22 marzo 2011

VALORI DI RIFERIMENTO DELLE AREE FABBRICABILI

Le delibere con le quali il Comune provvede ai sensi dell'art. 52 della L. 446/1997, ad indicare i valori di riferimento delle aree fabbricabili, costituiscono esercizio del potere, riconosciuto al Consiglio Comunale dall'art. 59 lettera g), della medesima L. 446/1997, nonché dal D. Leg.vo 267/2000, di determinare periodicamente e per zone omogenee i valori venali in comune commercio delle aree fabbricabili, al fine della delimitazione del potere di accertamento del Comune qualora l'imposta sia versata in misura non inferiore a quella predeterminata.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione, sezione Tributaria, con la sentenza 03/12/2010, n. 24573.
Dette delibere rappresentano dunque fonti di presunzioni utilizzabili dal Giudice, al pari del cosiddetto « redditometro», ma non hanno valore imperativo ed ammettono prova contraria. Ne consegue che allorchè nel processo il Giudice ritenga raggiunta la prova, o perché fornita dall'interessato o perché comunque emergente dagli atti di causa, che ad una area edificabile non possa essere applicato il valore stimato dal Comune, può disattenderlo, e procedere su istanza di parte ad una stima diversa ed autonoma, utilizzando tuttavia i parametri di legge (art. 5, comma 5, D. Leg.vo 502/1992).
Né si verifica alcuna violazione dell'art. 7 del D. Leg.vo 546/1992, atteso che non si tratta di disapplicare un regolamento o un atto generale rilevante ai fini della decisione, a causa di una ritenuta illegittimità della stesso (ovvero di contrasto tra l'atto amministrativo ed una legge o comunque un provvedimento normativo di rango superiore) vertendosi invece in tema di questione di fatto, ovvero di comprovata inadeguatezza dei criteri generali di stima elaborati dal Comune in sé legittimi, in relazione alle caratteristiche specifiche di una determinata area edificabile.

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