13 marzo 2010

VICENDE DEL MANDATO DI ATI

Diverse sono le situazioni che si possono verificare durante la vita dell’ATI.
In caso di fallimento dell'impresa mandataria o di un'impresa mandante dispone l'art. 94 del d.P.R. n. 554/1999, secondo cui:
“1. In caso di fallimento dell'impresa mandataria ovvero, qualora si tratti di impresa individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del suo titolare, la stazione appaltante ha facoltà di proseguire il rapporto di appalto con altra impresa che sia costituita mandataria nei modi previsti dall'articolo 93 purché abbia i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori ancora da eseguire, ovvero di recedere dall'appalto.
2. In caso di fallimento di una delle imprese mandanti ovvero, qualora si tratti di un'impresa individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del suo titolare, l'impresa capogruppo, ove non indichi altra impresa subentrante che sia in possesso dei prescritti requisiti di idoneità, è tenuta alla esecuzione, direttamente o a mezzo delle altre imprese mandanti, purché queste abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori ancora da eseguire”.

Secondo la giurisprudenza il fallimento della società capogruppo comporta la risoluzione del mandato ai sensi dell'art. 78 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267. L'impresa mandante, conseguentemente, se l'accettazione dell'opera è avvenuta prima della dichiarazione di fallimento, può riscuotere dall'amministrazione appaltatrice il corrispettivo per l'esecuzione dell'appalto per la quota corrispondente alla parte dei lavori appaltati la cui esecuzione era di sua spettanza sulla base dell'accordo di associazione temporanea (Cass., sez. I, 15 gennaio 2000, n. 421).

In caso di recesso dell'impresa mandante nell'ipotesi di associazione di due sole imprese, l'impresa capogruppo è tenuta a continuare, da sola o previa sostituzione dell'impresa receduta, l'esecuzione del contratto nei confronti dell'amministrazione, trattandosi di mandato conferito non solo nell'interesse del mandatario ma pure in quello, preminente, dell'amministrazione committente (Cass., sez. I, 11 maggio 1998, n. 4728).

L'art. 96 del d.P.R. n. 554/1999, come già l'art. 26 del d. l.vo 19 dicembre 1991, n. 406, prevede che le imprese riunite, dopo l'aggiudicazione, possono costituire tra loro una società anche consortile per l'esecuzione unitaria, totale o parziale, dei lavori. La società subentra nell'esecuzione dei lavori senza che ciò sia considerato appalto o cessione di contratto, a condizione che tutte le imprese riunite facciano parte della stessa società. La previsione risponde ad una duplice esigenza: da un lato tende ad impedire che possano eseguire i lavori imprese non aggiudicatarie le quali non hanno superato il vaglio dei controlli; dall'altro tende ad evitare che i lavori siano eseguiti solo da alcune delle imprese che hanno assunto l'incarico con depauperamento delle garanzie tecniche ed economiche per una corretta esecuzione dei lavori. In considerazione di tali esigenze, la giurisprudenza ha ritenuto che la mancata partecipazione di una delle imprese vincitrici della gara al consorzio possa costituire illecito civile per inadempimento contrattuale verso la pubblica amministrazione, ma non configurare l'illecito penale di cui all'art. 21 della l. 13 settembre 1982, n. 646 (Cass. pen., sez. III, 20 febbraio 1997, n. 1602).
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