13 marzo 2011

LEGITTIMO NEGARE L’AGGIUDICAZIONE DEFINITIVA QUANDO NON SAREBBE POSSIBILE L’ASSUNZIONE DELL’IMPEGNO DI SPESA

L’amministrazione si è indotta a non dare corso all’esito della gara perché non dispone dei fondi necessari per la realizzazione dell’opera: questa circostanza costituisce una motivazione congrua ed esaustiva, poiché il corretto svolgimento dell’azione amministrativa ed un principio generale di contabilità pubblica risalente all’art. 81 della Costituzione esigono che i provvedimenti comportanti una spesa siano adottati soltanto se provvisti di adeguata copertura finanziaria. D’altra parte, se specifiche ragioni di interesse pubblico possono consentire la revoca dell’aggiudicazione di un appalto (Cons. Stato, Sez. V, 24 ottobre 2000, n.5710), a maggior ragione deve riconoscersi che l’amministrazione è legittimata a negare l’aggiudicazione definitiva quando non sarebbe possibile l’assunzione dell’impegno di spesa.
Il carattere endoprocedimentale dell’atto rimosso, il mancato riferimento a vizi di legittimità, il richiamo alla sopravvenuta carenza di fondi indicano concordemente che si tratta non di un annullamento d’ufficio, ma di un diniego di approvazione.
Tuttavia, poiché la mancanza di fondi costituisce una circostanza oggettivamente impeditiva della realizzazione dell’opera, il principio di correttezza esigeva che, nel momento in cui è stato accertato o poteva essere accertato il venir meno della copertura finanziaria, il Ministero dei lavori pubblici disponesse il rinvio della gara. Siffatto comportamento, del quale non è stato fornita alcuna giustificazione, concreta una violazione del principio che impone alle parti di comportarsi secondo buona fede anche nelle attività precontrattuali e, per conseguenza, determina il configurarsi, a carico del Ministero, della responsabilità di cui al citato art. 1337 cod. civ. nei confronti della società appellante, che, per parte sua, ha partecipato alla gara avendo pieno titolo a confidare sulla affidabilità degli atti di gara, adottati dal concessionario in nome e per conto del Ministero.
Nell’ipotesi di responsabilità precontrattuale il danno risarcibile consiste, secondo la costante giurisprudenza, nella diminuzione patrimoniale che è diretta conseguenza del comportamento del soggetto che ha violato l’obbligo della correttezza, definito comunemente “interesse contrattuale negativo”. (La società appellante ha definito l’oggetto della domanda di risarcimento ai sensi dell’art. 1337 cod. civ. “nelle spese sopportate per l’approntamento della partecipazione alla gara, nonché nella perdita delle occasioni di lavoro alternative”, tuttavia, mentre ha esplicitato e specificato le spese sostenute non ha in alcun modo dimostrato l’entità dell’asserito pregiudizio derivante dalla perdita di altre occasioni. Sicché, solo per questa seconda parte, la domanda è stata inammissibile). Consiglio di Stato, Sezione IV del 19.03.2003, Sentenza n. 1457

Etichette: