14 novembre 2010

ANCHE GLI ENTI PUBBLICI RIENTRANO NELLA DEFINIZIONE COMUNITARIA DI OPERATORI ECONOMICI

La sola natura di organismo di diritto pubblico del soggetto che svolge il servizio per la stazione appaltante non consente di escludere, in ogni caso, l’esistenza di un appalto e, dunque, la necessità di svolgere un procedimento concorsuale rispettoso delle disposizioni del codice dei contratti.
Infatti, anche gli enti pubblici rientrano nella definizione comunitaria di operatori economici, in particolare, se si tratta di enti pubblici economici.
Quanto agli enti pubblici non economici, di recente la Corte di Giustizia (quarta sezione sentenza 23 dicembre 2009, causa C-305/08) ha chiarito che le Università e gli istituti di ricerca che non perseguono un preminente scopo di lucro devono poter partecipare a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, qualora siffatti soggetti siano autorizzati dal diritto nazionale ad offrire sul mercato i servizi oggetto dell’appalto considerato; ciò, in quanto “l’art. 1, n. 8, primo e secondo comma, della direttiva 2004/18 riconosce la qualità di operatore economico non soltanto a ogni persona fisica o giuridica, ma anche, in modo esplicito, a ogni ente pubblico, nonché ai raggruppamenti costituiti da tali enti, che offrono servizi sul mercato. Pertanto, la nozione di ente pubblico può includere anche organismi che non perseguono un preminente scopo di lucro, che non hanno una struttura d’impresa e che non assicurano una presenza continua sul mercato”.

Recentemente, la Corte di Giustizia (cfr. sentenza 9 giugno 2009, causa C-480/06, Commissione delle Comunità europee c. Repubblica federale di Germania) ha affermato che è legittimo il contratto stipulato da alcune circoscrizioni amministrative relativo allo smaltimento dei rifiuti direttamente con i servizi della nettezza urbana di un Comune anche se in assenza di una gara d’appalto a livello comunitario, in quanto un’autorità pubblica può adempiere compiti di interesse pubblico mediante propri strumenti o in collaborazione con altre autorità pubbliche.
Nell’ipotesi in cui tale contratto costituisce il fondamento per la costruzione e gestione future di un impianto destinato all’espletamento di un servizio pubblico (nel caso di specie la termovalorizzazione dei rifiuti), se è stato stipulato solo da autorità pubbliche senza la partecipazione di una parte privata e non prevede né pregiudica l’aggiudicazione degli appalti eventualmente necessari per l’espletamento del servizio pubblico (nella specie la costruzione e gestione dell’impianto di trattamento dei rifiuti), non viola la normativa comunitaria in materia di appalti pubblici5. In buona sostanza, si ammette una forma di cooperazione orizzontale tra amministrazioni aggiudicatrici, quando la stessa comporta la conclusione di contratti non coperti dalla normativa comunitaria e sempre che ricorrano le seguenti condizioni:
• sono coinvolte solo entità pubbliche;
• la cooperazione deve essere finalizzata ad assicurare la realizzazione congiunta di un servizio pubblico con una effettiva condivisione di compiti pubblici e responsabilità;
• tale cooperazione non deve comportare trasferimenti finanziari, a parte quelli corrispondenti ai costi effettivi sostenuti per le prestazioni;
• vi è il perseguimento di interessi esclusivamente pubblici senza coinvolgere anche considerazioni di natura commerciale. Al riguardo, si veda anche la circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 9 marzo 2010 avente ad oggetto la “cooperazione tra amministrazioni pubbliche (cooperazione pubblico-pubblico), ed in particolare gli accordi ex art.15 della legge n. 241 del 1990”.
Parte della giurisprudenza nazionale ha sostenuto che il nostro ordinamento prevede numerosi istituti che consentono un’agevole trasposizione dei principi espressi dalla Corte di Giustizia nella sentenza esaminata, il principale dei quali disciplinato proprio dall’art. 15 L. n. 241/90, secondo il quale “le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune”. (vedi Tar Lombardia, Milano, sentenza n. 74 del 19 gennaio 2010, nella quale si ritiene legittimo l’avviso di selezione per l’affidamento dell'incarico di studio e di consulenza tecnico-scientifica per la redazione del Piano di Governo del Territorio comunale rivolto alle sole Università, sul presupposto che concretamente non si è dato luogo ad alcuna vera e propria procedura di evidenza pubblica, ma ad un accordo tra Enti Pubblici, sebbene preceduto da una fase di potenziale scelta tra più Università eventualmente interessate.)

D’altro canto, altra recente giurisprudenza (TAR Puglia, Lecce, Sez. II, 2 febbraio 2010, n. 417 e n. 418) ha annullato le determinazioni assunte da una Azienda sanitaria che aveva affidato la progettazione per la realizzazione di un nuovo plesso ospedaliero all’Università, senza espletare alcuna procedura di evidenza pubblica, utilizzando lo strumento convenzionale, ai sensi dell’articolo 15 della legge 241 citata.
(vedi Deliberazione dell’AVCP n. 50 del 27 Luglio 2010)