02 novembre 2010

RESPONSABILITÀ DELL’APPALTATORE

“… La responsabilità dell’appaltatore per gravi difetti dell’opera sancita dall’art. 1669 c.c. – difetti ravvisabili in qualsiasi alterazione dell’opera, conseguente ad un’inadeguata sua realizzazione, che, pur non riguardando parti essenziali della stessa e non determinandone, pertanto, la rovina od il pericolo di rovina, si traducano, tuttavia, in vizi funzionali di quegli elementi accessori o secondari che dell’opera stessa consentono l’impiego duraturo cui è destinata e tali, quindi, da incidere negativamente ed in considerevole misura sul godimento di essa, ciò che li distingue nettamente dai vizi e dalle difformità denunziabili, ex art. 1667 c.c., con l’azione di responsabilità contrattuale e per i quali non è richiesto che necessariamente incidano in misura rilevante sull’efficienza e la durata dell’opera – non è affatto di natura contrattuale, bensì extracontrattuale, in quanto intesa a garantire la stabilità e la solidità degli edifici e delle altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata per la tutela dell’incolumità personale dei cittadini, e, quindi, d’interessi generali inderogabili, che trascendono i confini ed i limiti dei rapporti negoziali tra le parti (Cass. 6.12.00 n. 15488, 2.10.00 n. 13003, 14.200 n. 1608, 7.1.00 n. 81)…”
“L’art. 1669 cod. civ. benché collocato fra le norme disciplinanti il contratto di appalto è diretto alla tutela dell’esigenza di carattere generale della conservazione e funzionalità degli edifici e di altri immobili destinati per loro natura a lunga durata. Conseguentemente, l’azione di responsabilità prevista da detta norma ha natura extracontrattuale e trascendendo il rapporto negoziale (appalto o vendita) in base al quale l’immobile è pervenuto nella sfera di un soggetto diverso dal costruttore, può essere esercitata nei confronti di quest’ultimo, quando abbia veste di venditore anche da parte degli acquirenti, i quali in tema di gravi difetti dell’opera possono fruire dei termini decennale di prescrizione ed annuale di decadenza (ex pluribus, da ultimo: Cass. 31.3.08 n. 7634, 13.1.05 n. 567, 29.3.02 n. 4622, 10.4.00 n. 4485, 6.2.96 n. 1203, 19.9.97 n. 9313, 27.8.97 n. 8109, 14.12.93 n. 12304) …”
“… l’identificazione degli elementi conoscitivi necessari e sufficienti onde possa individuarsi la “scoperta” del vizio ai fini del computo dei termini posti dall’art. 1669 c.c. – il primo di decadenza per effettuare la “denunzia” ed il secondo, che dalla denunzia stessa prende a decorrere, di prescrizione per promuovere l’azione – deve effettuarsi con riguardo tanto alla gravità dei vizi dell’opera quanto al collegamento causale di essi con l’attività progettuale e costruttiva espletata, sì che, non potendosi onerare il danneggiato di proporre senza la dovuta prudenza azioni generiche a carattere esplorativo o comunque suscettibili di rivelarsi infondate, la conoscenza completa, idonea a determinare il decorso del doppio termine, dovrà ritenersi conseguita, in assenza di convincenti elementi contrari anteriori, solo all’atto dell’acquisizione d’idonei accertamenti tecnici; per il che, nell’ipotesi di gravi vizi dell’opera la cui entità e le cui cause, a maggior ragione ove già oggetto di contestazioni tra le parti, abbiano, anche per ciò, rese necessario indagini tecniche, è consequenziale ritenere che una denunzia di gravi vizi da parte del committente possa implicare un’idonea ammissione di valida scoperta degli stessi tale da costituire il dies a quo per la decorrenza del termine di prescrizione ed, a maggior ragione, tale da far supporre una conoscenza dei difetti di tanto antecedente da implicare la decadenza, solo quando, in ragione degli effettuati accertamenti, risulti dimostrata la piena comprensione dei fenomeni e la chiara individuazione ed imputazione delle loro cause, per l’un effetto, alla data della denunzia e, per l’altro, a data ad essa convenientemente anteriore (cfr. Cass. 9.3.99 n. 1993, 18.11.98 n. 11613, 20.3.98 n. 2977,94 n. 8053).
Ciò non significa che il ricorso ad un accertamento tecnico possa giovare al danneggiato quale escamotage onde essere rimesso in termini quando dell’entità e delle cause dei vizi avesse già avuta idonea conoscenza, ma solo che compete al giudice del merito accertare se la conoscenza dei vizi e della loro consistenza fosse stata tale da consentire una loro consapevole denunzia prima ed una non azzardata iniziativa giudiziale poi, anche in epoca precedente, pur senza l’ulteriore supporto del parere d’un perito (cfr. Cass. 9.3.99 n. 1993,2.9.92 n. 1016)”.
(Cassazione Civile, sezione seconda, sentenza del 31 Gennaio 2008, n. 2313)