01 maggio 2011

VARIANTI IN CORSO D'OPERA

La misura del quinto dell’importo originario dell’opera (c.d. quinto d’obbligo) rappresenta il limite entro il quale l’appaltatore è obbligato all’esecuzione degli ulteriori lavori di cui al contratto di appalto originario, ed oltre il quale, invece, i lavori possono essere qualificati come variante del predetto contratto originario, spettando all’appaltatore il diritto alla risoluzione del contratto, salvo che non voglia espressamente eseguirli, previo nuovo accordo.

Pertanto, qualora l’amministrazione appaltante richieda l’esecuzione di lavori diversi da quelli indicati nel contratto originario ed in variante ad essi, per un importo superiore al c.d. quinto d’obbligo, detta richiesta non trova fondamento nell’originario contratto di appalto e ad essa, pertanto, non corrisponde alcun obbligo da parte dell’appaltatore; con la conseguenza che il successivo accordo intervenuto tra le parti per l’esecuzione dei nuovi lavori in variante (nella forma di un atto di sottomissione o di un atto aggiuntivo) deve essere inteso come un nuovo contratto, autonomo rispetto a quello originario. La negoziazione di nuove condizioni per l’esecuzione dei nuovi lavori a seguito dell’apposita perizia di variante è sicura prova di un nuovo e autonomo contratto, ma quest’ultimo non può essere escluso per la mera circostanza che l’appaltatore abbia convenuto di eseguire i nuovi lavori agli stessi patti e condizioni del contratto di appalto originario. Consiglio di Stato, Sezione IV - Sentenza 14/09/2004 n. 5931
Costituisce causa di legittima sospensione dei lavori da parte dell'amministrazione committente il verificarsi di casi di forza maggiore, fra i quali deve farsi rientrare anche il factum principis consistente in ordini o divieti di un'autorità amministrativa estranea al rapporto contrattuale, dai quali derivi l'impossibilità di eseguire la prestazione a prescindere dal comportamento dell'obbligato e senza sua colpa riguardo alle cause che hanno determinato i medesimi.

Il dovere di cooperazione, espressione dei doveri di correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto, impone all'amministrazione appaltante di osservare tutti quei comportamenti che, a prescindere da specifici obblighi contrattuali e dal generale dovere del neminem laedere, appaiono idonei a preservare gli interessi dell'appaltatore senza rappresentare per essa un apprezzabile sacrificio e senza comportare lo svolgimento di attività eccezionali per conoscere e rimuovere ostacoli sopraggiunti ed imprevedibili. Corte di Cassazione, sezione civile, Sezione I - Sentenza 23/05/2002 n. 7543
Le variazioni apportate in corso di esecuzione di un'opera appaltata da un ente pubblico in mancanza di un ordine scritto del direttore dei lavori (art. 342 della legge n. 2248 del 1865), se riassunte in una cd. "perizia di variante" successivamente approvata dal competente organo dell'ente appaltante, possono essere "sanate" quanto al profilo dell'irregolarità derivante dalla mancanza dell'ordine scritto, ma tale sanatoria non è idonea a spiegare ultrattivamente i suoi effetti, per il passato, sino al punto da escludere che l'irregolarità medesima sia stata la causa di vicende ulteriori riguardanti l'appalto, come il ritardo nella corresponsione dei corrispettivi dovuti all'appaltatore. Corte di Cassazione, sezione civile, Sezione I 02/07/1998 n. 6470
Sono illegittimi gli atti aggiuntivi ad un contratto di esecuzione di opera pubblica quando i lavori ivi contemplati non hanno ad oggetto opere accessorie a quelle commesse con i primitivi contratti ma hanno interessato prevalentemente l'esecuzione dell'intera opera da realizzare, per essere conseguenti ad evidenti carenze ed errori delle previsioni progettuali non suffragate a suo tempo da appropriate indagini tecniche.

Le variazioni dell'originario progetto di esecuzione di un'opera pubblica che superino il c.d. sesto quinto obbligano il privato appaltatore solo a seguito di una sua nuova manifestazione di volontà che, pur se connessa con quella del precedente contratto, è da questa distinta dando luogo ad un ulteriore ed autonomo consenso negoziale.

Nello stabilire il compenso per le opere appaltate con i c.d. atti aggiuntivi deve tenersi conto dei prezzi in vigore all'atto della loro stipula, ed alla revisione prezzi deve procedersi con riferimento alla data dell'affidamento dei lavori aggiuntivi, tanto più quando in essi vengano stabiliti nuovi prezzi, a nulla rilevando che nel contratto suppletivo sia stata inserita una clausola che ha assunto come termine di riferimento i prezzi esistenti alla data dell'offerta che ha dato luogo al contratto principale. Corte dei Conti, Sezione Contr. 08/02/1995 n. 19

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