04 marzo 2012

IMPRESA ESCLUSA PER RAGIONI DI INAFFIDABILITÀ


In tema di appalti pubblici, "in presenza di una ragionevole scelta legislativa (art. 38 c. 1 lett. f del d.lgs. 163 del 2006) di consentire il rifiuto di aggiudicazione per ragioni di inaffidabilità dell'impresa - esemplificativamente indicate in ipotesi di mala fede o colpa grave emerse nella esecuzione del pregresso rapporto o di serie carenze di professionalità emergenti dal passato aziendale - il sindacato di legittimità del giudice amministrativo nello scrutinio di un uso distorto di tale rifiuto deve prendere atto della chiara scelta di rimettere alla stessa stazione appaltante la individuazione del punto di rottura dell'affidamento nel pregresso e/o futuro contraente. 
Il sindacato sulla motivazione del rifiuto deve, pertanto e specularmente, essere rigorosamente mantenuto sul piano della verifica della non pretestuosità della valutazione degli elementi di fatto esibiti dall'appaltante come ragioni del rifiuto e non può avvalersi, onde ritenere avverato il vizio di eccesso di potere, di criteri che portano ad evidenziare la mera non condivisibilità della valutazione stessa (ove si recepiscano, come ha fatto il giudice amministrativo, le considerazioni esposte dal consulente). L'adozione di siffatti criteri di non condivisione, infatti, nella parte in cui comporta una sostituzione nel momento valutativo riservato all'appaltante, determina non già un mero errore di giudizio (insindacabile in questa sede) ma uno sconfinamento nell'area ex lege riservata all'appaltante stesso e quindi vizia, per ciò, solo, la decisione, tale sconfinamento essendo ravvisabile anche quando il giudice formuli direttamente e con efficacia immediata e vincolante gli apprezzamenti e gli accertamenti demandati all'amministrazione" (S.U. n. 2525 del 1964).

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