30 aprile 2011

IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO

La differenza tra il responsabile del procedimento della L. n. 241/90 e quello previsto dal Codice dei contratti pubblici la si può evidenziare su almeno due aspetti di carattere pratico: mentre il responsabile del procedimento di cui alla L. n. 241/90 (artt. 4 e 5) costituisce una figura che, normalmente, cura l’istruttoria del procedimento amministrativo, preoccupandosi, in buona sostanza, della organizzazione di tutte le funzioni preliminari rispetto alla determinazione finale del procedimento amministrativo ed avendo riguardo, essenzialmente alle questioni che attengono la definizione dell’organizzazione dell’attività amministrativa preliminare rispetto alla emanazione del provvedimento amministrativo, l’art. 10 del Codice dei contratti pubblici ha come elemento di riferimento l’articolazione, in capo a tale figura, di funzioni e compiti di carattere operativo concernenti, essenzialmente, la definizione di ogni modalità pratica inerente lo svolgimento di atti connessi alla emanazione di provvedimenti da parte dell’amministrazione aggiudicatrice.
Se il responsabile del procedimento di cui agli articoli 4 e 5 della L. n. 241/90 può dirsi espressione della definizione di compiti istruttori, il responsabile del procedimento individuato dall’ l’art. 10 del Codice dei contratti pubblici e dalla relativa normativa contenuta nel regolamento di attuazione, costituisce la rappresentazione di compiti di carattere pratico che sono riferiti direttamente ed immediatamente alla qualificazione degli interventi specifici dell’amministrazione in materia di lavori pubblici.
Il RUP è il vero e proprio “dominus” dell’intero procedimento per l’affidamento dei lavori e per la qualificazione degli interventi che sono relativi alla realizzazione delle opere: il suo ruolo infatti non è surrogabile né sostituibile da parte di alcun altro soggetto e la sua competenza è direttamente funzionale al raggiungimento di scopi che sono, in definitiva, quelli propri dell’amministrazione aggiudicatrice.Il RUP rappresenta un soggetto dotato di una funzione particolare rispetto a quella di altri organi coinvolti nell’ambito della sequenza procedimentale e, dal punto di vista operativo, è egli stesso espressione della necessità del raggiungimento di effetti per la propria azione che vanno al di là della mera definizione delle funzioni prevista dalla L. n. 241/90.

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29 aprile 2011

IL RECEPIMENTO DELLA DIRETTIVA RICORSI NEL CODICE APPALTI

Articolo di Rosanna De Nictolis, Consigliere di Stato, sul recepimento in Italia della direttiva ricorsi, prima nel Codice dei Contratti Pubblici e poi nel Codice della giustizia amministrativa.

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L’ATTESTAZIONE DI INTERVENUTA EFFICACIA DELL’AGGIUDICAZIONE DEFINITIVA

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MANUALE PER LE INDAGINI AMBIENTALI NEI SITI CONTAMINATI

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28 aprile 2011

POSSESSO DEI REQUISITI DI PARTECIPAZIONE ALLE GARE

Il Consiglio di Stato, con la sentenza 08/03/2011, n. 1446, esaminando un caso nel quale si era in presenza del divieto di contrarre con la pubblica amministrazione dettato dall’Autorità di vigilanza successivamente alla presentazione dell’offerta, ha affermato che i requisiti per la partecipazione a gare di appalto devono essere posseduti in ogni momento, e dunque eventuali cause di esclusione sopravvenute devono essere comunicate alla P.A. dall’impresa interessata, anche se al momento della presentazione dell'offerta non sussistono e sono intervenuti dopo l’aggiudicazione provvisoria.
La Corte ha altresì chiarito che l'aggiudicazione provvisoria ha natura di atto endoprocedimentale, inserendosi nell'ambito della procedura di scelta del contraente come momento necessario ma non decisivo, atteso che la definitiva individuazione del concorrente cui affidare l'appalto risulta cristallizzata soltanto con l'aggiudicazione definitiva; pertanto, versandosi ancora nell'unico procedimento iniziato con l'istanza di partecipazione alla gara e vantando in tal caso l'aggiudicatario provvisorio solo una aspettativa alla conclusione del procedimento, non si impone la comunicazione di avvio del procedimento di annullamento in autotutela.

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27 aprile 2011

EFFETTI DELLA MANCATA COMUNICAZIONE DEL NOLO A CALDO

Il TAR Lazio (Roma sez.I 12/11/2008 n. 10059) ha ricordato come la normativa vigente vieti il c.d. subappalto a cascata e consideri subappalto qualsiasi contratto avente ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l’impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2% dell’importo dei lavori affidati o di importo superiore a 100.000 ECU e qualora l’incidenza del costo della manodopera e del personale sia superiore al 50% dell’importo del contratto da affidare.
Il Tar ha altresì evidenziato l’obbligo per l’appaltatore, anche a prescindere dal superamento dei valori soglia individuati dalla norma, di comunicare alla stazione appaltante, per tutti i subcontratti stipulati per l’esecuzione dell’appalto, il nome del subcontraente, l’importo del contratto, l’oggetto del lavoro, servizio o fornitura affidati.
L’obbligo di comunicazione da parte dell’appaltatore, nel caso in cui il subcontratto sia stipulato da un subappaltatore, postula ovviamente la preventiva comunicazione di quest’ultimo all’appaltatore. L’omessa comunicazione all’appaltatore del contratto di nolo a caldo stipulato con altra impresa e la presenza sul cantiere di operai, sia pure dipendenti, privi di permesso di soggiorno e non in regola con la normativa lavoristica e previdenziale, determina ancora prima che la fattispecie di cui all’art. 75, co. 1 lett. e) del d.P.R. 554/1999, la fattispecie di cui alla lett. f) avendo la ricorrente commesso una evidente grave negligenza nell’esecuzione del subappalto.

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IL MARGINE DI UTILE NELL’ESAME DELLA CONGRUITÀ DELL’OFFERTA

Il Consiglio di Stato (sez. V 28/1/2009 n. 466) si è pronunciato sui presupposti che devono essere alla base di una valutazione di congruità dell’offerta dopo che il Tar aveva ritenuto che l'utile dell'impresa non può ridursi ad una cifra meramente simbolica, non potendo darsi rilevanza all'interesse di eseguire un appalto con il solo fine di acquisire esperienza professionale e fatturato, in vista della partecipazione a future gare.
Il Consiglio di Stato ha evidenziato come la prevalente giurisprudenza ha ritenuto che la congruità dell’offerta, oltre che nei suoi singoli elementi, deve essere valutata globalmente, al fine di apprezzarne l'attendibilità complessiva, non essendo fondamentale la tenuità dell'utile che il concorrente si prefigge di conseguire, sempre che ci sia, però, un margine di utile, dal momento che elementi rilevanti sono, sia la certezza che l'offerta sia seria, nel senso che il concorrente non abbia intenzione di trarre lucro dal futuro inadempimento delle obbligazioni contrattuali, sia i vantaggi indiretti che l'appalto può procurare in termini di prestigio, di entità del fatturato e di prequalificazione per i successivi appalti.
I Giudici hanno quindi concluso che “la motivazione della Commissione, che si è limitata a definire “non congrua” l'offerta della ricorrente, risulta affetta da carenza di motivazione atteso che la marginalità dell'utile di impresa, pur se risultando da meri calcoli matematici, deve, pur sempre, essere esplicitamente contestata, in espressa applicazione dei criteri sopra evidenziati, al fine di poter verificare le eventuali giustificazioni, che potrebbero dimostrare il bilanciamento tra l'utile esiguo e i vantaggi derivanti, all'impresa, dall’aggiudicazione e dallo svolgimento del servizio.”

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26 aprile 2011

OFFERTA ECONOMICAMENTE PIÙ VANTAGGIOSA

Punteggio – Motivazione.Il solo punteggio numerico assegnato agli elementi di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa può essere ritenuto idoneo a configurare motivazione sufficiente quando i prefissati criteri di valutazione, prevedenti un minimo ed un massimo, siano estremamente dettagliati; in questo caso, infatti, sussiste comunque la possibilità di ripercorrere il percorso valutativo, quindi di controllare la logicità e la congruità del giudizio tecnico (cfr., tra le più recenti, Cons.St., Sez. V, 16 giugno 2010 n. 3806 e 11 maggio 2007 n. 2355, nonché 9 aprile 2010 n. 1999 (Riforma T.A.R. CAMPANIA, Napoli, n.1612/2010) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 17 gennaio 2011, n. 222
Variazioni migliorative in sede di offerta.E’ insito nella scelta del criterio selettivo dell'offerta economicamente più vantaggiosa che, anche in presenza di un progetto definitivo posto a base di gara, sia consentito alle imprese proporre le variazioni migliorative rese possibili dal possesso di peculiari conoscenze tecnologiche, purché non si alterino i caratteri essenziali delle prestazioni richieste dal bando, per non ledere la par condicio (cfr. C.S., sezione IV, dec. 11 febbraio 1999 n. 149). In particolare (cfr. C.S., sezione V, dec. 19 febbraio 2003 n. 923), si ammettono varianti migliorative riguardanti le modalità esecutive dell'opera o del servizio, purché non si traducano in una diversa ideazione dell'oggetto del contratto, che si ponga come del tutto alternativo rispetto a quello voluto dalla p.a.; risulta inoltre essenziale che la proposta tecnica sia migliorativa rispetto al progetto base, che l'offerente dia contezza delle ragioni giustificanti l'adattamento proposto e le variazioni alle singole prescrizioni progettuali, che si dia la prova che la variante garantisca l'efficienza del progetto e le esigenze della p.a. sottese alla prescrizione variata (riforma T.a.r. Puglia, Lecce, n. 01213/2009) - CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 13 gennaio 2011, n. 171
Punteggio - Discrezionalità della commissione.In materia di specificazione dei criteri per la valutazione delle offerte, secondo quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa, l'art. 83, comma 4, d.lgs. n. 163/2006, lascia ampia discrezionalità alla commissione nella suddivisione del punteggio da attribuire agli elementi costituenti l'offerta tecnica, secondo i criteri predefiniti nel bando di gara: tale discrezionalità tecnico-amministrativa non potrebbe essere oggetto di sindacato giurisdizionale se non in presenza di macroscopiche irrazionalità e/o incongruenze, tali non essendo la parziale riproduzione di alcuni dei punti messi in evidenza dai criteri generali di valutazione espressi dal bando, laddove la incongruità invece sarebbe stata evidente se la commissione, nell'elaborare i sottocriteri, si fosse discostata completamente dal bando. CONSIGLIO DI STATO, Sez. V - 13 gennaio 2011, n. 171

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23 aprile 2011

RESPONSABILITA’ DELL’APPALTATORE PER VIZI DELL’OPERA

In tema di contratto di appalto, l'appaltatore è tenuto a realizzare l'opera a regola d'arte, osservando nell'esecuzione della prestazione la diligenza qualificata ai sensi dell'art. 1176, 2° co., c.c., quale modello astratto di condotta che si estrinseca (sia esso professionista o imprenditore) nell'adeguato sforzo tecnico, con impiego delle energie e dei mezzi normalmente ed obiettivamente necessari od utili, in relazione alla natura dell'attività esercitata, volto all'adempimento della prestazione dovuta ed al soddisfacimento dell'interesse creditorio, nonché ad evitare possibili eventi dannosi.
Anche laddove si attiene alle previsioni del progetto altrui, come nel caso in cui il committente abbia predisposto il progetto e fornito indicazioni sulla relativa realizzazione, l'appaltatore può comunque essere ritenuto responsabile per i vizi dell'opera qualora non abbia, nel fedelmente eseguire il progetto e le indicazioni ricevute, al primo segnalato eventuali carenze ed errori. Mentre va esente da responsabilità laddove il committente, pur reso edotto delle carenze e degli errori, gli richieda di dare egualmente esecuzione al progetto o gli ribadisca le indicazioni, in tale ipotesi risultando l'appaltatore ridotto a mero nudus minister ( cfr., da ultimo, Cass., 12/4/2005, n. 7515; Cass., 30/5/2003, n. 8813; Cass., 2/8/2001, n. 10550; Cass., 26/7/1999, n. 8075 ).
La responsabilità dell'appaltatore è pertanto da escludere solo nell'ipotesi in cui risulti costituire passivo strumento nelle mani del committente, direttamente e totalmente condizionato dalle istruzioni ricevute senza possibilità di iniziativa o vaglio critico. In ogni altro caso la prestazione dovuta dall'appaltatore viceversa implicando, come detto, anche il controllo e la correzione degli eventuali errori del progetto (v. Cass., 2/8/2001, n. 10550; Cass., 12/5/2000, n. 6088).
Con specifico riferimento all'attività di costruzione di opere edilizie, si è in giurisprudenza di legittimità in particolare affermato che in mancanza di diversa previsione contrattuale l'indagine sulla natura e consistenza del suolo edificatorio rientra propriamente tra i compiti dell'appaltatore (v. Cass., 16/11/1993, n. 11290; Cass., 18/3/1987, n. 2725), trattandosi di indagine, implicante una attività conoscitiva da svolgersi con l'uso di particolari mezzi tecnici, che al medesimo appaltatore -quale soggetto obbligato a realizzare l'opera commessagli- spetta assolvere mettendo a disposizione la propria organizzazione ( v. Cass., 7/9/2000, n. 11783 ).

Lo specifico settore di competenza in cui rientra l'attività esercitata richiede infatti la specifica conoscenza ed applicazione delle cognizioni tecniche che sono tipiche dell'attività necessaria per l'esecuzione dell'opera, onde si configura come onere dell'appaltatore predisporre un'organizzazione della sua impresa che assicuri la presenza di tali competenze per poter adempiere l'obbligazione di eseguire l'opera immune da vizi e difformità ( artt. 1667, 1668, 1669 c.c.) (cfr.Cass., 23/9/1996, n. 8395).
L'indagine sulla natura e consistenza dei suolo edificatorio rientra anch'essa tra gli obblighi del l'appaltatore, in quanto l'esecuzione a regola d'arte di una costruzione dipende dall'adeguatezza del progetto alle caratteristiche geologiche del terreno su cui devono essere poste le relative fondazioni. E poiché la validità di un progetto di una costruzione edilizia é condizionata dalla sua rispondenza alle caratteristiche geologiche del suolo su cui essa deve sorgere, il controllo da parte dell'appaltatore va esteso anche in ordine a tale aspetto.
Ne consegue che l'appaltatore risponde per i difetti della costruzione derivanti (pure) da vizi ed inidoneità del suolo (v. Cass., 18/4/2002, n. 5632; Cass., 29/1/2002, n. 1154; Cass., 7/9/2000, n. 11783; Cass., 16/11/1993, n. 11290; Cass., 27/4/1993, n. 4921), anche laddove gli stessi siano ascrivibili alla imperfetta od erronea progettazione fornitagli dal committente, in tal caso prospettandosi l'ipotesi della responsabilità solidale con il progettista, a sua volta responsabile nei confronti del committente per inadempimento del contratto d'opera professionale ex art. 2235 c.c. (cfr. Cass., 23/9/1996, n. 8395).
Come in giurisprudenza di legittimità già posto in rilievo i limiti di tale responsabilità sono invero quelli generali in tema di responsabilità contrattuale, presupponendo questa l'esistenza della colpa lieve del debitore, e cioè il difetto dell'ordinaria diligenza. Si è al riguardo in qualche occasione altresì precisato che solo laddove nel caso concreto le condizioni geologiche non risultino accertabili con l'ausilio di strumenti, conoscenze e procedure "normali", l'appaltatore potrebbe andare esente da responsabilità per vizi e difformità della costruzione dipendenti dalla mancata o insufficiente considerazione dì quelle condizioni (v. Cass., 23/9/1996, n. 8395).
Al riguardo va peraltro precisato che la detta normalità va invero valutata avuto riguardo alla diligenza media richiesta, ai sensi dell'art. 1176, 2° co., c.c., dalla specifica natura e dalle peculiarità dell'attività esercitata (cfr. Cass., 20/7/2005, n.15255; Cass., 8/2/2005, n. 2538; Cass., 22/10/2003, n.15789; Cass., 28/11/2001, n. 15124; Cass., 21/6/1983, n. 4245).
L'appaltatore è infatti tenuto a mantenere il comportamento diligente dovuto per la realizzazione dell'opera commessagli, dovendo adottare tutte le misure e le cautele necessarie ed idonee per l'esecuzione della prestazione, secondo il modello di precisione e di abilità tecnica nel caso concreto richiesto idoneo a soddisfare l'interesse creditorio.
La diligenza si specifica invero, come posto in rilievo in dottrina, nei profili della cura, della cautela, della perizia e della legalità.
Quest'ultima in particolare consiste -sotto l'aspetto dell'integrità materiale- nella mancanza di vizi e nell'idoneità dell'opera all'uso.
La perizia si sostanzia invece nell'impiego delle abilità e delle appropriate nozioni tecniche peculiari dell'attività esercitata, con l'uso degli strumenti normalmente adeguati; ossia con l'uso degli strumenti comunemente impiegati, in relazione all'assunta obbligazione, nel tipo di attività professionale o imprenditoriale in cui rientra la prestazione dovuta.
Trattandosi di opere edilizie da eseguirsi su strutture o basamenti preesistenti o preparati dal committente o da terzi, l'appaltatore o il prestatore d'opera incaricato viola in particolare il dovere di diligenza stabilito dall'art. 1176 c.c. se non verifica, nei limiti delle comuni regole dell'arte, l'idoneità delle anzidette strutture a reggere l'ulteriore opera commessagli, e ad assicurare la buona riuscita della medesima, ovvero se, accertata l'inidoneità di tali strutture, procede egualmente all'esecuzione dell'opera (v. Cass., 9/2/2000, n. 1449; Cass., 18/3/1980, n.1781. Cfr. altresì Cass., 22/6/1994, n. 5981, Cass., 11/1/1989, n. 80; Cass., 7/4/1987, n. 3356; Cass., 25/7/1984, n. 4352; Cass., 20/1/1982, n. 3717).
Anche l'ipotesi della imprevedibilità di difficoltà di esecuzione dell'opera manifestatesi in corso d'opera derivanti da cause geologiche, idriche e simili, specificamente presa in considerazione in tema di appalto dall'art. 1664, 2° co., c.c. e legittimante se del caso il diritto ad un equo compenso in ragione della maggiore onerosità della prestazione, va in effetti valutata, si è sottolineato in giurisprudenza di legittimità, sulla base della diligenza media in relazione al tipo di attività esercitata (v. Cass., 23/11/1999, n. 12989).
Né si è mancato di sottolineare che ove l'appaltatore svolga anche i compiti di ingegnere progettista e di direttore dei lavori, l'obbligo di diligenza è ancora più rigoroso, essendo egli tenuto, in presenza di situazioni rivelatrici di possibili fattori di rischio, ad eseguire gli opportuni interventi per accertarne la causa ed apprestare i necessari accorgimenti tecnici volti a garantire la realizzazione dell'opera senza difetti costruttivi (v. Cass., 18/4/2002, n. 5632).

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ISOLATORI SISMICI

Interponendo gli isolatori tra le fondazioni e le strutture in elevazione si disaccoppiano le frequenze del sisma dalle frequenze della struttura in elevazione e si evita così l'insorgere di fenomeni di risonanza. Per ottenere questo risultato il sistema di isolamento deve essere progettato in modo tale che la struttura isolata abbia un periodo proprio fondamentale superiore ai 2,0 - 2,5 sec e almeno triplo rispetto al periodo proprio della stessa struttura non isolata. In questo modo la struttura isolata si comporta durante il sisma quasi come un corpo rigido che tende a rimanere fermo rispetto alle vibrazioni del terreno. Oltre alla riduzione delle forze orizzontali per effetto dell'aumento del periodo fondamentale (e quindi delle sollecitazioni interne alla struttura) c'è anche la riduzione delle forze dovuta agli alti valori dello smorzamento relativo offerti dal sistema di isolamento. Utilizzando gli isolatori sismici si progetta una struttura che rimane in campo elastico anche durante i terremoti più violenti e conserva integre le capacità dissipative di energia offerte dalla duttilità. La protezione dal sisma è così globale: non solo si prevede che l'edificio non debba crollare (salvare vite umane) ma si preservano intatte le strutture, i tamponamenti, gli impianti, ecc.
Si possono considerare tre categorie di isolatori e diversi tipi per ogni categoria. I diversi dispositivi possono essere anche utilizzati in modo complementare nella stessa struttura:
Isolatori elastomerici. Hanno una elevata rigidezza verticale e una bassa rigidezza orizzontale che consente di portare il periodo proprio della struttura isolata fuori dal campo delle frequenze dei terremoti. Ne esistono di diversi tipi:
- i più semplici e i più collaudati sono quelli realizzati in elastomero (a basso o ad alto smorzamento) armato con lamierini metallici;
- esistono anche isolatori elastomerici che hanno inserito al loro interno un blocco di piombo che consente un'ulteriore capacità dissipativa di energia;
Isolatori a scorrimento. Consentono di limitare ad un valore prefissato (molto basso) la forza totale orizzontale di natura dinamica che sollecita la struttura durante il sisma (taglio totale alla base). Anche di questa famiglia ne esistono di diversi tipi:
- Isolatori a scorrimento (acciaio-teflon) su superfici piane ad attrito radente con o senza lubrificazione; questi isolatori necessitano di un sistema elastico di ricentramento dopo il sisma e possono essere associati ad isolatori elastici elastomerici che assolvono tale funzione;
- Isolatori a pendolo scorrevole, semplice, doppio o triplo, sempre a scorrimento (acciaio teflon) come i precedenti ma lo scorrimento avviene su superfici sferiche il che consente l'autocentramento della struttura dopo il sisma;
- Isolatori metallici a rotolamento. Consentono di isolare anche strutture leggere e flessibili sfruttando il basso valore dell'attrito volvente. Esistono già numerose applicazioni in Giappone mediante isolatori metallici a ricircolo di sfere o su rulli.


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Tipologie di dispositivi e sistemi di isolamento

Tipologie di isolatori sismici

Isolatori sismici

Le tappe storiche

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VARIAZIONI PREZZI MATERIALI DA COSTRUZIONE

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 89 del 18 aprile 2011 è stato pubblicato il Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti 31 marzo 2011 recante: "Rilevazione dei prezzi medi per l'anno 2009 e delle variazioni percentuali, superiori al dieci per cento, relative all'anno 2010, ai fini della determinazione delle compensazioni dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi.".Con il decreto in argomento che fa seguito al decreto 9 aprile 2010 contenente la rilevazione dei prezzi relativi all’anno 2008, al decreto 30 aprile 2009 contenente la rilevazione dei prezzi relativi all’anno 2007, al decreto 24 luglio 2008 contenente la rilevazione dei prezzi relativi all'anno 2006 e 2007 e al decreto 11 ottobre 2006 contenente la rilevazione dei prezzi relativi all'anno 2005 viene dato corso a quanto disposto dagli articoli 133, commi 4, 5, e 6, e 253, comma 24, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 che prevedono che entro il 30 giugno di ogni anno il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti rilevi con proprio decreto le variazioni percentuali dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi.
La norma, prevede che qualora il prezzo dei singoli materiali da costruzione, per effetto di circostanze eccezionali, subisca variazioni in aumento o in diminuzione, superiori al 10 per cento rispetto al prezzo rilevato dal Ministero per i lavori pubblici nell'anno di presentazione dell'offerta, si fa luogo a compensazioni, in aumento o in diminuzione, per la percentuale eccedente il 10 per cento e nel limite delle risorse previste tra imprevisti e le somme relative al ribasso d'asta.
La compensazione è determinata applicando la percentuale di variazione che eccede del 10 per cento il prezzo dei singoli materiali da costruzione impiegati nelle lavorazioni contabilizzate nell'anno solare precedente al decreto nelle quantità accertate dal direttore dei lavori. (vedi)

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21 aprile 2011

LIMITAZIONI ALLA CIRCOLAZIONE STRADALE - ORDINANZA COMUNALE

L’art. 7 del Codice della strada (D. Lgs. 30 aprile 1992, n. 285) assegna al sindaco il potere di regolamentare la circolazione dei veicoli nei centri abitati, e in particolare di "limitare la circolazione di tutte o di alcune categorie di veicoli"; la norma peraltro, deve essere coordinata con l’art. 107 del T.U.E.L., norma successiva alla prima che attribuisce ai soli dirigenti comunali la competenza ad adottare gli atti e i provvedimenti che impegnino l’amministrazione verso l’esterno, ove non ricompresi "espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo politico amministrativo degli organi di governo dell’ente" ovvero nelle funzioni del segretario o del direttore generale. In altri termini, la competenza già del sindaco in tema di limitazioni della circolazione deve ritenersi attratta nella competenza propria del dirigente di settore, in quanto si tratta di funzioni di gestione ordinaria. T.A.R. - LOMBARDIA - BRESCIA - SEZIONE II - Sentenza n. 10 dell'8 gennaio 2011

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BONIFICA DEI SITI INQUINANTI

In materia di siti inquinanti l’art. 252 d.lgs. n. 152/2006, in relazione ai siti di interesse nazionale, devolve al Ministero dell’Ambiente la sola competenza in merito alle procedure di bonifica, lasciando, invece, inalterata la competenza della Provincia, desumibile dall’art. 244, ad ordinare l’adozione delle misure ritenute, in via provvisoria necessarie per la messa in sicurezza di emergenza, in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente del sito di competenza statale. La validità del provvedimento della Provincia non è inficiata dalla mancata acquisizione del parere tecnico del comune, ove sia stato chiesto al Comune di espletare le opportune valutazioni entro un dato termine e questo sia trascorso infruttuosamente, atteso che l’art. 244 cit. usa l’espressione "sentito il Comune" e non già "acquisito il parere del Comune". CdS VI, 12 aprile 2011 n. 2249

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19 aprile 2011

REQUISITI DI CAPACITÀ TECNICA E PROFESSIONALE PER FORNITURE O SERVIZI

I requisiti di capacità tecnica e professionale sono stabiliti dalle stazioni appaltanti in ragione della natura, della quantità o dell'importanza e dell'uso delle forniture o dei servizi e, dunque, l’elenco tipologico contenuto nell’art. 42 del d.lgs. 163/06 presuppone una successiva specificazione in sede di bando e disciplinare in funzione delle esigenze del singolo appalto, fermo restando il rispetto del principio di ragionevolezza, logicità e proporzionalità rispetto all’oggetto dell’affidamento.
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. I - 27 dicembre 2010, n. 28018

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AVVALIMENTO

Il rigore della disposizione di cui all’art. 49 del d. lgs. 12 aprile 2006, n. 163 nell’allegazione dei documenti necessari ai fini dell’avvalimento si giustifica in relazione alla ratio della norma in esame, che è quella di consentire, da un lato, la massima partecipazione possibile alle procedure di aggiudicazione, e, dall’altro, di evitare che l’istituto in questione, diventi uno strumento per eludere la disciplina in materia di requisiti di partecipazione fissata dal codice dei contratti pubblici (cfr. Cons. Stato, Sez. V, sentenza n. 1589 del 13 marzo 2009; Cons. Stato, Sez. IV, sentenza n.5742 del 20 novembre 2008). Qualora la stazione appaltante richieda di provare ex art. 48 il possesso di tutti i requisiti dichiarati, l’operatore economico è tenuto a dare la prova sia di quelli posseduti in proprio sia di quelli posseduti tramite l’impresa ausiliaria. In quest’ultimo caso, dalla lettura in combinato disposto degli artt. 48 e 49 del Dlgs. 163/2006 risulta necessario dimostrare non solo il possesso del requisito avvalso in capo all’impresa ausiliaria ma anche l’effettiva disponibilità e fruibilità di quest’ultimo da parte del concorrente avvalente. Parere di Precontenzioso dell’AVCP n. 164 del 23/09/2010

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18 aprile 2011

VARIANTI IN CORSO D'OPERA

La misura del quinto dell’importo originario dell’opera (c.d. quinto d’obbligo) rappresenta il limite entro il quale l’appaltatore è obbligato all’esecuzione degli ulteriori lavori di cui al contratto di appalto originario ed oltre il quale, invece, i lavori possono essere qualificati come variante del predetto contratto originario, spettando all’appaltatore il diritto alla risoluzione del contratto, salvo che non voglia espressamente eseguirli previo nuovo accordo. E’ stato, al riguardo, precisato (cfr. Cass. Civ., sez. I, 14 giugno 2000, n. 8094) che qualora l’amministrazione appaltante richieda l’esecuzione di lavori diversi da quelli indicati nel contratto originario ed in variante ad essi, per un importo superiore al c.d. quinto d’obbligo, detta richiesta non trova fondamento nell’originario contratto di appalto e ad essa, pertanto, non corrisponde alcun obbligo da parte dell’appaltatore; con la conseguenza che il successivo accordo intervenuto tra le parti per l’esecuzione di nuovi lavori in variante (nella forma di un atto di sottomissione o di un atto aggiuntivo) deve essere considerata come un nuovo contratto, autonomo rispetto a quello originario. La negoziazione di nuove condizioni per l’esecuzione dei nuovi lavori a seguito dell’apposita perizia di variante è sicura prova di un nuovo ed autonomo contratto, ma quest’ultimo non può essere escluso per la mera circostanza che l’appaltatore abbia convenuto di eseguire i nuovi lavori agli stessi patti e condizioni del contratto di appalto originario (così, sostanzialmente, Cons. St., sez. VI, 18 ottobre 2000, n. 5605). Non costituiscono elementi decisivi per far ritenere che si sia in presenza di unico ed unitario complesso contrattuale né la previsione di eseguire i nuovi lavori agli stessi patti e condizioni di cui al contratto originario né l’allegazione all’atto aggiuntivo di un nuovo cronoprogramma dei lavori, che tenga conto anche dell’esecuzione di quelli oggetto del contratto originario.

Quanto alla prima circostanza, trattandosi di lavori eccedenti il quinto d’obbligo, l’appaltatore non è tenuto ad eseguirli: l’aver accettato la proposta dell’amministrazione appaltante di eseguirli è, pertanto, frutto di una libera scelta, nella quale non può non inserirsi anche la relativa valutazione economica di eseguirli agli stessi patti e condizioni del contratto originario, senza che ciò implichi alcuna continuità, in termini giuridici, del nuovo impegno contrattuale con quello precedente.

Quanto alla seconda circostanza, poi, l’esistenza di un cronoprogramma dei lavori aggiornato, tenendo conto sia di quelli relativi all’atto aggiuntivo sia di quelli attinenti all’originario contratto di appalto, dimostra soltanto l’esistenza di un collegamento di fatto tra i due contratti, senza che ciò abbia alcuna ripercussione giuridica sull’autonomia dei due atti contrattuali, diversi, quanto all’oggetto delle prestazioni, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Nell’ipotesi in cui, dopo la stipulazione dell’originario contratto nel vigore della normativa che consentiva la revisione, vengano stipulati ulteriori atti aggiuntivi nel vigore della nuova normativa che vieta la revisione, tali atti, se configurabili come contratti autonomi rispetto all’originario, soggiacciono al divieto di revisione, mentre quelli non autonomi seguono il regime del contratto originario. Consiglio di Stato, Sezione V - Sentenza 15/12/2005 n. 7130

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13 aprile 2011

CIRCOLARE INAIL SU DURC

Con la Circolare n. 22 del 24/03/2011 l'Inail ha comunicato che il portale www.sportellounicoprevidenziale.it tramite il quale aziende, intermediari, stazioni appaltanti e Soa possono accedere per effettuare le richieste del Durc, è stato oggetto di un intervento di aggiornamento. Sono state in particolare implementate nuove funzionalità riguardanti i contratti per forniture e servizi, anche in economia, la grafica ed il contenuto dei certificati, nonché l'emissione di un nuovo Durc in sostituzione di uno precedente annullato. In merito all'entrata in funzione della nuova versione del portale, è stato disciplinato un periodo transitorio, durante il quale gli operatori di Inail, Inps e Casse edili devono utilizzare sia la versione precedente dell'applicativo che la nuova, secondo quanto riportato al punto 4.1 della Circolare. La Circolare inoltre, a seguito dell'emanazione del nuovo Regolamento di attuazione del Codice dei contratti, adottato con il D.P.R. 207/2010, illustra alcune delle disposizioni in esso contenute concernenti il Durc nell'ambito degli appalti pubblici.

Soggetti tenuti alla richiesta del Durc. Risultano utili i chiarimenti forniti in merito ai soggetti tenuti alla richiesta d'ufficio del Durc, ai sensi dell'art. 16-bis della L. 2/2009. In proposito l'art. 6, comma 3, del D.P.R. 207/2010, specifica che il Durc nei contratti pubblici deve essere richiesto d'ufficio dalle «amministrazioni aggiudicatrici», mentre nei confronti dei soggetti diversi dalle amministrazioni aggiudicatrici, invece, il Regolamento dispone che il Durc sia prodotto dagli operatori economici. Pertanto, le imprese pubbliche, che non sono amministrazioni aggiudicatrici, non sono tenute ad acquisire d'ufficio il Durc, ma, avendone comunque facoltà in quanto stazioni appaltanti, possono richiedere l'utenza di accesso alla procedura, la quale sarà rilasciata solo ove dimostrino il possesso dei requisiti di cui all'articolo 3, comma 28, del Codice. Il Regolamento chiarisce infine che, per i casi diversi dai contratti pubblici, come l'attestazione Soa e l'attestato di qualificazione dei contraenti generali, è l'operatore economico a dover richiedere il Durc ai fini del rilascio dell'attestazione.

Validità temporale del Durc. Facendo seguito a quanto già chiarito dall'Autorità di vigilanza con la Determinazione 1/2010, e dal ministero del lavoro con la Circolare 35/2010, l'Inail ribadisce che ha validità trimestrale il Durc riferito alle varie fasi della procedura di appalto. Inoltre, pur restando fermo il principio in base al quale un Durc richiesto per una determinata finalità, indicata sullo stesso certificato, non può essere utilizzato in un ambito applicativo diverso da quello per cui è stato emesso, è chiarito che il certificato rilasciato ai fini della verifica della dichiarazione sostitutiva o ai fini dell'aggiudicazione può essere utilizzato anche per la stipula del contratto, se ancora in corso di validità. Inoltre ai fini dell'acquisizione in economia di soli beni e servizi con il sistema dell'affidamento diretto è possibile utilizzare un Durc in corso di validità emesso per un precedente contratto riguardante una diversa stazione appaltante.

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12 aprile 2011

REVOCA D’UFFICIO O ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE

Quantunque nei contratti della pubblica amministrazione l’aggiudicazione, quale atto conclusivo del procedimento di scelta del contraente, segni di norma il momento dell’incontro della volontà della stessa amministrazione di concludere il contratto e del privato, manifestata con l’individuazione dell’offerta ritenuta migliore, non è tuttavia precluso all’amministrazione di procedere, con atto successivo, purché adeguatamente motivato con richiamo ad un preciso e concreto interesse pubblico, alla revoca d’ufficio o all’annullamento dell’aggiudicazione, fondandosi detta potestà di annullamento in autotutela sul principio costituzionale di buon andamento che impegna la pubblica amministrazione ad adottare atti il più possibile rispondenti ai fini da conseguire (C.d.S., sez. IV, 31 ottobre 2006, n. 6456); è stato poi più volte sottolineato l’obbligo incombente sull’amministrazione di fornire una adeguata motivazione in ordine agli affermati motivi di opportunità che, alla luce della comparazione dell’interesse pubblico con le contrapposte posizioni consolidate dei partecipanti alla gara, giustificano il provvedimento di autotutela (C.d.S., sez. V, 7 gennaio 2009, n. 17).
Laddove sia mancata la puntuale indicazione dei motivi di interesse pubblico alla revoca dell’aggiudicazione, quale momento conclusivo della fase procedimentale e pubblicistica della scelta del contraente, che non può essere confusa con quella negoziale di esecuzione, sia pur in via di mero fatto, delle obbligazioni contrattuali, la revoca non può ritenersi legittima. Come nel caso in cui l’amministrazione abbia ancorato il proprio provvedimento di revoca non già con riferimento ad elementi, preesistenti alla procedura gara o sopravvenuti nelle more della stipula del contratto riguardanti la ditta aggiudicataria (quali per esempio la obiettiva carenza o l’inidoneità dei mezzi indicati per l’espletamento della gara ovvero la mancanza delle autorizzazioni di legge all’esercizio del trasporto di studenti ovvero la sopravvenuta incapacità finanziaria), quanto piuttosto ad un giudizio prognostico, ma meramente ipotetico, di incapacità dell’aggiudicataria di espletare il servizio affidato a causa delle irregolarità ed inadempienze nel periodo di prova. Consiglio di Stato, Sezione V - Sentenza 10/09/2009 n. 5427

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FASI DELLE PROCEDURE DI AFFIDAMENTO

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OBBLIGHI IN MATERIA DI SICUREZZA SUL LAVORO

Il committente dei lavori è responsabile del rispetto degli obblighi in materia di sicurezza sul lavoro e di prevenzione degli infortuni, qualora manchi in concreto un appaltatore fornito della capacità tecnica e professionale per assumersi la responsabilità dell'attuazione generale delle misure antinfortunistiche.
E' questo l'importante principio affermato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36581 del 21/09/2009, con la quale è stato ritenuto colpevole del reato di omicidio colposo un privato che aveva commissionato la ristrutturazione della sua casa ed il rifacimento del tetto ad un operaio, benché questo non fosse titolare di una impresa edile ma dipendente in mobilità di altra impresa, né disponesse dei mezzi necessari per eseguire le opere. L'operaio, nel corso dei lavori, era caduto ed aveva perso la vita.
Il proprietario dell'immobile avrebbe dovuto vigilare, dal momento che il rifacimento del tetto era un lavoro pericoloso, affinché le opere da realizzare fossero poste in essere in condizioni di sicurezza, nel rispetto della normativa antinfortunistica, tanto più che non era stata predisposta dal proprietario neppure una impalcatura, nonostante i 15 metri di altezza del tetto.

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11 aprile 2011

GESTIONE DELLA SICUREZZA DELLE INFRASTRUTTURE

Sulla G.U. n. 81 del 08/04/2011 è stato pubblicato il D. Leg.vo 35 del 15/3/2011 “Attuazione della direttiva 2008/96/CE sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture”, che recepisce la Direttiva 2008/96/CE sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali, in attuazione della L. 96/2010 (Comunitaria 2009).
Il decreto prevede l'istituzione e l'attuazione di procedure volte alla valutazione di impatto sulla sicurezza stradale per i progetti di infrastruttura, ai controlli della sicurezza stradale, alla gestione della sicurezza della rete stradale ed alle ispezioni di sicurezza.
Il provvedimento si applica alle strade, siano esse in fase di pianificazione, di progettazione, in costruzione o già aperte al traffico, appartenenti alla rete stradale transeuropea. Per tutte le altre strade non appartenenti alla rete stradale transeuropea, i contenuti del decreto costituiscono norme di principio.
Dal 01/01/2016 lo stesso si applica anche alle strade appartenenti alla rete di interesse nazionale, individuata dal D. Leg.vo 461/1999, non comprese nella rete stradale transeuropea, siano esse, a quella data, in fase di pianificazione, di progettazione, in costruzione o già aperte al traffico.
Questo termine potrà essere prorogato con decreto ministeriale, comunque non oltre il 01/01/2021.

Valutazione di impatto sulla sicurezza stradale
Per tutti i progetti di infrastruttura è effettuata, anteriormente all'approvazione del progetto preliminare, la valutazione di impatto sulla sicurezza stradale (VISS), i cui contenuti saranno stabiliti con decreto ministeriale entro il 19/12/2011.

Controlli della sicurezza stradale
Per tutti i livelli di progettazione dei progetti di infrastruttura, nonché dei progetti di adeguamento che comportano modifiche di tracciato sono effettuati i controlli della sicurezza stradale, entro 12 mesi dalla messa in esercizio, da parte di controllori, aventi i requisiti di cui all'art. 9, inseriti in appositi elenchi presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
I programmi di formazione per i controllori e le modalità di gestione dell'elenco degli stessi saranno definiti con decreto ministeriale entro il 19/12/2011.
Fino all'entrata in operatività dell'elenco dei controllori, le attività di controllo della sicurezza stradale, di verifica della classificazione dei tratti stradali, e le ispezioni di sicurezza, di cui agli artt. 4-6 del decreto,sono svolte da soggetti iscritti da almeno 10 anni all'albo dell'ordine degli ingegneri, nel settore dell'ingegneria civile e ambientale, in possesso di esperienza di progettazione stradale, analisi di incidentalita', ingegneria del traffico o altre attività inerenti alla sicurezza stradale, documentata dall'avvenuto espletamento delle predette attività relative ad almeno 5 progetti.

Classificazione e gestione della sicurezza
Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti effettua la classificazione dei tratti ad elevata concentrazione di incidenti e la classificazione della sicurezza della rete stradale esistente, entro il 23/04/2014, e successivamente con cadenza triennale.

Le regioni sono tenute a dettare la disciplina riguardante la gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali di competenza delle regioni e degli enti locali, con particolare riferimento alle strade finanziate a totale o parziale carico dell'Unione europea, entro il 31/12/2020.
Il decreto non si applica alle gallerie stradali che rientrano nel campo di applicazione del D. Leg.vo 264/2006.

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10 aprile 2011

DIFETTO DI COSTRUZIONE

Il termine annuale per la denunzia dei vizi posto dall'art. 1669 c.c., in materia di appalto, ha inizio dal momento in cui si abbia conseguito un apprezzabile grado di conoscenza dell'entità del difetto, della sua gravità, delle sue cause, tenuto conto della tipologia dei vizi riscontrati e della loro estensione. (Cass. civ. Sez. II, 12.5.2000 n. 6092).

Tra i difetti di costruzione vanno ricompresi, oltre ai casi di rovina o di evidente pericolo di rovina, anche quei vizi che pur non incidendo sulla statica e sulla struttura dell'edificio, pregiudicano in modo grave la funzione cui esso è destinato e ne limitano in modo notevole la possibilità di godimento.

In altri termini è grave difetto anche una qualsiasi alterazione conseguente ad una insoddisfacente realizzazione dell'opera che pur non riguardando parti essenziali della stessa (sì da determinare rovina o pericolo di rovina) interessi quegli elementi dell'opera accessori o secondari che ne consentono l'impiego duraturo cui è destinato. Tali sono stati ritenuti, ad esempio, i difetti afferenti condutture idriche, impianto di riscaldamento, canna fumaria, impermeabilizzazione della copertura, tali da compromettere in modo grave la funzionalità ed il godimento dell'immobile. (Cass. civ. Sez. II 2.2.1995 n. 1256; Cass. civ. Sez. II, 1.8.2003 n. 11740).

TRIBUNALE DI BOLOGNA, Sezione II civile, 10 gennaio 2011, n. 39

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AUTONOMIA DELL'APPALTATORE

L'autonomia dell'appaltatore è elemento essenziale del contratto di appalto (per tutte cfr. Case. n. 953/89) nel quale - fatta eccezione dell'ipotesi in cui l'appaltatore sia tenuto, in base al contratto, ad eseguire il progetto predisposto e le istruzioni ricevute senza alcuna possibilità di ingerenza - la funzione direttiva eventualmente riservata (al) ed esercitata dal committente riduce ma non annulla l'autonomia dell'appaltatore, tipica del contratto, essendo egli comunque obbligato ad osservare le regole dell'arte e ad assicurare un risultato tecnico conforme alle esigenze del committente. L'appaltatore si impegna ad un facere, obbligandosi a fornire un determinato risultato, per raggiungere il quale egli è dominus nell'organizzare e nel regolare lo svolgimento dei lavori, e gode al riguardo, di piena autonomia anche nell' apprestamento dei mezzi necessari e nella cura delle modalità di esecuzione del contratto" (Cass. 3050/92; Case. 10652/97). Il requisito dell'autonomia impone all'appaltatore - anche laddove il committente si sia riservato il potere di ingerirsi nella direzione dei lavori appaltati - di attenersi comunque alle buone regole dell'arte, in modo da assicurare al committente stesso il risultato tecnico conforme alle di lui esigenze (Cass. 1965/00; Cass. 3384/95), e, per conseguenza, l'appaltatore è anche tenuto a segnalare al committente l'eventuale contrarietà delle prescrizioni impartitegli alle regole della buona tecnica costruttiva (Cass. 14598/00; Case. 9562/94) e così pure a denunziare tempestivamente gli errori del progetto di cui egli si sia accorto, non potendo andare esente da responsabilità per quegli errori da lui non avvertiti, ma dei quali egli avrebbe dovuto avvedersi con la normale diligenza, nei limiti delle sue cognizioni tecniche (Cass. 14598/00; Case. 5099/95). In difetto egli risponde comunque della cattiva esecuzione dell'opera (Cass. 8075/99; Cass. 9562/94), eventualmente, assieme al progettista (Case. 13039/91) e al direttore dei lavori.

La responsabilità dell'appaltatore è esclusa soltanto quando il committente abbia imposto - per contratto oppure durante lo svolgimento concreto dei lavori - l'esecuzione supina ed incondizionata della sue direttive riducendo l'appaltatore al rango di mero esecutore (c.d. nudus minister), privo di ogni autonomia nei sensi sopra precisati (Cass. n. 6088/00; Cass. n. 11566/97; Cass. n. 6171/93; Case. n. 3092/87).

CORTE DI CASSAZIONE Civile, Sez. II, 11/05/2007, Sentenza n. 10860

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07 aprile 2011

DISCIPLINA DEL RAGGRUPPAMENTO ORIZZONTALE NEI SERVIZI

Quanto alla disciplina del raggruppamento orizzontale, si deve osservare che, pur restando il principio della cumulabilità la regola generale conforme alla ratio stessa del raggruppamento, permane la facoltà della stazione appaltante di stabilire, nella lex specialis, una soglia minima quantitativa per ciascuna impresa, al fine di evitare un eccessivo frazionamento tale da rendere inattendibile il giudizio sull’affidabilità del concorrente e ridurre la tutela dell’interesse pubblico, con l’unico limite, peraltro, del rispetto dei principi di proporzionalità, ragionevolezza e non eccedenza rispetto all’oggetto dell’appalto (Cons. Stato, sez. V, n. 6353/2006; Cons. Stato, n. 37/2007; Cons. Stato, sez. V, n. 7460/2006; Cons. Stato, sez. V, n. 7081/2005; Cons. Stato, sez. IV, n. 6967/2004; Cons. di Stato, V, n. 5064/2008).
Ciò in considerazione del fatto che l’art. 37 del D.Lgs. 163/2006 non prevede regole dettagliate circa il riparto dei requisiti all’interno dei raggruppamenti nel settore dei servizi e delle forniture, limitandosi a distinguere i raggruppamenti verticali da quelli orizzontali. Né, del resto, appare possibile applicare per via analogica, agli appalti di servizi, le disposizioni secondarie dettate per il settore dei lavori pubblici in tema di quote relative al possesso dei requisiti all’interno di un raggruppamento, non essendo tali disposizioni espressione di principi generali dell’ordinamento applicabili a tutte le gare pubbliche (cfr. parere Autorità n. 156 del 2008). Parere di Precontenzioso n. 13 del 28/01/2010.
Come è stato enunciato dalla giurisprudenza amministrativa, non è praticabile la strada della trasposizione della disciplina dei lavori pubblici alla materia dei servizi se non con riguardo alle disposizioni che costituiscono espressione di principi generali applicabili a tutte le gare pubbliche. Restano dunque escluse da tale estensione analogica le disposizioni dettate per lo specifico settore dei lavori pubblici (quali quelle sulle quote relative al possesso dei requisiti delle partecipanti alle ATI) la cui applicazione al settore dei servizi richiede una specifica previsione. Si è infatti precisato che “la regolamentazione delle procedure di gara nel nostro ordinamento, in particolare dopo l'adeguamento alla normativa comunitaria, distingue in modo netto le procedure applicabili in relazione all’oggetto contrattuale cosicchè non è corretta una operazione di trasposizione di alcune disposizioni da un settore all'altro perché ciascuno trova una disciplina completa negli atti normativi che attengono specificamente al settore considerato (recentemente si veda TAR Sardegna, del 15 maggio 2007, n. 904).
L’art. 37, comma 4 del D.Lgs. 163/2006 prevede testualmente che “nel caso di forniture o servizi nell’offerta devono essere specificate le parti del servizio o della fornitura che saranno eseguite dai singoli operatori economici riuniti o consorziati”. Pertanto, l’ATI è per legge obbligata ad indicare, in sede di partecipazione alla gara, quali parti sono svolte dalle singole raggruppande, a prescindere dal tipo di raggruppamento sia esso di tipo verticale, sia orizzontale. Tuttavia, è necessario segnalare al riguardo che, sotto il vigore dei previgenti artt. 11, D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 157 e 10 D.Lgs. 24 luglio 1992, n. 358, che contenevano analoghe prescrizioni, si è affermato in giurisprudenza un orientamento interpretativo che, muovendo dal rilievo che la norma parla di “parti” della prestazione e non di quote, ha escluso che la stessa ponga un obbligo di specificare la ripartizione quantitativa di un “unico” servizio tra le imprese raggruppate.
Di conseguenza, si è dedotto che la disposizione di cui trattasi è applicabile alla sola ipotesi di raggruppamenti “verticali” o “misti”, vale a dire con scorporo di singole parti, per le quali rispondono in solido solo l’impresa esecutrice e quella mandataria, rendendosi in tal caso necessario specificare i diversi servizi destinati a essere svolti da ciascuna impresa. Viceversa, la suddetta disposizione non trova margini di applicazione nel caso di riunioni “orizzontali”, laddove tutti gli operatori economici eseguono il tutto, e quindi il medesimo tipo di prestazione, e tutte le imprese sono responsabili dell’intero in solido (Cons. Stato, Sez. V, 28 marzo 2007, n. 1440; Tar Lazio, Roma, Sez. IIIter 25 agosto 2006, n. 7524).

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