliera sul cantiere ed il compimento di operazioni di natura elementare, comporta il controllo della realizzazione dell’opera nelle sue varie fasi e pertanto l’obbligo del professionista di verificare, attraverso periodiche visite e contatti diretti con gli organi tecnici dell’impresa, da attuarsi in relazione a ciascuna di tali fasi, se sono state osservate le regole dell’arte e la corrispondenza dei materiali impiegati.
La sorveglianza sull’esecuzione di lavori elementari sul cantiere è affidata invece ad altra figura professionale, come il direttore di cantiere, responsabile della gestione giornaliera del cantiere di lavoro e dell’esecuzione dell’opera.
Il direttore dei lavori, che è l’unica persona che può accedere sul cantiere senza la presenza o l’autorizzazione di alcuno, ha la direzione e l’alta sorveglianza dei lavori con visite periodiche nel numero necessario a suo esclusivo giudizio, per accertare la regolare esecuzione dei lavori e per il collaudo dei lavori stessi, senza incontrare altri tecnici dell’appaltatore, quali il direttore del cantiere o il direttore tecnico dell’impresa, figure diverse dal direttore dei lavori, che hanno la responsabilità della rispondenza dell’opera al progetto, dell’osservanza delle prescrizioni di esecuzione del progetto, della qualità dei materiali impiegati, della sicurezza del cantiere.
Il direttore dei lavori può recarsi sul cantiere soltanto in qualche occasione, dovendosi limitare a valutare la rispondenza dell’opera al progetto approvato, ed è facultato a servirsi anche di suoi collaboratori con compiti specifici, dovendo garantire soltanto il risultato di una regolare realizzazione dell’opera.

17 ottobre 2010

VIZI COSTRUTTIVI

Fra i “gravi difetti” di cui all’art. 1669 c.c. “vanno ricompresi, oltre i casi di rovina e di evidente pericolo di rovina parziale o totale dell’edificio, anche quei vizi che, pur non incidendo sulla statica e sulla struttura dell’immobile, pregiudicano in modo grave la funzione cui questo è destinato e ne limitano in modo notevole le possibilità di godimento” (Cass. 88/6619), o “limitano quelle di una frazione dell’edificio stesso, indipendentemente dall’entità della somma di danaro occorrente per la loro eliminazione” (Cass. 91/1686).
Ancora, si è affermato (Cass. 07/01/2000, n. 81) che “In tema di responsabilita’ del costruttore e del progettista - direttore dei lavori, nella nozione di gravi difetti, di cui all’art. 1669 cod.civ., vanno inquadrate quelle deficienze costruttive incidenti sulla funzionalita’ dell’opera e comportanti una menomazione del godimento dell’immobile con pericolo per la durata e la conservazione della costruzione. La valutazione a tal fine effettuata dal giudice di merito costituisce apprezzamento che sfugge al sindacato di legittimita’, se correttamente motivato“.
Più recentemente si è affermato che proprio i difetti relativi alle pavimentazioni, quando la loro eliminazione richieda opere di rifacimento sostanziali, incidenti su una parte considerevole della pavimentazione medesima, rientrano nell’alveo applicativo della citata disposizione del c.c.: “Configurano gravi difetti dell’edificio a norma dell’art. 1669 c.c. anche le carenze costruttive dell’opera - da intendere anche come singola unità abitativa - che pregiudicano o menomano in modo grave il normale godimento e/o l’abitabilità della medesima, come allorché la realizzazione è avvenuta con materiali inidonei e/o non a regola d’arte ed anche se incidenti su elementi secondari ed accessori dell’opera (quali impermeabilizzazione, rivestimenti, infissi, pavimentazione ecc.) purché tali da compromettere la sua funzionalità e l’abitabilità ed eliminabili solo con lavori di manutenzione, ancorché ordinaria, e cioè mediante opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici (principio affermato dalla S.C. in una fattispecie in cui gli acquirenti avevano agito per la responsabilità extracontrattuale nei confronti del costruttore perché le mattonelle del pavimento dei singoli appartamenti si erano scollate e rotte in misura percentuale notevole rispetto alla superficie rivestita)” (Cass. 28 aprile 2004, n. 8140 confermata più recentemente da Cass. 8 maggio 2007, n. 10533).
La responsabilità per la presenza di vizi di cui all’art. 1669 c.c. non può che ricadere (anche) sul direttore lavori, che peraltro in giudizio deve offrire la prova tale, ad esempio, da dimostrare la piena osservanza dei doveri di controllo e vigilanza e l’imputabilità esclusiva e non altrimenti ovviabile della deficienza costruttiva alla sola impresa edificatrice.
Secondo la decisione del Trib. Monza 4 settembre 2006, n. 592, “rientrano pertanto nelle obbligazioni del direttore dei lavori l’accertamento della conformità sia della progressiva realizzazione dell’opera al progetto, sia delle modalità dell’esecuzione di essa al capitolato e/o alle regole della tecnica, nonché l’adozione di tutti i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell’opera senza difetti costruttivi, esercitando una vigilanza attiva su tutte le fasi di realizzazione dell’opera, e segnalando all’appaltatore tutte le situazioni anomale e gli inconvenienti che si verificano in corso d’opera. Conseguentemente il professionista non si sottrae a responsabilità ove ometta di vigilare e di impartire le opportune disposizioni al riguardo, nonché di controllarne l’ottemperanza da parte dell’appaltatore ed, in difetto, di riferirne al committente“.
L’applicabilità della fattispecie di responsabilità in parola al direttore lavori è sancita, da ultimo, da Cass. 16 febbraio 2006, n. 3406, secondo cui “L’ipotesi di responsabilità regolata dall’art. 1669 c.c. in tema di rovina e difetti di immobili ha natura extracontrattuale e, conseguentemente, trova un ambito di applicazione più ampio di quello risultante dal tenore letterale della disposizione - che fa riferimento soltanto all’appaltatore nei confronti del committente e dei suoi aventi causa - perché operante anche a carico del progettista, del direttore dei lavori e dello stesso committente che abbia provveduto alla costruzione dell’immobile con propria gestione diretta, ovvero sorvegliando personalmente l’esecuzione dell’opera, sì da rendere l’appaltatore un mero esecutore dei suoi ordini“, nonché da Cass. 23 maggio 2005, n. 10806: “La disciplina dell’art. 1669 c.c. si applica non solo nei confronti dell’appaltatore ma anche del progettista, del direttore dei lavori e dello stesso committente che si sia avvalso di detti ausiliari. La relativa responsabilità esula dai limiti del rapporto contrattuale intercorso tra le parti, per assumere la configurazione propria della responsabilità da fatto illecito e le attività dei soggetti suddetti possono concorrere tutte alla produzione del danno con la conseguenza che possono essere chiamati tutti a risarcire il danno integrale”.

15 ottobre 2010

ACCESSO AI CANTIERI DI LAVORI PUBBLICI PER CONTRASTARE LE INFILTRAZIONI MAFIOSE

Il D.P.R. n. 150 del 2 agosto 2010, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 212 del 10 settembre 2010, ridefinisce la disciplina di accessi ed accertamenti presso i cantieri delle imprese interessate all'esecuzione di lavori pubblici per contrastare le infiltrazioni mafiose.
Il Decreto si applica dal 25 settembre 2010 a tutti i soggetti che intervengono a qualunque titolo nel ciclo di realizzazione dell'opera, anche con appalti di modesta entità (noli e forniture di beni e prestazioni di servizi, ivi compresi quelli di natura intellettuale, qualunque sia l'importo dei relativi contratti o dei subcontratti).
Il provvedimento prevede l’esecuzione di controlli effettuati da un gruppo interforze composto da funzionari della polizia di stato, dell'arma dei carabinieri, della guardia di finanza, della Dia, del provveditorato alle opere pubbliche e da un rappresentante della Direzione provinciale del lavoro.

COORDINATORE PER L’ESECUZIONE DEI LAVORI

Le funzioni di Coordinatore per l’esecuzione dei lavori previsto dalla normativa sulla sicurezza nei cantieri devono essere svolte dal Direttore dei lavori, se in possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente, secondo quanto disposto dall’art. 127, comma 1, del D.P.R. n. 554/99, la cui ratio è quella di concentrare l’adozione degli atti di competenza del direttore dei lavori in capo ad un unico soggetto, ai fini della certezza e celerità dell’azione amministrativa (Deliberazione AVCP n. 243/2007).
La S.A., pertanto, deve pubblicare un unico bando per l’affidamento ad un unico professionista dell’incarico di direzione lavori e di coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione dei lavori, adottando la procedura di affidamento prevista dall’art. 91 del D.Lgs. n. 163/2006.
Ne consegue che, in tal modo, la S.A. evita anche di incorrere nel divieto di frazionamento artificioso degli incarichi, posto al fine di eludere l’applicazione delle norme, divieto sancito dall’art. 29, comma 4, del D.Lgs. n. 163/2006.
Si richiama la Determinazione dell’Autorità n. 4/2007, rubricata “Indicazioni sull’affidamento dei servizi di ingegneria ed architettura a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163 e della legge 4 agosto 2006, n. 248”, che rinvia, per ciò che concerne i servizi tecnici di importo inferiore a 100.000,00, alle istruzioni formulate con la precedente Determinazione n. 1/2006.
In particolare, quest’ultima determinazione precisa che nell’avviso di selezione dovranno essere indicati i requisiti minimi, richiesti dalla S.A., che consentano al professionista – tramite il curriculum – la dimostrazione del possesso di una esperienza adeguata rapportata alla tipologia ed all’importo dell’incarico e che, la valutazione del merito tecnico, nella fase di ammissione alla selezione, deve essere effettuata sulla base di elementi meramente quantitativi, consistenti nell’accertamento dell’importo dei lavori appartenenti alle stesse classi e categorie dell’opera oggetto dell’incarico, eseguiti in periodo anteriore alla data del bando. (Parere dell’AVCP n. 6 del 15/01/2009)

11 ottobre 2010

SPETTA ALLA COMMISSIONE DI GARA E NON AL RUP IL GIUDIZIO SULL’OFFERTA ANOMALA

Sentenza del Consiglio di Stato (Sezione Sesta) n. 4584 del 15 luglio 2010 in merito all’incompetenza del RUP a pronunciare sull’anomalia, seguito dalla semplice presa d’atto da parte della Commissione (che non risulta avere effettuato alcuna autonoma valutazione). Il Consiglio di Stato si è pronunciato in più occasioni (Sezione V, 22 gennaio 2008, n. 3108; 5 luglio 2006, n. 4267; 13 maggio 2002, n. 2579).
Nel caso in esame, non risulta che la Commissione abbia operato alcun proprio, diretto apprezzamento della relazione tecnica redatta dal RUP e degli specifici contenuti di essa, e ciò sebbene spettasse alla Commissione medesima la valutazione dell’anomalia; l’ufficio (anche se competente nel settore al quale attiene l’oggetto della gara) può, infatti, dare pareri d’ordine tecnico, ragguagli ed altri elementi utili alla valutazione delle offerte presentate in sede di gara con aggiudicazione all’offerta più vantaggiosa, ma non può essere rimesso allo stesso il giudizio definitivo sulla congruità delle offerte allorché sia stata costituita un’apposita Commissione valutatrice, la cui semplice presa d’atto dell’attività compiuta dal RUP non soddisfa all’esigenza che la valutazione delle offerte non venga - nei suoi contenuti concreti e, in special modo, nelle sue tematiche di rilevanza giuridico-interpretativa – sottratta al vaglio dell’organo specificamente deputato a valutare i contenuti delle offerte stesse; attraverso la valutazione dell’anomalia, infatti, viene posta in essere una concreta attività valutativa dei contenuti dell’offerta non di carattere comparativo, ma pur sempre preordinata ad indagare sugli specifici contenuti dell’offerta stessa, sulla sua affidabilità e sulla piena rispondenza, a questo stesso fine, delle giustificazioni addotte originariamente o di quelle integrative eventualmente richieste.
Nel caso in esame, non risulta che una siffatta indagine sia stata operata dalla Commissione valutatrice, non rilevando, in contrario, la predetta presa d’atto in quanto non accompagnata da alcuna puntuale analisi delle indicazioni offerte dal RUP; indicazioni, queste, destinate a chiarire compiutamente il percorso logico dallo stesso seguito, con l’attenta verifica della veridicità degli assunti giustificativi addotti dalla parte; e con il conseguente onere, per la Commissione valutatrice, di apprezzare la piena sufficienza o meno delle indicazioni così offerte e, all’occorrenza, di richiedere ulteriori integrazioni giustificative laddove l’indagine del RUP presenti lacune o profili di genericità e mancata verifica di rispondenza al vero di quanto affermato dal soggetto concorrente ai fini della verifica dell’anomalia (lacune lamentate in più occasioni dall’ appellante con riguardo, ad esempio, alle giustificazioni afferenti alla congruità dei costi della sicurezza, del costo del lavoro, alle visite sanitarie etc.).
Sul piano logico, spetta comunque alla stazione appaltante, a mezzo della Commissione valutatrice, e non direttamente al giudicante di valutare l’eventuale anomalia dell’offerta; compete all’organo collegiale anzidetto (o, se del caso, ad una Commissione all’uopo delegata dalla stessa stazione appaltante, giusta art. 88, comma 1 bis, del d.lgs. n. 163/2006, ove la Commissione valutatrice di gara non fosse, a tal fine, adeguata) di operare un complessivo riesame, valutando la documentazione già in atti acquisita dal RUP ed operando, all’occorrenza quelle ulteriori acquisizioni istruttorie che potranno indurre ad un compiuto riesame della posizione dell’aggiudicataria provvisoria in punto di anomalia dell’offerta.

10 ottobre 2010

PEDAGGIAMENTO RETE AUTOSTRADALE ANAS

Presentazione delle offerte entro fine novembre e sottoscrizione del contratto entro fine febbraio 2011. Sono queste le tappe della road map per l'assegnazione della gara per la fornitura e messa in opera di un sistema di pedaggi senza barriere sulle autostrade e i raccordi autostradali in gestione diretta dell'Anas.
La data per la presentazione delle domande di partecipazione è stata fissata al 30 settembre, mentre l'Anas avrà tempo fino al 15 ottobre per inviare alle aziende scelte la lettera di invito. A quel punto per la presentazione delle offerte ci sarà tempo fino a fine novembre e la sottoscrizione del contratto potrà così avvenire entro fine febbraio 2011.
Il calendario consentirà di far fronte all'accelerazione impressa dal DL 31 maggio 2010 n.78 convertito in legge n. 122 del 30 luglio 2010, che (all'art. 15) anticipa al 30 aprile 2011 l'applicazione del sistema di pedaggio che avrebbe dovuto entrare in vigore entro il 31 dicembre 2011. Le tratte autostradali Anas interessate dai nuovi pedaggi sono complessivamente 24 tra autostrade e raccordi (per un totale di circa 1.300 chilometri), tra cui il Grande Raccordo Anulare e la Salerno-Reggio Calabria.

L’appalto, in particolare, è costituito dalla fornitura di un sistema di esazione dinamico senza barriere, da installare per ogni autostrada e raccordo autostradale in gestione diretta all’Anas. La fornitura comprende la progettazione dell’impianto, la fornitura e l’installazione di tutte le infrastrutture (comprensiva delle opere civili), gli impianti, le licenze (software ecc.) e le attività necessarie a conseguire il rilascio in esercizio del sistema; servizi di controllo e manutenzione del sistema installato e di tutti i suoi componenti; servizi di gestione operativa del sistema di esazione e riscossione dei pedaggi; servizi di “training on the job” alle strutture Anas per la gestione del sistema di esazione, fino al subentro nella gestione stessa.
L’importo complessivo a base di gara ammonta a 150 milioni di euro e la durata dell’appalto è fissato in 24 mesi a partire dalla data di sottoscrizione del contratto, comprensivi del periodo di gestione operativa, manutenzione e di training on the job alle strutture Anas. È prevista la facoltà di rinnovo alle medesime condizioni del contratto originario per ulteriori 24 mesi.
Il bando è stato pubblicato nella G.U.U.E. n. 2010/S 178-271984 del 14/09/2010, nella G.U.R.I. n. 106 del 13/09/2010.

IL NUOVO REGOLAMENTO

Il Presidente della Repubblica, con D.P.R. 5 Ottobre 2010, ha emanato il Regolamento attuativo del codice dei contratti, che entrerà in vigore dopo centottanta giorni dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, dopo aver acquisito il visto della Corte dei Conti.
Il nuovo regolamento è costituito da 359 articoli suddivisi nelle seguenti 7 parti:
• Parte I - Disposizioni comuni - da art. 1 ad art. 8;
• Parte II - Contratti pubblici relativi a lavori nei settori ordinari - da art. 9 ad art. 251;
• Parte III - Contratti pubblici relativi a servizi attinenti all'architettura e all'ingegneria nei settori ordinari - da art. 252 ad art.270;
• Parte IV - Contratti pubblici relativi a forniture e altri servizi nei settori ordinari - da art. 271 ad art.338;
• Parte V - Contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture nei settori speciali - da art. 339 ad art.342;
• Parte VI - Contratti eseguite all'estero - da art. 343 ad art.356;
• Parte VII - Disposizioni transitorie e abrogazioni - da art. 357 ad art.359.

Con l'entrata in vigore del nuovo Regolamento saranno abrogati:
• gli articoli 337, 338, 342, 343, 344, 348 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F;
• il decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554;
• il decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 2000, n. 34;
• gli articoli 5, comma 1, 7, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 28, 29, 30, 31, 33, 34 e 37, del decreto del Ministro dei lavori pubblici 19 aprile 2000, n. 145;
• il decreto del Presidente della Repubblica 20 agosto 2001, n. 384.

RILASCIO DEI CERTIFICATI ESECUZIONE LAVORI

Con Comunicato del 05/10/2010 l’AVCP ha ribadito che i Certificati di Esecuzione Lavori (CEL) devono essere rilasciati in via telematica secondo quanto disposto con comunicato del Presidente dell’AVCP del 6 luglio 2006.
Le stazioni appaltanti che hanno emesso i CEL in formato cartaceo sono invitate ad emettere nuovamente i CEL già rilasciati in forma cartacea, secondo le modalità indicate nel richiamato comunicato del 2006.

PER LA PUBBLICAZIONE DI BANDI E AVVISI SULLA GAZZETTA UFFICIALE OBBLIGO DI INDICARE IL CODICE CIG

Con un Comunicato dell' 1 ottobre scorso, l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha precisato che a decorrere dal 1° novembre 2010 è fatto obbligo ai soggetti che richiedano la pubblicazione di bandi e avvisi sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana di indicare il codice CIG (codice identificativo gara) rilasciato dall'Autorità.
Pertanto, a decorrere dalla predetta data, il formulario di richiesta di inserzione sulla GURI sarà modificato prevedendo l'acquisizione obbligatoria del CIG ovvero della causa di esclusione dall'obbligo di richiesta del medesimo nei casi indicati con delibera dell'Autorità del 15 febbraio 2010, art.3.
Con una nota dello scorso 7 settembre l'Autorità aveva comunicato che, pur restando invariate le modalità operative per la richiesta ed il rilascio del codice CIG, a decorrere dal 15 ottobre 2010 le operazioni connesse al rilascio del codice CIG a mezzo del SIMOG saranno consentite esclusivamente al Responsabile del Procedimento (art. 10 commi 1 e 9 D.Lgs. 163/2006) indipendentemente dalla procedura adottata e dalla tipologia di contratto che la stazione appaltante intende affidare.

06 ottobre 2010

CONTROLLI SU SUBAPPALTO INFERIORE AL 2%

L’Autorità per la Vigilanza sui Lavori Pubblici con determinazioni n. 6 del 26 febbraio 2003 e n. 7 del 13 marzo 2003 ha chiarito che l’appaltatore, quando ricorrono le condizioni di incidenza non superiore al 2% dell’importo dei lavori affidati o a 100.000,00 Euro, oppure, nel caso di incidenza superiore a tali soglie, qualora il peso della mano d’opera sia non superiore al 50% dell’importo totale del contratto”, può affidare a terzi dette attività, semplicemente comunicando alla stazione appaltante il nome del sub - contraente, l’importo del contratto, l’oggetto del lavoro, servizio o fornitura affidati.
A volte, nell’ambito del medesimo contratto d’appalto ed in particolare nell’ambito di appalti relativi alla realizzazione di opere pubbliche di notevole complessità e/o rilevanza economica, l’appaltatore si avvale reiteratamente di questa procedura. Ai fini della corretta applicazione della normativa e nel silenzio della stessa sul punto, si pone il problema della configurabilità di limiti oltre i quali non sia più possibile ricorrere a tale procedura, non sembrando rispettoso della ratio della legge l’avvalersi della procedura medesima sempre e comunque ogni qualvolta sussistano le condizioni sopra indicate.

Mancando un’apposita disciplina che ne indichi i parametri di applicabilità, ci si rifà ad altri strumenti che l’ordinamento comunque offre, oltre che a criteri empirici per l’analisi delle singole fattispecie.
Mai come in questa materia infatti si valuterà caso per caso e, per evitare l’utilizzo reiterato dei subcontratti finalizzato al surrettizio aggiramento delle stringenti norme sul subappalto, appare condivisibile quanto richiama l’Autorità nella Det. 6/2003: la responsabilità del RUP e del DL alla verifica della “...effettiva ed oggettiva necessità” di ricorrere a detti subaffidamenti, alla luce dei principi generali che disciplinano l’esecuzione dell’opera pubblica.
Si ribadisce cioè il principio di doverosa ingerenza dell’Amministrazione nell’esecuzione dell’opera, che trova la sua massima esplicazione proprio nel ruolo, nelle competenze e nelle responsabilità del DL, che ben può spingersi fino a chiedere motivate spiegazioni rispetto a ogni condotta dell’appaltatore.
Se relativamente pochi problemi si pongono per i noli a caldo, desta maggiori confusioni la fornitura con posa in opera.
In sintesi si avrà fornitura nei casi di un bene prodotto in serie che già in sé possiede la propria funzionalità anche se non inserito in un particolare contesto, a prescindere dalla posa stessa. La posa cioè risulterà meramente accessoria, non implicando la trasformazione in un bene diverso.
Non sarà considerata invece fornitura (ma subappalto) una serie di prestazioni divisibili (ad es. gli impianti tecnologici di un edificio) pur se effettivamente costituite da singole forniture con posa in opera.

SUBAPPALTO A LAVORATORE AUTONOMO

L’art. 118, comma 12, del D.lgs. 163/2006, nell’escludere dalla definizione di subappalto “l’affidamento di attività specifiche a lavoratori autonomi”, pone una questione interpretativa per la cui risoluzione occorre fare riferimento alla distinzione tra attività di impresa e attività di lavoro autonomo.
L’attività di impresa, corrispondente alla nozione di imprenditore di cui all’art. 2082 c.c., è soggetta al subappalto se ricorrono le condizioni di cui all’art. 118, comma 11, del citato D. Lgs. 163/03.
L’attività di lavoro autonomo, si configura quando un soggetto si obbliga a rendere in prima persona prestazioni d'opera o servizi "senza vincolo di subordinazione" (art. 2222 c.c.). Tale categoria, esclusa dall’ambito di applicazione del subappalto ai sensi dell’art. 118, comma 12, lett. a), dovrebbe intendersi riferita esclusivamente alle prestazioni d’opera intellettuali, quali consulenze professionali e intellettuali, diverse dal quelle enumerate all’ articolo 91, comma 3, del Codice dei contratti, assoggettate al generale divieto di subappalto nell’ambito degli incarichi di progettazione.
Ne segue che, l’attività di fornitura e posa in opera di cordonate stradali e/o porfidi effettuata da lavoratori autonomi, riconducibile alla categoria “attività d’impresa”, è fattispecie alla quale si applicano la vigenti disposizioni in materia di subappalto, nella cui nozione sono testualmente ricomprese per l’appunto le “forniture con posa in opera” (art. 118, comma 11).

ATI E CONSORZIO, SOTTOSCRIZIONE CONTRATTO DI SUBAPPALTO

L’associazione temporanea di imprese si fonda sull’istituto civilistico del “mandato” di cui all’art. 1703 c. c., che è quel contratto con il quale una parte (mandataria) si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra (o delle altre) parte/i (mandante/).
I concorrenti riuniti in a. t. i. per partecipare ai pubblici appalti conferiscono con unico atto un mandato collettivo speciale con rappresentanza ad una di esse, detta mandataria.
In forza dell’art. 37, c. 16 d. lgs. 163/2006, all’impresa mandataria spetta la rappresentanza esclusiva dei mandanti nei confronti della stazione appaltante “per tutte le operazioni e gli atti di qualsiasi natura dipendenti dall’appalto...”.
Pertanto è il mandatario a stipulare il contratto d’appalto con la stazione appaltante e a formulare l’istanza di autorizzazione al subappalto: conseguentemente sarà lo stesso mandatario a sottoscrivere il contratto di subappalto con l’impresa subappaltatrice.

Nel caso di affidamento di un appalto ad un Consorzio di cui all’art. 34 lett. a) e b) del D. Lgs. 163/2006, la titolarità del contratto resta sempre in capo al Consorzio che si assume nei confronti dell’Amministrazione i conseguenti obblighi e responsabilità proprie dell’aggiudicatario. Pertanto, anche se l’esecuzione avviene per il tramite di una o più imprese consorziate indicate in sede di gara, tutti gli adempimenti connessi all’art. 118 spettano al Consorzio, che dovrà richiedere alla S.A. l’autorizzazione al subappalto e stipulare il contratto con il subappaltatore. Quest’ultimo emetterà conseguentemente le proprie fatture al Consorzio, che dovrà provvedere, per la loro liquidazione, nei modi previsti dall’art. 188 c.3 del D. Lgs. 163/06 e dal bando di gara.

03 ottobre 2010

IL SUBAPPALTO È UNA FACOLTÀ E NON UN OBBLIGO

Essendo il subappalto una facoltà e non un obbligo, l’irregolarità della dichiarazione relativa al subappalto non è causa di esclusione, ma solo causa di inefficacia della dichiarazione medesima con l’unica conseguenza che i lavori non possono essere subappaltati. In proposito è stato sottolineato che, soltanto nell’ipotesi in cui un’impresa concorrente non fosse in possesso di tutte le qualifiche necessarie per l’esecuzione delle lavorazioni oggetto dell’appalto, la stessa sarebbe tenuta a procedere, a pena di esclusione, all’indicazione delle lavorazioni da concedere in subappalto. (TAR Sicilia, Sez. IV Catania - Sentenza 8 maggio 2006 n. 690)

MANDANTI E SUBAPPALTO

Appare difficile negare la possibilità per le imprese mandanti di un’ATI di concludere subcontratti durante l’esecuzione dei lavori, in quanto la forma organizzativa del raggruppamento temporaneo di imprese non limita il potere delle stesse di porre in essere rapporti negoziali con soggetti terzi. La costituzione in ATI, infatti, sebbene attribuisca alla capogruppo designata il potere (tra l’altro) di rappresentare le imprese mandanti nei rapporti con la stazione appaltante, non fa comunque perdere autonomia soggettiva a queste ultime nella gestione delle loro attività. Con l’accordo di costituirsi in ATI, inoltre, non si dà luogo alla costituzione di una nuova impresa, ma si regolano solamente diritti ed obblighi reciproci con riguardo alla collaborazione relativa alla realizzazione delle opere. A ciò si aggiunga che il rapporto di mandato esistente tra le imprese del raggruppamento temporaneo non determina di per sé organizzazione o associazione tra le stesse, in quanto ognuna di esse conserva la propria autonomia ai fini della gestione, degli adempimenti fiscali e degli oneri sociali, autonomia che si esplica anche attraverso la possibilità di stipulare, in autonomia per l’appunto, contratti come quello in argomento. Il rapporto di mandato (con rappresentanza) determina, altresì, che, sebbene il contratto di appalto sia stato sottoscritto dalla sola capogruppo, il rapporto costituito sia direttamente imputato alla società mandante, che diventa parte sostanziale del negozio. A fronte di quanto sopra, non risulta quindi condivisibile la tesi della stazione appaltante secondo cui “essendo la sola mandataria, ancorché nell’interesse dell’ATI, titolare del contratto di appalto con il committente, nessun altro soggetto può essere legittimato a concedere subappalto a terzi, non potendo detto soggetto disporre di un diritto su cui non esercita alcun titolo”. Al contrario, la mandante è legittimata a concludere subcontratti, che traggono la propria fonte dal fatto che la mandante stessa è parte (sostanziale) del negozio principale. (TAR Lombardia Sez.III Milano - Sentenza 18 gennaio 2006 n°99)
Qualora l'aggiudicatario sia un'associazione temporanea di tipo verticale, ciascuna delle mandanti assume l'esecuzione di lavorazioni di una particolare categoria; pertanto, sarebbero da considerare assimilabili al soggetto che assume le lavorazioni della categoria prevalente e che possono subappaltare le lavorazioni esclusivamente entro il limite del 30% dell'importo delle lavorazioni assunte.
In merito all’individuazione del soggetto che, all’interno dell’associazione temporanea, è facoltizzato alla stipula di contratti di subappalto, il Consiglio di Stato (Sez.V, ordinanza N. 5906/07) ha smentito il TAR Lombardia (Sez. III, sent. 99/2006). Secondo il CdS: “ Nel caso del raggruppamento temporaneo chi concorre e chi poi stipula il contratto è l’associazione e non le imprese che la costituiscono. Non si tratta, come è noto, di un autonomo centro di imputazione giuridica, ma di una mera aggregazione finalizzata ad agevolare (grazie alla sommatoria dei requisiti degli aderenti) il dispiegarsi del gioco della concorrenza. E’ peraltro evidente che il rapporto si costituisce in capo all’associazione temporanea, nella persona del mandatario, e non in capo ai singoli componenti. Sicché è del tutto fisiologico che questi non possano disporre, mediante contratti di subappalto, di obbligazioni di cui non sono direttamente titolari.
D’altronde, da un punto di vista più strettamente pubblicistico, è solo accentrando la sub negoziazione al livello della capogruppo che la stazione appaltante può agevolmente ed efficacemente disporre (nel breve termine che le è assegnato) della necessaria visione panoramica sul complesso dei subappalti.”