IMPRESA ESCLUSA PER RAGIONI DI INAFFIDABILITÀ
In
tema di appalti pubblici, "in presenza di una ragionevole scelta
legislativa (art. 38 c. 1 lett. f del d.lgs. 163 del 2006) di consentire il
rifiuto di aggiudicazione per ragioni di inaffidabilità dell'impresa -
esemplificativamente indicate in ipotesi di mala fede o colpa grave emerse
nella esecuzione del pregresso rapporto o di serie carenze di professionalità
emergenti dal passato aziendale - il sindacato di legittimità del giudice
amministrativo nello scrutinio di un uso distorto di tale rifiuto deve prendere
atto della chiara scelta di rimettere alla stessa stazione appaltante la
individuazione del punto di rottura dell'affidamento nel pregresso e/o futuro
contraente.
Il
sindacato sulla motivazione del rifiuto deve, pertanto e specularmente, essere
rigorosamente mantenuto sul piano della verifica della non pretestuosità della
valutazione degli elementi di fatto esibiti dall'appaltante come ragioni del
rifiuto e non può avvalersi, onde ritenere avverato il vizio di eccesso di
potere, di criteri che portano ad evidenziare la mera non condivisibilità della
valutazione stessa (ove si recepiscano, come ha fatto il giudice
amministrativo, le considerazioni esposte dal consulente). L'adozione di
siffatti criteri di non condivisione, infatti, nella parte in cui comporta una
sostituzione nel momento valutativo riservato all'appaltante, determina non già
un mero errore di giudizio (insindacabile in questa sede) ma uno sconfinamento
nell'area ex lege riservata all'appaltante stesso e quindi vizia, per ciò,
solo, la decisione, tale sconfinamento essendo ravvisabile anche quando il
giudice formuli direttamente e con efficacia immediata e vincolante gli
apprezzamenti e gli accertamenti demandati all'amministrazione" (S.U. n. 2525
del 1964).
E'
quanto ha affermato la Corte di Cassazione Sezione Unite Civili con la sentenzan.2312 del 17 febbraio 2012.
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