27 giugno 2012

TRASFERIMENTO SUL NUOVO BLOG

Il blog si trasferisce sul nuovo blog che si intitola OPERE LAVORI, identico a questo che diventerà da oggi un archivio di informazioni, documenti e siti a cui quello nuovo farà continuo riferimento con link.

Questo il nuovo indirizzo:
http://operelavori.blogspot.it

24 giugno 2012

IMMISSIONE IN POSSESSO E MANCATA REALIZZAZIONE DELL’OPERA

Avvenuta l’immissione in possesso dell’immobile, già da tale momento deve presumersi che il proprietario dell`immobile medesimo, formalmente occupato, ha subito, fino al termine dell`occupazione, il duplice danno di aver perso la facoltà di godimento dell`immobile stesso e di vedersi limitata la facoltà di disporne. La mancata realizzazione della strada non è sufficiente al fine di contrastare validamente l’insorgere dell’indennità di occupazione. Infatti, a tal riguardo, è necessario che l’Amministrazione dimostri che il possesso materiale ed effettivo dell’immobile era rimasto al proprietario, nonostante il verbale di immissione e la mancata realizzazione dell’opera pubblica.
È quanto affermato dalla Corte di Cassazione, sez. I, nella sentenza 11.9.2010, n. 22913, ove vengono effettuate importanti precisazioni in tema di rapporti fra la mancata realizzazione di un’opera pubblica, il verbale di immissione in possesso e l’insorgere del diritto all’indennità di occupazione.
In tema di occupazione destinata alla realizzazione di un`opera pubblica, la formale redazione del verbale di immissione in possesso, in conseguenza di un decreto di occupazione, fa presumere che la pubblica amministrazione, beneficiaria dell`occupazione medesima, si sia effettivamente impossessata dell`immobile. La ragione di ciò, come convincentemente rileva la Suprema corte, deve essere ricercata nella natura di atto pubblico del verbale di immissione in possesso: “E dall` altro che, siccome detto verbale è redatto a cura dell`ente espropriante ed il tecnico comunale, che lo ha redatto, svolge funzioni pubbliche, il provvedimento fa piena prova delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza”. In altri termini, la natura di atto pubblico del verbale di immissione in possesso dell`immobile, per il quale è stato emesso il decreto di occupazione, deriva sia dal suo contenuto, di atto di esecuzione di un provvedimento della p.a., che agisce iure imperii, che dalla qualità di pubblico ufficiale di colui che lo redige, ai sensi dell’articolo 2700 c.c.
Dimostrata, dunque, la completezza e la validità del verbale di immissione in possesso, ne deriva che il proprietario è da considerarsi come “effettivamente spossessato” del bene, con il profilarsi di un duplice danno: la perdita della facoltà di godimento dell`immobile e della facoltà di disposizione del medesimo.
A fronte di tale verbale, completo e perfetto, non può esplicare alcun effetto la mancata realizzazione dell’opera pubblica, fatto, che di per se, non può far venir meno l’effettiva occupazione ed il correlato diritto all’indennità. Pertanto, incombe sul comune, quale Autorità espropriante, e non sul privato proprietario, l’onere di provare la mancata esecuzione del provvedimento amministrativo di occupazione (in tal senso, anche: Cass. civ., sez. I, n. 8.384/2008). In altri termini, il comune doveva dimostrare che il possesso materiale ed effettivo dell’immobile era rimasto al proprietario, nonostante il verbale di immissione e la mancata realizzazione dell’opera pubblica. Tale comprovazione non è stata prodotta, per cui la Cassazione ha rigettato il ricorso.

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23 giugno 2012

PROROGA DELLA VALIDITA’ DELLE ATTESTAZIONI SOA

Il Decreto-legge 6 giugno 2012, n. 73 “Disposizioni urgenti in materia di qualificazione delle imprese e di garanzia globale di esecuzione” pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 131 del 7 giugno 2012, stabilisce che:
3. Con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, da adottarsi entro il termine di 180 giorni, sono stabilite modalità semplificate per la riemissione dei certificati di esecuzione dei lavori rilasciati secondo le procedure previste dal decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 2000, n. 34, relativi alle categorie di lavorazioni modificate ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207.

Sono quindi prorogate di altri 180 giorni (fino al 5 dicembre 2012) le disposizioni transitorie dell'art. 357, commi 12, 14, 15, 16, 17, 22, 24 e 25, del d.P.R. n. 207 del 2010 (rimangono in vita il d.P.R. n. 34 del 2000 in materia di qualificazioni e l'art. 72, comma 4, del d.P.R. n. 554 del 1999 in materia di s.i.o.s.)

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REQUISITI DI ORDINE GENERALE PER L’ AFFIDAMENTO DEI CONTRATTI PUBBLICI

L’Autorità, con la determinazione n. 1/2010, “Requisiti di ordine generale per l'affidamento di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ai sensi dell'articolo 38 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 nonché per gli affidamenti di subappalti. Profili interpretativi ed applicativi”, ha fornito indicazioni interpretative in merito ai requisiti generali per la partecipazione alle procedure di affidamento dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.
A seguito dell’entrata in vigore del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, rubricato “Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia”, convertito in legge con modifiche dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, che ha apportato numerose modifiche all’art. 38 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, l’Autorità, ha pubblicato il documento “Prime indicazioni sui bandi tipo: tassatività delle cause di esclusione e costo del lavoro” ed esperito una consultazione degli operatori del settore e delle istituzioni competenti.
Successivamente alla consultazione, sono sopravvenuti ulteriori interventi normativi ed in particolare, l’art. 20 comma 1, lett. d, del decreto-legge n. 5 del 9 febbraio 2012, “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo”, convertito con modificazioni dalla legge 4 aprile 2012, n. 35, che, come proposto dall’Autorità nella segnalazione n. 1 del 2012, ha modificato l’art. 38, comma 1-ter del Codice, attribuendo all’Autorità il potere di graduare l’irrogazione della sanzione interdittiva ivi prevista. Infine, l’articolo 1, comma 5, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, “Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento”, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, ha novellato il comma 2 dell’art. 38 del Codice, in riferimento al comma 1, lett. g), specificando che costituiscono violazioni definitivamente accertate quelle relative all’obbligo di pagamento di debiti per imposte e tasse certi, scaduti ed esigibili.
A seguito delle rilevanti modifiche normative introdotte dal legislatore, l’Autorità ha emanato una nuova determinazione sui requisiti di ordine generale per l’affidamento dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, ai sensi dell’articolo 38 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, che offre indicazioni integrative rispetto a quelle contenute nella determinazione n. 1 del 2010.

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04 giugno 2012

MODIFICA DEL CODICE ANTIMAFIA

Il Consiglio dei Ministri ha approvato nella riunione di venerdì 25 maggio lo schema di decreto legislativo che integra il codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione e che introduce nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia. Ecco la scheda del Ministero riassuntiva delle novità:
1 - Immediata entrata in vigore delle nuove norme sulla documentazione antimafia. Al fine di contrastare efficacemente i tentativi di infiltrazione mafiosa, le norme che regolano l’emissione della documentazione antimafia entrano immediatamente in vigore, mentre prima erano subordinate al decorso dei due anni dall’emanazione dei regolamenti sul funzionamento della Banca dati nazionale.
Fino alla realizzazione della Banca dati, le Prefetture continuano ad utilizzare i collegamenti già in uso con i sistemi informatici realizzati sulla base della precedente normativa.
2 - Ampliamento dell’area dei controlli e delle situazioni “indizianti”. Vengono estesi i casi di controlli antimafia anche ai membri del collegio sindacale e degli organismi interni destinati a vigilare sul rispetto dei modelli comportamentali delle imprese.
Considerata, inoltre, l’apertura degli appalti pubblici ad investitori esteri, viene per la prima volta introdotta una procedura di controllo “antimafia” sulle imprese straniere, anche senza una sede in Italia. Infine, vengono ampliati i casi di tentativi di infiltrazione mafiosa, ricomprendendovi anche le reiterate violazioni degli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari derivanti da appalti pubblici.
3 - Circolazione delle interdittive antimafia. Il provvedimento estende l’obbligo di comunicazione in tutti i casi delle interdittive antimafia ad altri soggetti istituzionali interessati, tra cui l’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato, in vista della realizzazione del cd. rating di impresa, nonchè l’Autorità Giudiziaria, titolare del potere di proporre l’adozione di misure di prevenzione.
4 - Attuazione del processo di decertificazione. Le modifiche apportate al codice delle leggi antimafia attuano una completa decertificazione del procedimento di rilascio della documentazione antimafia. Ciò per ribadire che il sistema dei controlli antimafia non è “nemico” delle imprese, ma un presidio per realizzare, a loro tutela, un ambiente favorevole alla sana concorrenza tra gli operatori,
In pratica, tale procedimento verrà avviato sulla sola base delle autodichiarazioni rese dall’operatore economico all’amministrazione interessata, che provvederà, a sua volta, a fornire i dati auto dichiarati alla Prefettura competente ad emettere la documentazione antimafia.

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27 maggio 2012

SENTENZA ETERNIT

E’ di grande interesse la lettura del dispositivo e delle motivazioni della sentenza con la quale il Tribunale di Torino, in data 13 febbraio 2012, ha condannato a sedici anni di reclusione ed a risarcimenti per diversi milioni di euro i due ex titolari della Eternit S.p.A. giudicati responsabili degli eventi lesivi per l'uomo e per l'ambiente derivati, e tuttora derivanti, dall'amianto lavorato tra gli anni 1960 e 1980 negli stabilimenti italiani della multinazionale svizzero-belga.
Secondo l'impianto accusatorio - quale emerge dai capi di imputazione - l'incontrollata dispersione delle fibre di amianto provenienti dagli stabilimenti italiani della Eternit - siti in Casale Monferrato (in provincia di Alessandria), Cavagnolo (Torino), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli) - ha finora colpito quasi tremila persone, sia tra i lavoratori che tra gli abitanti delle zone limitrofe alle fabbriche, cagionando asbestosi, tumori polmonari, mesoteliomi pleurici e peritoneali: malattie spesso sfociate nella morte delle vittime.
Sempre secondo i capi di imputazione, la diffusione delle polveri tossiche su vasta scala, in tutti gli ambienti di vita circostanti le zone di produzione dei noti manufatti in eternit, ha dato origine ad un disastro di carattere permanente, i cui effetti devastanti per la salute umana e l'ambiente non hanno ancora cessato di prodursi.
Il pool di Pubblici Ministeri guidati da Raffaele Guariniello ha considerato due figure di reato contro l'incolumità pubblica: (A) l'omissione dolosa di cautele antinfortunistiche, aggravata dalla verificazione di "malattie infortunio" consistiti nelle malattie e nei decessi dei lavoratori nominativamente indicati negli allegati al capo di imputazione (art. 437 comma 2 c.p.); e (B) il disastro doloso cd. innominato, anch'esso nella forma aggravata dalla verificazione del disastro ("in quanto" - come si legge nell'imputazione - " l'amianto è stato immesso in ambienti di lavoro e in ambienti di vita su vasta scala e per più decenni mettendo in pericolo e danneggiando la vita e l'integrità fisica sia di un numero indeterminato di lavoratori sia di popolazioni e causando il decesso di un elevato numero di lavoratori e di cittadini", e in particolare delle persone nominativamente indicate negli allegati al capo di imputazione in parola), e configurato quale reato permanente, iniziato nel 1952 e tuttora in fase consumativa al momento della contestazione (art. 434 comma 2 c.p.).

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24 maggio 2012

L'OFFERTA È IMMODIFICABILE MA NON LE GIUSTIFICAZIONI


Nell'ambito della verifica di anomalia delle offerte nelle gare d'appalto, sono ammissibili giustificazioni sopravvenute e compensazioni tra sottostime e sovrastime. Ciò a condizione però che al momento dell'aggiudicazione l'offerta risulti nel suo complesso affidabile e garantisca la seria esecuzione del contratto.
Lo ha precisato il Consiglio di Stato, Sezione Quarta, con la sentenza n. 2566 del 4 maggio 2012 nella quale si ricorda che “la verifica di anomalia non ha per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell'offerta economica, ma persegue il fine di accertare se l'offerta, nel suo complesso, sia attendibile o inattendibile, e dunque se dia o meno serio affidamento circa la corretta esecuzione dell'appalto (cfr. sul punto, ex plurimis, Cons. Stato, Sez. VI, 24 agosto 2011 n. 4801)”.
Nel relativo procedimento “non sussistono preclusioni alla presentazione di giustificazioni ancorate al momento della scadenza del termine di presentazione delle offerte, e – ferma comunque restando l'immodificabilità dell'offerta, a' sensi del generale principio contenuto nell'art. 11, comma 6, del D.L.vo 163 del 2006 - le stesse giustificazioni sono, esse sì, modificabili, essendo in tal senso ammissibili giustificazioni sopravvenute e compensazioni tra sottostime e sovrastime, purché l'offerta risulti nel suo complesso affidabile al momento dell'aggiudicazione, e a tale momento dia garanzia di una seria esecuzione del contratto”.

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21 maggio 2012

L'INDICAZIONE DELL'IMPRESA SUBAPPALTATRICE QUALIFICATA


La dichiarazione di subappalto (art. 118, comma 2 del Codice Appalti) deve contenere anche l'indicazione dell'impresa subappaltatrice qualificata nel caso in cui il ricorso al subappalto si renda necessario a causa del mancato possesso autonomo dei requisiti di qualificazione da parte del concorrente.
Lo ha affermato il Consiglio di Stato, Sezione Sesta, con la sentenza n. 2508 del 2 maggio 2012, con la quale è stato respinto l'appello proposto da una società attiva nel settore delle costruzioni, contro una sentenza del Tar Lazio in relazione a un appalto di lavori per la manutenzione degli Uffici del Rettorato dell'Università degli Studi di Roma La Sapienza.
Distinzione tra subappalto facoltativo e subappalto necessario.
I giudici del CdS condividono la pronuncia del Tar Lazio: secondo i giudici amministrativi, ai fini dell’applicazione dell’articolo 118 del Codice dei contratti, occorre distinguere fra: a) le ipotesi in cui il concorrente sia autonomamente in possesso di tutti i requisiti di partecipazione, a prescindere dalla conclusione di un subappalto (ipotesi definibile come di ‘subappalto facoltativo’) e b) le ipotesi in cui il concorrente sia privo di un requisito di qualificazione e pertanto intenda avvalersi di altra impresa non solo ai fini dell’esecuzione, ma – più a monte – ai fini della stessa qualificazione per l’ammissione alla gara (ipotesi definibile come di ‘subappalto necessario’).
Il subappalto necessario come “avvalimento sostanziale”.
Secondo il Tar Lazio, nell'ipotesi in cui il concorrente non sia autonomamente in possesso della qualificazione per svolgere le lavorazioni oggetto del subappalto, il subappalto si configura come una sorta di “avvalimento sostanziale”. In tal caso, l'impresa non potrà effettuare le dichiarazioni relative al subappalto nella fase esecutiva, ma dovrà anticipare tali dichiarazioni (comprese quelle del soggetto indicato come esecutore delle lavorazioni subappaltabili) nella fase di presentazione dell'offerta.
Questa posizione del Tar è condivisa dal Consiglio di Stato: l'indicazione dell'impresa qualificata che svolgerà i lavori va anticipata alla fase di gara quando il subappalto è dettato dall'assenza di requisiti e quindi si configura come avvalimento sostanziale. “Nelle ipotesi di subappalto necessario – si legge nella sentenza - il richiamo ad altro operatore risulta assimilabile sotto ogni profilo ad un’ipotesi di avvalimento, con la conseguenza che, similmente a quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 49 del ‘codice dei contratti’, il concorrente dovrà necessariamente allegare, già in occasione della domanda di partecipazione, il possesso da parte del soggetto avvalso (il quale dovrà essere puntualmente individuato) dei necessari requisiti di qualificazione”.

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20 maggio 2012

ASSICURAZIONE PROFESSIONALE OBBLIGATORIA


Con la Circolare CNAPPC - prot. 0000528 del 26.04.2012 il Consiglio Nazionale degli architetti ha fornito alcuni chiarimenti sull’assicurazione professionale obbligatoria:
“A seguito di numerose sollecitazioni e richieste di chiarimenti, relative all'obbligo di copertura assicurativa, reso operativo dall'art. 9 del D.L. DL 1/2012, convertito nella L. 27/2012, si vuole fornire un contributo interpretativo, relativamente agli aspetti pratici ed agli adempimenti conseguenti all'entrata in vigore della normativa citata, da intendersi come suggerimenti e valutazioni in materia.
1. Relativamente alla decorrenza dell'obbligo di copertura assicurativa degli iscritti, se a partire dal 13 agosto 2012 (in base all'art. 3 comma 5 della L. 148/ 2011) o se a partire dal 24 gennaio 2012 (in base all'art. 9 DL 1/2012, convertito nella L. 27/ 2012), si osserva quanto segue.
Il citato art. 9 del DL 1/2012 si limita ad indicare che "a tutela del cliente, il professionista è tenuto a stipulare idonea assicurazione per i rischi derivanti dall'esercizio dell'attività professionale".
Diversamente, l'art. 3 comma 5 della L. 148/2011 prevede che "il professionista deve rendere noti al cliente, al momento dell'assunzione dell'incarico, gli estremi della polizza stipulata per la responsabilità professionale e il relativo massimale. Le condizioni generali delle polizze assicurative di cui al presente comma possono essere negoziate, in convenzione con i propri iscritti, dai Consigli Nazionali e dagli enti previdenziali dei professionisti".
Dalla lettura di tali testi, corre, innanzitutto, l'obbligo di esaminare che sia la Legge 148/2011 che la Legge 27/2012 hanno origine dalla conversione di Decreti Legge (rispettivamente il DL 138/2011 e il DL 1/2012).
Entrambi i decreti legge hanno la finalità di necessità ed urgenza, in base agli articoli 77 e 78 della Costituzione, legate a motivazioni di stabilizzazione finanziaria e sviluppo, concorrenza, sviluppo delle infrastrutture e competitività.
Poiché entrambi i decreti legge sono sorti per la finalità di "straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per la stabilizzazione finanziaria e per il contenimento della spesa pubblica al fine di garantire la stabilità del Paese con riferimento all'eccezionale situazione di crisi internazionale e di instabilità dei mercati e per rispettare gli impegni assunti in sede di Unione Europea, nonché di adottare misure dirette a favorire lo sviluppo e la competitività del Paese e il sostegno dell'occupazione" (premesse al DL 138/2011), nonché per la finalità di straordinarietà ed urgenza, "per favorire la crescita economica e la competitività del Paese, al fine di allinearla a quella dei maggiori partners europei ed internazionali, anche attraverso l'introduzione di misure volte alla rnodernizzazione ed allo sviluppo delle infrastrutture nazionali, all'implementazione della concorrenza dei mercati, nonché alla facilitazione dell'accesso dei giovani nel mondo dell'impresa" (premesse al DL 1/2012), appare possibile una interpretazione in base al c.d. principio di successione di leggi nel tempo, ovvero che le norme sull'assicurazione obbligatoria delle quali, in un primo momento (13 agosto 2011), ne era stata prevista l'attuazione entro il 13 agosto 2012, siano state anticipate, per i citati motivi di urgenza, al 24 gennaio 2012.
Si rileva, inoltre, che nel Decreto Legge 1/2012 non è stata prevista una proroga temporale per l'applicazione dell'art. 9 relativamente alla polizza assicurativa, né una diversa data di entrata in vigore rispetto al 24 gennaio 2012; ne deriva che il fine evidente del Legislatore sia stato quello di anticipare l'obbligo della copertura assicurativa.
2. In via generale ed astratta, è possibile individuare alcune tipologie di iscritti per cui si evidenziano criticità relativamente all'assicurazione professionale obbligatoria, e più precisamente:
a) professionisti in regime di collaborazione con uno studio in via continuativa;
b) professionisti dipendenti di enti pubblici o privati, che svolgono attività professionale per l'ente avente rilevanza esterna (in via esemplificativa e non esaustiva perizie, collaudi, ecc);
c) professionisti dipendenti di enti pubblici o privati, che svolgono attività professionale per l'ente senza alcuna rilevanza esterna;
d) professionisti dipendenti di enti pubblici o privati in regime di part-time.
Per la fattispecie di cui al punto a), appare sufficiente verificare la presenza e, in difetto, far inserire nella polizza assicurativa del titolare della studio una apposita clausola con cui specificare che, ai fini dell'Assicurazione prestata con la polizza, non sono considerati terzi i collaboratori, i dipendenti e tirocinanti che si avvalgono delle prestazioni dell'assicurato, e che tutti costoro devono intendersi ricompresi nella copertura assicurativa stipulata con l'assicurato.
Per la fattispecie di cui al punto b), appare sufficiente inserire il professionista che svolge attività con rilevanza esterna nella polizza assicurativa dell'ente con le modalità di cui al precedente punto.
Per la fattispecie di cui al punto c), non si ravvisano particolari ragioni di necessità per stipulare una polizza assicurativa, stante lo svolgimento di attività professionale per l'ente senza alcuna rilevanza esterna.
Per la fattispecie di cui al punto d), stante la possibilità di svolgere attività professionale, si ravvisa l'obbligo della polizza assicurativa, ed eventualmente con le modalità di cui al punto a), qualora si rientri anche in tale fattispecie."

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17 maggio 2012

ASSICURAZIONE PROFESSIONALE OBBLIGATORIA


Per coprire i propri rischi professionali, gli architetti e gli ingegneri hanno deciso di affidarsi al broker assicurativo Willis Italia Spa e ai Lloyd's.
Dal 1° aprile 2012 è attiva la convenzione assicurativa RC professionale sottoscritta da Inarcassa (Organismo di previdenza ed assistenza per gli ingegneri e gli architetti liberi professionisti) con Willis che, per la stipula delle polizze, si avvarrà del mercato assicurativo dei Lloyd's. Nell'ambito dell'intesa Willis si occuperà di distribuzione e gestione dei sinistri mentre Lloyd's fornirà le coperture assicurative vere e proprie.
La polizza copre tutti i servizi di competenza dell’assicurato (architettura e/o ingegneria), a prescindere dall’attività esercitata, anche fuori dal comparto edilizio, e dalle modalità di esercizio della stessa. Inoltre, non è necessario dichiarare l’attività svolta o l’ambito di copertura richiesto.
Oltre alle richieste di risarcimento, si estende agli avvisi di garanzia e/o i mandati di comparizione che si presuma possano dare origine ad una richiesta di risarcimento nei confronti del professionista, nonché qualsiasi notifica dell’avvio di un procedimento da parte della Corte dei Conti per l’accertamento di una responsabilità amministrativa-contabile.
L’obbligo della polizza di responsabilità civile per tutti i professionisti è stato introdotto dal decreto legge n 138 del 13 agosto 2011, convertito nella Legge n. 148/2011 (Manovra Bis) pubblicata sulla G.U. del 16 settembre 2011. L'Iva sulle parcelle aumenta dal 20% al 21% dal giorno di entrata in vigore della stessa legge. 

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AVVALIMENTO E SUBAPPALTO


Il Consiglio di Stato, sez. V, con la sentenza n. 1726 del 26 marzo 2012, ha tracciato gli elementi funzionali di garanzia della massima concorrenza comuni ai due istituti dell’avvalimento e del subappalto.
Senza negare le differenze strutturali che intercorrono tra l’avvalimento, istituto elaborato dalla giurisprudenza comunitaria , recepito dall’art. 47 della direttiva 2004/18/CE e trasfuso nell’art. 49 del decreto legislativo n. 163 del 2006, volto a consentire ad un imprenditore il possesso mediato ed indiretto dei requisiti di partecipazione ad una gara , ed il subappalto, contratto secondario o derivato, posto “a valle” del contratto di appalto ed attinente alla sua esecuzione, devono rilevarsi numerosi profili della disciplina di cui agli artt 37, comma 11 e 118 del codice sui contratti pubblici che , sotto il profilo funzionale, possono essere considerati indici di un sostanziale inserimento del subappalto tra gli strumenti idonei a garantire la maggiore concorrenza tra gli operatori economici e l’allargamento del mercato, nella prospettiva propria dell’art. 47 della direttiva 2004/18, al pari dell’avvalimento.
Tra questi meritano rilievo: l’inserimento del subappalto tra gli strumenti che consentono la realizzazione di lavori ad elevato contenuto tecnologico da parte di soggetti affidatari non in grado di eseguirli nell’art. 37, disciplinante i raggruppamenti temporanei; l’obbligo a carico dei concorrenti, all’atto dell’offerta, di indicare i lavori o le parti di opere che intendono subappaltare, con la conseguenza, in caso di mancata indicazione, che l’autorizzazione al subappalto non potrà essere accordata; l’obbligo di deposito presso la stazione appaltante del contratto di appalto e della certificazione attestante il possesso da parte del subappaltatore dei requisiti di qualificazione prescritti in relazione alla prestazione subappaltata oltre alla dichiarazione relativa al possesso dei requisiti di ordine generale; l’insussistenza nei confronti del subappaltatore dei divieti previsti dall’art. 10 della legge n. 575/1965 e successive modificazioni; l’autorizzazione al subappalto da parte della stazione appaltante, previa verifica dei requisiti in capo al subappaltatore; la possibilità che la stazione appaltante stabilisca nel bando di gara di corrispondere direttamente al subappaltatore l’importo dovuto per le sue prestazioni; l’obbligo per il subappaltatore di praticare per le prestazioni affidate in subappalto gli stessi prezzi unitari risultanti dall’aggiudicazione; la responsabilità solidale dell’appaltatore degli adempimenti da parte del subappaltatore relativi agli obblighi di sicurezza.
Si tratta di disposizioni e condizioni che, nell’intento di ridurre i margini di autonomia del rapporto appaltatore – subappaltatore, attraendolo sotto il controllo diretto della stazione appaltante ed imponendo il rispetto di regole di trasparenza volte a scongiurare i rischi di aggiramento della disciplina dell’evidenza pubblica tramite il subingresso di un soggetto diverso da quello scelto tramite la gara, tendono a stabilire una relazione diretta tra committente e subappaltatore.
Nel contempo, esse soddisfano la finalità dell’art. 47 , p.2 della direttiva 2004/18/CE («Un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. In tal caso deve dimostrare alla amministrazione aggiudicatrice che disporrà dei mezzi necessari, ad esempio mediante presentazione dell’impegno a tal fine di questi soggetti») , già sottolineata dalla giurisprudenza comunitaria (Corte di Giustizia C.E. 2.12.1999, n. 176), di consentire all’autorità aggiudicatrice la verifica delle capacità dei terzi ai quali un prestatore, che non soddisfi da solo i requisiti minimi prescritti per partecipare alla procedura di aggiudicazione di un appalto, intenda ricorrere , con lo scopo di fornire garanzia che l'offerente avrà effettivamente a disposizione i mezzi di cui si avvarrà durante il periodo di durata dell'appalto “a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami” con l’ausiliario e, quindi, anche in virtù di un contratto di subappalto.
Quindi, il subappalto è uno strumento negoziale che, pur differenziandosi dall’avvalimento sotto il profilo strutturale, ha tuttavia in comune la funzione di allargare la possibilità di partecipazione alle gare da parte di soggetti sforniti dei requisiti di partecipazione.

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16 maggio 2012

DELIBERA DELL’AVCP A SEGUITO DELL’ABROGAZIONE DELLE TARIFFE


L’articolo 9 del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito in legge 24 marzo 2012, n. 27, recante: «Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività», stabilisce, anzitutto, al comma 1, l’abrogazione delle tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico, prevedendo, altresì, al comma 5 che “Sono abrogate le disposizioni vigenti che, per la determinazione del compenso del professionista, rinviano alle tariffe di cui al comma 1.”. E’ evidente, quindi, la differenza con il precedente regime. Alla luce della abrogazione totale delle tariffe disposta dall’articolo 9, le stesse non possono essere più indicate nemmeno quale possibile riferimento per l’individuazione del valore della prestazione.
La Deliberazione dell’AVCP n. 49 del 3 maggio 2012 tenta di fornire indicazioni ai fini della predisposizione dei bandi di gara per l’affidamento di servizi di ingegneria e architettura nelle more della pubblicazione di determinazioni più organiche. In sintesi si propongono le seguenti linee guida:

1. L’importo a base di gara
Il primo aspetto considerato riguarda le modalità che le stazioni appaltanti devono seguire per determinare l’importo a base di gara, alla luce della integrale abrogazione delle tariffe professionali, abrogazione che incide, come previsto dal comma 5 dell’articolo 9, anche sulle disposizioni del Codice e del Regolamento attuativo che prevedono il riferimento alle tariffe professionali per la stima del corrispettivo, ivi compresa quella di cui all’articolo 266, comma 1, lettera c), n. 1 del d.P.R. n. 207 del 2010.
In attesa delle future determinazioni dell’Autorità in merito, i responsabili del procedimento, per individuare gli importi a base di gara, potrebbero riferirsi ai costi sostenuti dalla propria amministrazione, o da amministrazioni consimili, negli ultimi anni.
In tal senso, il calcolo dell’importo da porre a base di gara dovrebbe trovare una coerenza con i compensi minimi e massimi pagati negli ultimi anni dalle stazioni appaltanti, per servizi tecnici, relativamente alle diverse tipologie ed importi di lavori e di opere individuate sulla base delle tabelle 1, 2 e 3 allegate alla determinazione n. 5 del 7 luglio 2010 e per uguali livelli progettuali.
A tal fine, gli importi dei compensi corrisposti ai progettisti negli ultimi anni, rapportati all’importo dei lavori progettati, eseguiti e collaudati fornirebbero la percentuale di incidenza del costo della fase progettuale sul totale dell’importo dei lavori; tale percentuale, rapportata poi al costo preventivato dei lavori e delle opere da progettare, determinerebbe l’importo da porre a base di gara per i servizi tecnici (articolo 264, comma 1, lettera c) del d.P.R. n. 207 del 2010).
Va tuttavia precisato che gli importi corrisposti in passato sono da considerarsi al netto dei ribassi offerti in gara e, pertanto, per una corretta procedura concorrenziale, l’importo degli oneri di progettazione da porre a base di gara, come prima determinato, andrebbe incrementato della media dei ribassi ottenuti nel passato.

2. Le modalità di definizione dei requisiti di partecipazione
Il secondo problema prospettato è quello relativo alle modalità di definizione dei requisiti di partecipazione alle gare e di specificazione dei mezzi di prova del loro possesso. Si richiama quanto l’Autorità ha elaborato con le tabelle n. 1, n. 2 e n. 3, allegate alla determinazione n. 5 del 27 luglio 2010, nelle quali è stato costruito un prospetto, a più livelli, che indica:
-       al primo livello la “destinazione funzionale e/o complementare e/o integrativa delle opere e dei lavori” oggetto dei servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria quali per esempio “organismi edilizi per l’istruzione”, “organismi edilizi per i servizi sanitari”, “opere a rete per la mobilità”, “opere speciali per la mobilità”;
-       al secondo livello la “identificazione e specificazione delle opere di ogni destinazione funzionale”, per esempio con riferimento agli “organismi edilizi per l’istruzione”, “asili”, “scuola materna”, “scuola elementare”;
-       al terzo livello la classe e categoria dell’articolo 14 della legge n. 143 del 1949 di appartenenza di ogni opera o lavoro.
Tale prospetto può essere utilizzato anche dopo l’abrogazione delle tariffe, prevedendo che nei bandi di gara non si faccia più riferimento alle classi e categoria dell’abrogata tabella dell’articolo 14 della legge 143 del 1949, ma direttamente al primo livello del prospetto (destinazione funzionale e/o complementare e/o integrativa delle opere) individuato sulla base dell’opera del secondo livello del prospetto (identificazione e specificazione delle opere) da progettare. I concorrenti, per dimostrare il possesso dei requisiti, devono fare riferimento ai progetti da essi redatti per una delle opere del secondo livello, che dipende direttamente dal primo livello indicato nel bando, i cui certificati devono riferirsi alle classi e categorie dell’abrogato articolo 14 della legge n. 143 del 1949, indicati al terzo livello del prospetto.

3. La verifica di congruità
La terza questione affrontata concerne la verifica di congruità degli importi risultanti dalle offerte di ribasso dei concorrenti. L’Autorità, nella determinazione n. 5 del 2010, ha sottolineato l’importanza di tale verifica, fornendo suggerimenti alle stazioni appaltanti.
Sul piano operativo si può considerare non congruo l’importo che, al netto del ribasso offerto in gara, risulta inferiore in misura elevata rispetto all’importo in base al quale, al netto del ribasso medio offerto in passato, è stato individuato l’importo a base di gara. Tale verifica, in sostanza, consente di ritenere adeguato il compenso da corrispondere solo qualora esso risponda ai valori di mercato. Un altro parametro può essere inoltre costituto dalla non congruenza del corrispettivo con l’importo stabilito per l’incentivo ai dipendenti dell’amministrazione dallo stesso art. 92 del Codice.

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13 maggio 2012

MORTALITÀ STRADALE NEL 2011


Secondo le nuove cifre pubblicate dalla Commissione europea, i progressi nella riduzione della mortalità stradale hanno subito un rallentamento l'anno scorso (-2%) rispetto ai risultati molto promettenti (calo del 6% in media annua) registrati a dimensione di UE nel corso dell'ultimo decennio. Stati membri come la Germania e la Svezia, che tipicamente vantavano risultati molto positivi in tema di sicurezza stradale, registrano ora un aumento consistente del numero di vittime.
I decessi sono aumentati anche in altri Stati membri, quali la Polonia e il Belgio, che già erano fra i fanalini di coda per la sicurezza stradale. Persiste inoltre il problema delle motociclette: in oltre un decennio, infatti, la mortalità legata alle due ruote non è ancora scesa.
La tabella – Vittime della strada per paese – mostra i progressi ottenuti dal 2001 e riporta i dati sia relativi a tutta l'UE, sia suddivisi per paese, includendo anche i dati più recenti del 2011. L'ultimo decennio ha visto grandi progressi nel quadro del Piano di azione dell'UE per la sicurezza stradale 2001-2011: il numero di vittime è sceso di quasi il 45%, il che equivale a oltre 125 000 vite umane. Ogni anno la mortalità stradale nell'UE è diminuita del 6% in media, con picchi dell'11% in alcuni anni (2010).

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AVVALIMENTO PARZIALE NEI SERVIZI E FORNITURE

Il TAR Lazio, Roma, sez. III quater, con la pronuncia del 29 marzo 2012 n. 3006 ha affrontato il tema del cosiddetto "avvalimento parziale" ritenendo che la norma che consente di avvalersi di una sola impresa ausiliaria non sia applicabile al settore dei servizi (in particolare di progettazione).
La sentenza, nel riferirsi alla pronuncia del Consiglio di Stato n. 3565 del 2011, ha precisato che la norma (art. 49, comma 6) non si applica ai servizi, facendo implicitamente capire che anche i principi affermati in tale sentenza (chi presta il requisito deve possederlo per intero) non debba essere applicato al settore dei servizi e delle forniture. Per i giudici quindi, il divieto di avvalimento parziale (cioè il divieto di avvalimento da parte di più imprese per ciascuna categoria di qualificazione) non si estende agli appalti diversi da quelli di lavori e, quindi si ammette sia nel settore degli appalti di servizi, sia nel settore degli appalti di forniture.
La sentenza trova delle motivazioni anche in alcuni atti di fonte comunitaria richiamando quanto disse quattro anni fa la Commissione europea che, con la nota C (2008)0108 del 30 gennaio 2008, aveva aperto una procedura di infrazione verso l'Italia, ritenendo configurabile un'incompleta trasposizione delle direttive comunitarie nel codice degli appalti ed esprimendo, in particolare, perplessità sulla compatibilità comunitaria dell'art. 49 del codice appalti, che consente ad un concorrente di avvalersi di una sola impresa ausiliaria per ciascun requisito o categoria; in questo caso, quindi, secondo i giudici romani la Commissione sembrava "al contrario, riconoscere la possibilità anche di cumulare frazioni del requisito".
Inoltre, ricorda il collegio, per conformarsi alla contestazione comunitaria di un recepimento eccessivamente restrittivo dell'istituto in esame, il terzo decreto correttivo (d.lgs. 11 settembre 2008, n.152) ha novellato il comma 6, dell'articolo 49 del Codice dei contratti pubblici il quale, nel testo attuale, prevede dunque che solo per i lavori si applica il divieto legale di avvalersi di più imprese ausiliarie per ciascuna categoria di qualificazione.

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PUBBLICAZIONE NEI SITI INFORMATICI DI ATTI E PROVVEDIMENTI CONCERNENTI PROCEDURE AD EVIDENZA PUBBLICA

Ai sensi di quanto disposto dall'art. 32, commi 2 e 3, della legge 18 giugno 2009, n. 69, il Decreto Presidente del Consiglio dei Ministri 26 aprile 2011 (G.U. n.177 del 01/08/2011) stabilisce, nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 e successive modificazioni, le modalita' di pubblicazione nei siti informatici delle amministrazioni e degli enti pubblici, ovvero di loro associazioni, degli atti e dei provvedimenti concernenti procedure ad evidenza pubblica, nonche' dei bilanci per i quali e' prevista la pubblicazione sulla stampa quotidiana.
Per le procedure ad evidenza pubblica, il sito informatico e' rappresentato dal profilo di committente e le amministrazioni e gli enti pubblici, ovvero le loro associazioni, sono rappresentate dalle amministrazioni aggiudicatrici. Gli atti, i provvedimenti e i bilanci da pubblicare sui siti informatici sono costituiti da documenti amministrativi informatici o da copie informatiche di documenti analogici.
La pubblicazione si effettua nel rispetto di quanto previsto dal Capo V, Sezione I del CAD (Codice dell’Amministrazione Digitale), dalle relative regole tecniche e dalle direttive e circolari in materia di domini Internet, organizzazione, accessibilita', usabilita', riservatezza e sicurezza dei siti informatici.
La pubblicazione, in ogni caso, garantisce: a) la conformita' delle informazioni pubblicate sui siti informatici a quelle contenute nei documenti originali, ai sensi dell'art. 54, comma 4, del CAD; b) l'autenticita' e l'integrita' nel tempo del documento amministrativo informatico nel rispetto delle disposizioni di cui al Capo II del CAD e secondo le relative regole tecniche; c) la fruibilita' delle informazioni pubblicate in rete in modalita' gratuita e senza necessita' di identificazione informatica dell'utente, ai sensi dell'art. 54, comma 3, del CAD; d) la consultazione dei documenti generati attraverso lo standard ISO 32000 o altri formati aperti conformi agli standard internazionali; e) la ricerca e la reperibilita' delle informazioni secondo le modalita' previste nell'Allegato 1 del DPCM.

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08 maggio 2012

GESTIONE DEL CONTRATTO STIPULATO CON IL CONTRAENTE GENERALE


In relazione all’esecuzione di lavori su strade statali da parte di ANAS, l’AVCP è intervenuta con due deliberazioni in merito alla gestione dei contratti stipulati con il Contraente generale con particolare riferimento alle varianti ed alle riserve.
Le deliberazioni sono:
Con riferimento alle criticità registratesi in corso d’opera, ed, in particolare al problema delle interferenze, si osserva che, con i richiamati D.lgs. n. 190/2002 e 189/2005 (quest’ultimo, successivo all’appalto dell’intervento oggetto di ispezione, ha reso più puntuali le disposizioni), recepiti nel D.lgs. n. 163/2006, sono state fornite prescrizioni finalizzate ad evitare le criticità connesse alle interferenze con opere esistenti o in corso di realizzazione.
All’attualità, l’art. 170 del Codice, dispone che il soggetto aggiudicatore rimetta agli enti gestori delle interferenze già note e prevedibili il progetto preliminare, ponendo in capo a questi l’obbligo di verificare e segnalare al soggetto aggiudicatore la sussistenza di interferenze non rilevate e di collaborare con il soggetto aggiudicatore per lo sviluppo delle opere pertinenti, nonché di dare corso, a spese del soggetto aggiudicatore, alle attività progettuali di propria competenza.
E’, inoltre, obbligo per i gestori di servizi pubblici e di infrastrutture destinate al pubblico servizio rispettare il programma di risoluzione delle interferenze (che deve corredare il progetto definitivo), nonché di risarcire i danni subiti dal soggetto aggiudicatore, nel caso di mancato rispetto del programma o di mancata segnalazione delle interferenze.
L’art. 172 stabilisce puntualmente gli oneri dei gestori delle interferenze, sia in termini di collaborazione da fornire che di tempi nei quali la stessa deve essere espletata, tempi comunque rispettosi del programma approvato dal CIPE unitamente al progetto definitivo.  
Per quanto attiene alle problematiche di ordine archeologico, con riferimento a quanto verificatosi nel Megalotto 2, si rileva come le indagini disposte dalla competente Soprintendenza siano state ripetutamente modificate e adeguate in corso d’opera, sia in relazione alle risultanze delle indagini e dei ritrovamenti effettuati, sia per effetto delle valutazioni e conseguenti indicazioni dei soggetti preposti; se è certamente importante assicurare la tutela di eventuali testimonianze archeologiche, non può non porsi in rilievo come gli oneri economici derivanti da una definizione e attuazione delle indagini in corso d’opera siano stati rilevanti. 
Anche per le criticità riconducibili a tale circostanza, si ritiene che un puntuale svolgimento preventivo delle indagini, nei termini attualmente previsti dagli art. 95 e 96 del D.lgs. n.163/2006, dovrebbe evitare in larga parte i maggiori oneri verificatisi nel caso oggetto di ispezione.
Per quanto attiene alle problematiche di ordine geologico, in particolare a comportamenti del terreno attraversato dalle numerose gallerie non del tutto rispondenti a quanto ipotizzato in sede progettuale, queste hanno comportato maggiori oneri sia in relazione alla necessità di introdurre varianti, sia in relazione a richieste risarcitorie del Contraente generale per i maggiori oneri conseguenti all’anomalo andamento del cantiere.

Relativamente alle modifiche introdotte successivamente alla gara, si osserva che il Capitolato speciale di affidamento (art. 6) precisa, con riferimento alla redazione del progetto esecutivo, che “resteranno a totale carico del contraente generale tutte le varianti necessarie ad emendare i vizi o ad integrare le omissioni o le carenze del progetto definitivo, così come verificato ed eventualmente modificato dal contraente generale in sede di gara”; la disposizione esclude, pertanto che il contraente generale possa avvalersi di eventuali errori o omissioni del progetto, non solo riconducibili a quello esecutivo dallo stesso redatto, ma anche a quello definitivo posto in gara.
Al riguardo, si ritiene che la complessità e vastità dell’intervento nonché la specificità di talune opere, quali le gallerie, possano effettivamente comportare la necessità di modifiche agli interventi previsti in sede di progetto, senza che ciò costituisca una evidente omissione progettuale; ciò con particolare riferimento alle indagini geologiche effettuate per la redazione del progetto.
La questione relativa al contenzioso sviluppatosi in corso d’opera appare meritevole di particolare attenzione, sia in relazione alla valutazione dell’effettivo impatto che le circostanze verificatesi possono aver determinato sull’esecuzione dei lavori, sia in relazione all’ammissibilità, in generale, di talune riserve nel caso di affidamento a contraente generale.

Si riscontra, al riguardo, come le modalità con cui sono state avanzate ed esaminate le riserve, siano state sostanzialmente simili a quelle di un appalto ordinario; l’affidamento a contraente generale dovrebbe presupporre, invece, valutazioni particolari, stante la più ampia libertà e responsabilità organizzativa posta in capo al soggetto affidatario rispetto a quella di un appalto tradizionale, in quanto oggetto dell’affidamento è la “realizzazione con qualsiasi mezzo dell’opera, nel rispetto delle esigenze specificate nel progetto preliminare o nel progetto definitivo redatto dal soggetto aggiudicatore e posto a base di gara, contro un corrispettivo pagato in tutto o in parte dopo l’ultimazione dei lavori” (art. 9 del D.lgs. 190/2002 vigente all’epoca dell’appalto e così ripreso dall’art. 176 del D.lgs. n. 163/2006).
E’ rimesso, pertanto, al contraente generale un obbligo di risultato; ha, tra l’altro, il compito di redigere il progetto esecutivo, verificando il definitivo redatto dal committente, redigere le eventuali varianti che si dovessero rendere necessarie in corso d’opera e curare direttamente rapporti con enti terzi, quali i gestori delle interferenze.  
Si ritiene, comunque, che le particolari condizioni che connotano il contratto di contraente generale, richiedendo allo stesso di porre in atto misure adeguate per superare le criticità che si evidenziano in corso d’opera, presuppongono che lo stesso, in relazione alle medesime criticità, possa adeguatamente riorganizzare le proprie attività di cantiere, nell’ambito del vasto intervento, evitando, per quanto possibile la diseconomica utilizzazione di manodopera e mezzi. In sostanza, i maggiori oneri dovrebbero derivare esclusivamente da circostanze del tutto imprevedibili, tali da non consentire una riprogrammazione delle attività contestuale alle stesse, ed il calcolo degli stessi dovrebbe essere limitato ai tempi strettamente necessari a consentire l’attivazione di adeguati correttivi nell’impiego delle risorse e non all’intera durata dell’impedimento.
Inoltre, è evidente come debbano essere evitate valutazioni del tutto teoriche, sulla base di dati tabellari circa l’impiego della manodopera e mezzi nelle lavorazioni che costituiscono l’intervento.
Appare necessario, pertanto:
·         il riferimento a dati concreti e documentati circa le risorse effettivamente impiegate dal contraente generale nelle lavorazioni oggetto delle riserve;
·         un attento controllo, da parte della direzione lavori e dell’alta sorveglianza, relativamente alla stretta attinenza tra circostanze imprevedibili verificatesi in corso d’opera e gli impedimenti lamentati;
·         una verifica dell’adeguatezza e tempestività delle misure intraprese dal contraente generale, al fine di superare le circostanze impeditive o dirottare manodopera e mezzi più proficuamente su altre lavorazioni.
E’ evidente il rischio, in assenza di tali controlli e verifiche, di imputazione al committente di oneri puramente teorici o connessi ad eventuali diseconomicità derivanti da carenze organizzative del contraente generale, che impediscono allo stesso di raggiungere la produttività programmata.
Per quanto attiene alla fase di esecuzione degli interventi, rilevato come le richieste risarcitorie avanzate dal contraente generale siano collegate principalmente alla ridotta produttività, invita l’ANAS e, tramite questa, i soggetti coinvolti nella definizione del contenzioso (Direttore dei lavori, Responsabile del procedimento, Collaudatori, Componenti di commissioni ex art. 240 del D.lgs. n.163/2006) ad adottare, nell’esame delle riserve, opportune cautele che evitino il rischio di imputazione al committente di oneri puramente teorici o riconducibili a carenze organizzative dello stesso contraente generale; in particolare invita a circoscrivere adeguatamente l’accoglimento delle richieste risarcitorie a casi eccezionali, limitatamente alle misure e ai tempi strettamente necessari alla riorganizzazione dell’attività da parte dell’appaltatore e ai costi dallo stesso effettivamente sostenuti e documentati.

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06 maggio 2012

OFFERTA A PREZZI UNITARI


Tratto dalla Sentenza N.4145/2003 del 11/7/2003 del Consiglio di Stato (Sezione Sesta).
Il sistema delineato dall’art. 90 del DPR n. 554/1999, (ora art. 119 del DPR n. 207/2010), prevede un sistema concluso, volto a risolvere, nell’ottica della certezza e della trasparenza delle operazioni di affidamento degli appalti, ogni incertezza che possa insorgere in un’offerta articolata quale quella per prezzi unitari, in modo da prevenire contestazioni circa l’effettiva volontà della parte privata, in caso di discordanze fra le diverse componenti dell’offerta stessa.
In sede regolamentare, il legislatore (che pure avrebbe potuto sanzionare di nullità tutte le offerte contenenti dati non congruenti fra loro), ha preferito privilegiare, per quanto possibile, la conservazione delle offerte medesime, risolvendo le ipotesi di ambiguità della manifestazione di volontà non attraverso una (sempre controvertibile) ricostruzione dell’effettiva volontà dell’offerente, ma attribuendo alla dichiarazione equivoca un contenuto legalmente sostitutivo, maggiormente idoneo, per il suo carattere predeterminato e obiettivo, a garantire la trasparenza della procedura e la connessa par condicio dei concorrenti.
A tal fine è preordinato, innanzi tutto, il secondo comma dell’art. 90 (ora art.119), il cui dato testuale è tassativo nello stabilire (dopo aver indicato le regole per la compilazione dell’offerta) che:
a) in calce al modulo vanno indicati il prezzo complessivo offerto ed il corrispondente ribasso percentuale rispetto al prezzo posto a base d’asta;
b) il prezzo complessivo e il ribasso vanno indicati in cifre e in lettere;
c) in caso di discordanza (quale che sia la causa e l’entità di tale discordanza) “prevale il ribasso percentuale indicato in lettere”.
La semplice lettura della norma, condotta secondo il suo significato letterale e le sue concordanze sintattiche, conduce alla piana conclusione che con essa si è posto un criterio di chiusura, volto a dare prevalenza, in tutti i casi di discordanza fra i dati indicati in calce al modulo di offerta (riferiti sia al prezzo sia alla percentuale di ribasso), al ribasso percentuale indicato in lettere, sì da precludere alla Commissione di gara ogni intervento correttivo sull’offerta, ai fini dell’aggiudicazione.
E che un intervento siffatto sia precluso in radice, in questa fase del procedimento, è dimostrato dalla previsione del sesto comma dell’art. 90 (ora art. 119), il quale recita coerentemente: “Nel giorno e nell'ora stabiliti nel bando di gara, l'autorità che presiede la gara apre i plichi ricevuti e contrassegna ed autentica le offerte in ciascun foglio e le eventuali correzioni apportate nel modo indicato nel comma 5; legge ad alta voce il prezzo complessivo offerto da ciascun concorrente ed il conseguente ribasso percentuale e procede all'aggiudicazione in base al ribasso percentuale indicato in lettere ai sensi di quanto previsto all'articolo 89, commi 2 e 4”.
Il che conferma che tra i poteri della Commissione non rientra la correzione delle offerte, ma solo la valutazione di congruità di quelle risultate anomale, in applicazione delle disposizioni di legge, restando fermo l’obbligo di aggiudicazione a quella che, superata la verifica condotta in base alle giustificazioni, abbia offerto il maggior ribasso percentuale indicato in lettere.
E del resto, ove si riconoscesse un potere di correzione alla Commissione dei dati indicati dai partecipanti, per ricondurre a congruenza gli stessi, secondo la valutazione soggettiva dell’organo, non si avrebbe alcuna precostituita certezza né circa i contenuti delle offerte né circa la soglia di anomalia da individuare.
Poiché i criteri dettati dal secondo comma dell’art. 90 del DPR n. 554/99 (ora art. 119 del DPR n. 207/2010) sono preordinati esclusivamente a risolvere le ambiguità ai fini dell’individuazione dell’offerta aggiudicataria, ma non eliminano dette ambiguità dal corpo dell’offerta stessa, il settimo comma dello stesso art. 90 si occupa della “chiusura” del sistema, attraverso la rimozione delle incongruenze, in modo da definire esattamente i contenuti dell’offerta, ai fini dell’esecuzione del contratto.
Tale operazione – che è affidata alla stazione appaltante e si svolge in un momento successivo all’aggiudicazione definitiva e prima della stipulazione del contratto - è disciplinata anch’essa analiticamente con criteri coerenti con quelli indicati al secondo comma.
In particolare, dopo aver proceduto alla verifica dell’esattezza dei calcoli dei prezzi unitari, l’Amministrazione, ove riscontri una discordanza fra il prezzo complessivo (eventualmente corretto) e quello corrispondente al ribasso percentuale offerto, deve provvedere a correggere tutti i prezzi unitari “in modo costante in base alla percentuale di discordanza”.
Infine, i prezzi così corretti costituiscono “l’elenco dei prezzi unitari contrattuali”, da valere in sede di esecuzione dell’appalto.

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01 maggio 2012

OFFERTA ECONOMICAMENTE PIÙ VANTAGGIOSA PER I CONTRATTI DI SERVIZI E FORNITURE


L’Autorità, nella determinazione n. 7 del 2011, ha ritenuto che la stazione appaltante, al fine di utilizzare il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa in modo corretto ed efficace, deve prendere in considerazione una serie di variabili, mettendo in atto una vera e propria strategia di gara, cercando di delineare ex ante i possibili scenari, alla luce dei diversi obiettivi da perseguire. In particolare, la stazione appaltante deve individuare nel bando di gara i criteri, i sub- criteri di valutazione ed i relativi pesi e sub-pesi, nonché i metodi di formazione della graduatoria in relazione alla risposta attesa dal mercato ed alla tipologia di servizi o di forniture.
In tale prospettiva, riveste importanza fondamentale l’operazione di definizione dei pesi ponderali da assegnare a ciascun criterio e sub-criterio di valutazione, cioè del livello di utilità per la stazione appaltante, connessa a ciascun profilo in cui si scompone l’offerta. Una ponderazione non coerente con gli obiettivi può, infatti, portare a risultati erronei o diversi da quelli desiderati dalla stazione appaltante stessa. Può verificarsi che la stazione appaltante voglia aggiudicare la commessa alla miglior offerta sul piano qualitativo ma, invece, l’articolazione dei pesi determina l’aggiudicazione alla migliore offerta sostanzialmente sul piano economico.
L’Autorità, per queste ragioni, ha sottolineato che, ai fini di una corretta valutazione delle offerte, occorre attribuire agli elementi di valutazione pesi equilibrati in modo da evitare di attribuire eccessiva preponderanza ad uno dei criteri, tale da escludere qualsiasi rilievo per tutti i restanti: in tal caso infatti la stazione appaltante baserebbe la propria valutazione sulla base di un unico criterio (per esempio il prezzo) mentre il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa si fonda su una pluralità di elementi tra loro integrati, come previsto dalla disciplina legislativa.
In particolare, può affermarsi che, quando per l'aggiudicazione della gara sia stato prescelto il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, ferma restando la discrezionalità della stazione appaltante nella determinazione degli elementi e dei relativi pesi o punteggi, la natura propria del criterio, postulante la ricerca di un equilibrio tra prezzo e qualità, necessariamente correlato alla specificità di ciascun affidamento, non deve essere tradita, riconoscendosi al criterio prezzo un peso ponderale sproporzionato rispetto a quello attribuito agli altri criteri da tenere in considerazione nella scelta dell’offerta migliore. Il prezzo deve essere combinato con gli altri criteri onde assicurare, da un lato, alla stazione appaltante il risultato migliore e più conveniente e, dall’altro, consentire ai partecipanti di confidare in una uniforme valutazione dell’offerta. Ne deriva la grande importanza di effettuare, in sede di impostazione della gara, simulazioni di vario tipo, prima di cristallizzare la scelta definitiva negli atti.
Pertanto, nella determinazione è stato precisato che l’individuazione del corretto rapporto tra le due componenti, deve essere effettuata dalla stazione appaltante sulla base di una preliminare valutazione correlata:
- al mercato di riferimento ed alle tipologie di tecnologie presenti e dei relativi costi;
- al numero dei potenziali concorrenti in grado di garantire soluzioni idonee e qualitativamente rispondenti ai requisiti ricercati;
- al grado di puntualità delle specifiche tecniche poste a base di gara.
La valutazione effettuata ex ante dalla stazione appaltante deve considerare anche gli effetti del metodo di attribuzione dei punteggi prescelto nel bando di gara.
L’allegato P al dPR n. 207 del 2010 prevede alcuni metodi multicriteri per la formazione della graduatoria delle offerte, quali il metodo aggregativo compensatore, il metodo electre, il metodo topsis ecc., e due formule per la determinazione dei coefficienti variabili tra 0 e 1 strumentali per l’attribuzione dei punteggi all’elemento prezzo. Tali formule, certamente coerenti con i principi comunitari come esplicitati dalla giurisprudenza interna, possono tuttavia determinare in presenza di talune circostanze concomitanti un effetto tale da far pesare di fatto nell’aggiudicazione l’elemento prezzo in modo relativamente più elevato rispetto agli altri elementi di valutazione di natura qualitativa, come previsti nel bando di gara.
L’Autorità ha rilevato che tale fenomeno si può verificare quando sono previsti nel bando criteri di valutazione quantitativi, quindi misurabili, e criteri qualitativi, quindi non misurabili e la graduatoria delle offerte va determinata con il metodo aggregativo compensatore. In tal caso qualora i ribassi siano molto contenuti può risultare che l’aspetto economico, fondato sul ribasso offerto, pesi di fatto in misura relativamente più consistente nella determinazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, anche se, in assoluto, cioè in entità di euro risparmiati, i vantaggi per la stazione appaltante sono poco elevati.
In altri termini, quando sussistono le circostanze prima evidenziate, nel caso in cui vi siano ribassi non elevati e vicini tra di loro, le differenze tra i punteggi possono risultare molto consistenti ma non rispecchiare le differenze tra le offerte in termini di prezzo. La conseguenza pratica è che può vincere la gara un’offerta di un concorrente che, in termini assoluti, offre un prezzo di poco più basso ma che per effetto della situazione sopra descritta riceve un punteggio per il prezzo molto elevato, ribaltando la graduatoria degli aspetti qualitativi, diversamente dall’articolazione dei pesi stabilita dalla stazione appaltante nel bando di gara.
Considerati tali effetti, la stazione appaltante, qualora rilevi che, nelle gare svoltesi in precedenza, aventi lo stesso oggetto di quella da indire, i ribassi offerti avevano valori contenuti, deve valutare in modo particolarmente attento il peso da attribuire all’offerta economica in modo da ridurre la possibile incidenza della anomalia rilevata.
Si sottolinea, tuttavia, che, in questo caso, la migliore soluzione sarebbe quella di non applicare il metodo aggregativo compensatore ma il metodo electre che, come dimostrato nel Quaderno “Il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa” pubblicato sul sito dell’Autorità,non presenta l’anomalia rilevata e pertanto il peso del prezzo non rischia di diventare determinante in modo irrazionale.
Inoltre, si richiama la necessità, al fine di garantire il mantenimento del rapporto fra i pesi dei criteri qualitativi e del criterio del prezzo, di prevedere nel bando di gara la procedura della “riparametrazione” dei punteggi attribuiti ai criteri qualitativi, qualora suddivisi in sub-criteri, come illustrato nella determinazione n. 7 del 2011, paragrafo 5.2. Parere dell’AVCP n.8 del 22/3/2012.

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25 aprile 2012

PERIZIE DI VARIANTE NEI CONTRATTI A CORPO


Nel contratto di appalto i cui corrispettivi sono stabiliti “a corpo”, l’offerente formula la propria offerta economica, attraverso la determinazione, a proprio rischio e sulla base dei grafici di progetto e delle specifiche tecniche contenute nel capitolato speciale d’appalto, dei fattori produttivi necessari per la realizzazione dell’opera, così come risulta dal progetto, finita in ogni sua parte (quantità e costi dei materiali occorrenti, produttività e costi delle maestranze e dei tecnici nonché modalità esecutive).
Da ciò discende la immodificabilità del prezzo determinato “a corpo”, con assunzione a carico dell’appaltatore dell’alea rappresentata dalla maggiore o minore quantità dei fattori produttivi che si renda necessaria rispetto a quella prevista nell’offerta.
Il concetto di immodificabilità del prezzo “a corpo” non è però assoluto ed inderogabile, trovando il limite nella pedissequa rispondenza dell’opera da eseguire ai disegni esecutivi ed alle specifiche tecniche (che comprendono le prestazioni tecniche dei vari materiali e componenti e le relative modalità esecutive) entrambi forniti dalla stazione appaltante e sulla base dei quali l’offerente ha eseguito i propri calcoli e proprie stime economiche e si è determinato a formulare la propria offerta, ritenendola congrua e conveniente rispetto alle prestazioni da eseguire.
E che il progetto (caratterizzato dai disegni esecutivi e dalle specifiche tecniche) costituisca un fondamentale elemento di riferimento nel contratto di appalto con corrispettivo “a corpo”, si riscontra anche dalla lettura dell’art. 1661 c.c, laddove è, appunto, prevista come causa di derogabilità alla immodificabilità del prezzo, la variazione, tipologica e dimensionale, dell’opera. A conferma di ciò, la centralità attribuita dal legislatore della Merloni alla fase della progettazione, che ha portato la stessa ad una definizione approfondita, graduale rispetto alla tre fasi previste, che comporta un livello previsionale che lascia pochissimi spazi a variazioni in fase esecutiva.
La predeterminazione del sinallagma contrattuale viene meno, pertanto, allorché vi sia una modifica dei disegni esecutivi (e quindi una modifica dell’oggetto del contratto) che comporti la necessità di maggiori (ovvero minori) quantità di opere o lavorazioni rispetto a quelle stimate al momento della fissazione del prezzo e della conseguente formulazione dell’offerta da parte dell’appaltatore; oppure vi sia una variazione delle specifiche tecniche, previste nel progetto facente parte del contratto, che, allo stesso modo di cui sopra, variando l’oggetto del contratto, comportino maggiori o minori costi ed oneri per l’appaltatore.
Verificandosi una simile evenienza, con la conseguenza di far esorbitare il rischio assunto con l’offerta “a corpo” fuori della normale ed accettabile alea, ci si trova di fronte alla necessità di rideterminare il prezzo “a corpo”, non assolvendo più quest’ultimo alla sua naturale funzione.
Alla suddetta rideterminazione del prezzo “a corpo” le parti contraenti perverranno assumendo a base di calcolo il prezzo “a corpo” offerto dall’appaltatore cui dovranno aggiungere o diminuire le quantità e le qualità variate in aumento o in diminuzione ovvero le diverse prestazioni richieste, valorizzate per i corrispondenti prezzi contrattuali che sono quelli dell’offerta a prezzi unitari, nel caso si sia aggiudicato l’appalto con tale modalità, oppure quelli dell’elenco prezzi posto a base di gara, nel caso si sia seguita, come nel caso in esame, la modalità di offerta di ribasso sull’importo dei lavori posto a base di gara
Nel computare le richiamate quantità, le parti contraenti dovranno riferirsi unicamente a quelle quantità previste nel progetto e determinabili con valutazioni oggettive con riferimento ai disegni, sulla cui unica base l’appaltatore medesimo ha formulato la propria offerta e non anche ad altri elementi quantitativi (quali ad esempio le stime predisposte dal committente), carenti di rilevanza contrattuale per la loro esclusiva funzione di rappresentare il metodo seguito per pervenire alla determinazione del presunto prezzo complessivo dell’opera da porre a base di gara. Allo stesso modo si dovrà procedere in caso di variazioni delle specifiche tecniche.
Per gli appalti a corpo, quindi, i lavori in variante, riguardanti le lavorazioni ricomprese nell’appalto principale, possono essere disposti esclusivamente per le opere in più o in meno rispetto alle previsioni di progetto con la conseguenza che la perizia non deve rielaborare le quantità dei lavori non interessanti le variazioni supplementari o riduttive, anche se le quantità originarie, previste nei computi metrici del progetto, sono di valore differente rispetto alle quantità risultanti in fase di esecuzione; in caso contrario si cadrebbe nell’equivoco di trasformare in sede consuntiva un appalto a corpo in un appalto a misura.

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APPALTO “A CORPO” ED “A MISURA”: DIFFERENZE


TAR Lombardia, Milano, sez. III, 3 febbraio 2006, n. 175
Le peculiarità che contraddistinguono l’appalto a corpo da quello a misura non attengono alla fase preliminare della scelta del contraente, che si effettua con uno dei procedimenti ad evidenza pubblica predisposti dall’ordinamento, bensì in quella esecutiva, conseguente alla stipulazione del contratto.
Difatti, mentre nell’appalto a misura il corrispettivo può variare in più o in meno, rispetto all’ammontare pattuito, in funzione della maggiore o minore quantità di lavoro effettivamente eseguito, nell’appalto a corpo rileva il “rischio” a carico dell’impresa, dato che il prezzo globale pattuito rimane invariato qualunque sia la quantità di maggior lavoro che venga eventualmente a gravare sull’appaltatore. Anche per il contratto a corpo sussiste l’esigenza di pubblico interesse che le opere previste siano realizzate a condizioni di minor possibile dispendio di risorse finanziarie, compatibilmente con l’esigenza di conseguire il massimo risultato in termini di congruità ed efficienza dell’opera stessa in relazione alle finalità pubbliche da soddisfare. L’appalto a corpo si caratterizza, quindi, per l’invariabilità del prezzo globalmente pattuito al quale “naturalmente” accede la conseguente alea incombente sull’appaltatore (cfr., in termini, Consiglio di Stato, sez. VI, 20 maggio 1997 n. 740, nonché T.A.R. Piemonte, sez. II, 31 maggio 1996, n. 319).

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CONTRATTO DI LAVORI STIPULATO A CORPO


Lodo arbitrale Roma 25/01/2010 n. 8/2010
Nell’appalto a corpo l’appaltatore sopporta il rischio delle quantità rispetto al prezzo pattuito, ma nell’ambito (e non potrebbe essere diversamente) di quanto disegnato e progettato, senza che ciò legittimi la trasformazione dell’appalto in un contratto aleatorio, né escluda che competano all’appaltatore compensi per i maggiori oneri sostenuti in dipendenza di circostanze a lui non imputabili.
La pattuizione di immodificabilità del prezzo in cui l’appaltatore assume, sulla base del progetto a base di gara, il carico dell’alea rappresentata dalla maggiore o minore quantità dei fattori produttivi che concorrono alla realizzazione dell’opera, e la contemporanea necessità di non sovvertire l’equilibrio del sinallagma contrattuale, accentuano l’ineludibile necessità di un adeguato approfondimento del progetto esecutivo ad un livello tale da definire in modo compiuto l’opera da realizzare, al fine di garantire la possibilità di individuare le singole parti dell’opera ed assicurare la pedissequa rispondenza della medesima agli elaborati grafici ed alle specifiche tecniche.
Le modalità di pagamento del corrispettivo “a corpo” non trasformano, dunque, l’appalto in un contratto aleatorio. Come ricordato dall’Autorità di Vigilanza per i Lavori Pubblici nella deliberazione n. 51 del 21/2/2002 “…che il progetto (caratterizzato dai disegni esecutivi e dalle specifiche tecniche) costituisca un fondamentale elemento di riferimento nel contratto di appalto con corrispettivo “a corpo”, si riscontra anche dalla lettura dell’art. 1661 c.c., laddove è, appunto, prevista come causa di derogabilità alla immodificabilità del prezzo la variazione, tipologica e dimensionale, dell’opera. A conferma di ciò la centralità attribuita dal legislatore della Merloni alla fase della progettazione, che ha portato la stessa ad una definizione approfondita, graduale rispetto alle tre fasi previste, che comporta un livello revisionale che lascia pochissimi spazi a variazioni in fase esecutiva.
La predeterminazione del sinallagma contrattuale viene meno, pertanto, allorché vi sia una modifica dei disegni esecutivi (e quindi una modifica dell’oggetto del contratto) che comporti la necessità di maggiori (ovvero minori) quantità di opere o di lavorazioni rispetto a quelle stimate al momento della fissazione del prezzo e della conseguente formulazione dell’offerta da parte dell’appaltatore; oppure vi sia una variazione delle specifiche tecniche, previste nel progetto facente parte del contratto, che, allo stesso modo di cui sopra, variando l’oggetto del contratto, comportino maggiori o minori costi ed oneri per l’appaltatore. Verificandosi una simile evenienza, con la conseguenza di far esorbitare il rischio assunto con l’offerta “a corpo” fuori della normale ed accettabile alea, ci si trova di fronte alla necessità di rideterminare il prezzo “a corpo”, non assolvendo più quest’ultimo alla sua naturale funzione”. Il Collegio ritiene, quindi, che il rischio che l’appaltatore assume nell’appalto “a corpo” non può estendersi illimitatamente in violazione dei presupposti che sovrintendono all’equilibrio sinallagmatico del rapporto, soprattutto in presenza di gravi carenze del progetto esecutivo, come nel caso di specie. 

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