14 marzo 2011

RESPONSABILITÀ PRECONTRATTUALE EX ART. 1337 C.C.

La Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione (Sent. n. 12313/2005) ha stabilito che "in tema di responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c., l'ammontare del danno va determinato tenendo conto della peculiarità dell'illecito e delle caratteristiche della responsabilità stessa, la quale, nel caso d'ingiustificato recesso dalle trattative, postula il coordinamento tra il principio secondo il quale il vincolo negoziale sorge solo con la stipulazione del contratto e l'altro secondo il quale le trattative debbono svolgersi correttamente".
I Giudici hanno precisato che "pertanto, non essendo stato stipulato il contratto e non essendovi stata la lesione dei diritti che dallo stesso sarebbero nati, non può essere dovuto un risarcimento equivalente a quello conseguente all'inadempimento contrattuale; mentre, essendosi verificata la lesione dell’interesse giuridico al corretto svolgimento delle trattative, il danno risarcibile è unicamente quello consistente nelle perdite che sono derivate dall’aver fatto affidamento nella conclusione del contratto e nei mancati guadagni verificatisi in conseguenza delle altre occasioni contrattuali perdute (cd. interesse negativo)".
L'area del danno risarcibile nella responsabilità precontrattuale non consiste nell'intero pregiudizio risentito dalla controparte, bensì nel cosiddetto interesse negativo. La nozione di interesse negativo è correlata al diritto a non essere coinvolto in perdite di tempo e di risorse. Viene lesa la libertà contrattuale, concepita come impiego proficuo delle energie negoziali.
Il danno risarcibile nei limiti dell'interesse negativo (nel quale non può evidentemente rientrare il danno biologico e quello alla vita di relazione: cfr. Cass. Civ. Sez. II, 10649/94 ) deriva dal pregiudizio afferente all'aver confidato nella conclusione di un contratto che non è stato stipulato, nell'aver impiegato risorse nella conclusione di un contratto inutile (invalido o inefficace), infine ancora nell'aver concluso un contratto a condizioni che sarebbero state diverse qualora non si fosse manifestata l'ingerenza antigiuridica della condotta di un terzo.
Così precisate le fonti del danno, occorre verificare in che cosa consista più precisamente l'interesse negativo, quali siano in concreto le voci oggetto di risarcimento.
Giova a questo riguardo precisare che l'interesse negativo è pur sempre risarcibile (come accade per l'interesse positivo) nelle due componenti del danno emergente e del lucro cessante.
Il danno emergente si specifica nelle spese sostenute nel corso della trattativa (i viaggi, i prospetti di preventivo, i costi di progettazione, i compensi a tecnici specializzati il cui intervento è stato necessario per comprendere problematiche di speciale complessità), nelle ulteriori spese che siano state sopportate in previsione della prestazione (l'assunzione di maestranze specializzate, l'approntamento di attrezzature particolari etc.).
Il lucro cessante attiene invece alla perdita di ulteriori trattative che sarebbe stato possibile concludere se non si fosse sprecato tempo ed energie nella trattativa rimasta senza esito (Cass. Civ. Sez. I, 9157/95 ; Cass. Civ. Sez. II, 8778/94 ) ovvero culminata nel contratto invalido.
Tanto danno emergente quanto lucro cessante devono inoltre essere considerati quali conseguenza immediata e diretta rispetto alla mancata stipulazione del contratto, secondo la disposizione di cui all'art. 1223, richiamata dall'art. 2056 cod.civ., in accordo con la riconosciuta natura extracontrattuale della responsabilità in esame (Cass. Civ. Sez. III, 2973/93 ).
Si può aggiungere che, per questo motivo, non può ritenersi invece applicabile la limitazione, valevole solo in tema di responsabilità contrattuale, di cui all'art. 1225 cod.civ. (a proposito di danni prevedibili nel tempo di perfezionamento del vincolo contrattuale).
Occorre naturalmente dare conto, in base ai principi generali in materia di onere della prova (art. 2697 cod.civ. ), delle occasioni alternative perse in seguito alla trattativa inutile. In altri termini non è possibile dedurre automaticamente la possibilità di concludere un contratto quantomeno identico a quello perso, pretendendo di essere risarciti in base al guadagno che si sarebbe realizzato (Cass. Civ. Sez. II, 582/88 ).
Non si riconosce, al contrario, il risarcimento dell'interesse positivo, cioè il lucro che si sarebbe ottenuto se il contratto si fosse concluso. Tra le parti non è sorto infatti alcun vincolo contrattuale nè si può equiparare la fase che precede il perfezionamento del contratto a quella che lo segue.
Il debito relativo al risarcimento del danno conseguente alla lesione dell'interesse negativo, conformemente alla propria natura, deve essere considerato debito di valore e non di valuta (Cass. Civ. Sez. I, 4299/99 ).

Etichette: