06 dicembre 2009

LA PUBBLICITÀ DELLE SEDUTE DI GARA E’ PRINCIPIO GENERALE

Il principio di pubblicità delle sedute trova immediata applicazione, indipendentemente da una sua espressa previsione nell'ambito della lex specialis di gara, poiché costituisce una regola generale, riconducibile direttamente ai principi costituzionali di imparzialità e buon andamento, di cui all'articolo 97 della Costituzione oltre che riconosciuto dall’articolo 2 del codice. Detto principio trova applicazione pure in sede di procedura negoziata, non potendo costituire deroga un’ordinanza commissariale, legittimante solo alla trattativa privata anche per importi superiori a quelli previsti dalle disposizioni di legge.
La pubblicità trova esplicazione nella fase di verifica della documentazione amministrativa e in quella di apertura delle buste contenenti le offerte economiche, potendo la stazione appaltante procedere in forma riservata solo laddove debba compiere operazioni di valutazione di carattere tecnico-discrezionale in ordine alle offerte presentate. È quanto affermato dal T.A.R. Sardegna, sez. I, nella recente sentenza 5 novembre 2009, n. 1609. Il principio di pubblicità rappresenta non solo la principale manifestazione del principio di trasparenza amministrativa nelle pubbliche gare, ma, soprattutto, un’essenziale garanzia partecipativa dei concorrenti. Inoltre, la sua violazione vizia l’intera procedura di gara, indipendentemente dalla dimostrazione di un concreto pregiudizio, eventualmente sofferto da qualche impresa concorrente (Cons. Stato, sez. V, n. 1445/2006).
Il T.A.R. Lazio (Roma, sez. III-ter), nella sentenza n. 951/2008, ha rilevato che il principio di pubblicità delle sedute di gara è inderogabile per ogni tipo di gara, almeno per quanto riguarda la fase di verifica della integrità dei plichi contenenti la documentazione amministrativa e l'offerta economica, oltre che di apertura dei plichi medesimi, costituendo eccezione la sola fase di valutazione tecnico-qualitativa dell'offerta, la quale non può essere effettuata se non in sede riservata, onde evitare, appunto, forme di condizionamento o di influenza sui giudizi dei membri della commissione giudicatrice.