20 settembre 2010

SESTO QUINTO

L'art. 10, commi 2 e 3 del Capitolato Generale disciplina il cosiddetto quinto d'obbligo disponendo che: "Per le sole ipotesi previste dall'articolo 25, comma 1, della legge, la stazione appaltante durante l'esecuzione dell'appalto può ordinare una variazione dei lavori fino alla concorrenza di un quinto dell'importo dell'appalto, e l'appaltatore è tenuto ad eseguire i variati lavori agli stessi patti, prezzi e condizioni del contratto originario, salva l'eventuale applicazione dell'articolo 134, comma 6, e 136 del Regolamento, e non ha diritto ad alcuna indennità ad eccezione del corrispettivo relativo ai nuovi lavori".
Quando, invece, la variante (sempre che rientri nelle tipologie prima viste) superino l'importo del quinto (di qui la definizione di sesto quinto) il responsabile del procedimento ne dà comunicazione all'appaltatore che, nel termine di dieci giorni dal suo ricevimento, deve dichiarare per iscritto se intende accettare la prosecuzione dei lavori e a quali condizioni; nei 45 giorni successivi al ricevimento della dichiarazione la stazione appaltante deve comunicare all'appaltatore le proprie determinazioni. Qualora l'appaltatore non dia alcuna risposta alla comunicazione del responsabile del procedimento si intende manifestata la volontà di accettare la variante agli stessi prezzi, patti e condizioni del contratto originario. Se la stazione appaltante non comunica le proprie determinazioni nel termine fissato, si intendono accettate le condizioni avanzate dall'appaltatore.
Il limite del quinto, dunque, non costituisce una soglia oltre la quale la stazione appaltante non può introdurre variazioni al progetto: esso, piuttosto, costituisce una soglia superata la quale, e purché la variante rientri in una delle tipologie prima descritte, l'appaltatore ha la facoltà di non adempiere quanto disposto dalla pubblica amministrazione e di recedere dal contratto.
In sostanza, quando ricorrano le ipotesi che legittimano una variante, l'appaltatore ha l'obbligo di eseguire le maggiori prestazioni richieste dall'amministrazione. Questo "diritto potestativo di imporre, fino all'ultimazione dei lavori, modifiche della loro quantità e/o qualità è soggetto alla condizione (rispondente ad una previsione di tollerabilità da parte dell'appaltatore) che tali variazioni non comportino aumenti superiori al quinto dell'originario corrispettivo. Sorpassato questo limite (del 20% dell'importo originario) la posizione dell'appaltatore non è più qualificabile in termini di soggezione, a fronte del diritto potestativo del committente pubblico, ma si riappropria dei suoi contenuti di autonomia negoziale, per cui egli -a fronte della richiesta dell'amministrazione- è libero di scegliere se recedere dal contratto oppure proseguire i lavori, dichiarando per iscritto se intende accettare la prosecuzione dei lavori e a quali condizioni" (Corte Suprema di Cassazione, I Sez. Civile, sentenza 14 giugno 2000, n. 8094).
Ai fini della determinazione del quinto (art. 10, commi 4 e 5 D.M. 145/2000), l'importo dell'appalto è formato dalla somma risultante dal contratto originario, aumentato dell'importo degli atti di sottomissione per varianti già intervenute, nonché dell'ammontare degli importi, diversi da quelli a titolo risarcitorio, eventualmente riconosciuti all'appaltatore ai sensi dell'articolo 31-bis della legge e dell'articolo 149 del Regolamento. La disposizione non si applica nel caso di variante per errori o omissioni del progetto esecutivo.
Nel calcolo non sono tenuti in conto gli aumenti, rispetto alle previsioni contrattuali, delle opere relative a fondazioni.
Tuttavia, ove tali variazioni rispetto alle quantità previste superino il quinto dell'importo totale del contratto e non dipendano da errore progettuale, l'appaltatore può chiedere un equo compenso per la parte eccedente.
Ferma l'impossibilità di introdurre modifiche essenziali alla natura dei lavori oggetto dell'appalto, il comma 6 dello stesso articolo dispone che, qualora le variazioni comportino, nelle quantità dei vari gruppi di lavorazioni comprese nell'intervento ritenute omogenee secondo le indicazioni del capitolato speciale, modifiche tali da produrre un notevole pregiudizio economico all'appaltatore è riconosciuto un equo compenso, comunque non superiore al quinto dell'importo dell'appalto. Si considera notevolmente pregiudizievole la variazione della quantità del singolo gruppo che supera il quinto della corrispondente quantità originaria e solo per la parte che supera tale limite.
In caso di dissenso sulla misura del compenso è accreditata in contabilità la somma riconosciuta dalla stazione appaltante, salvo il diritto dell'appaltatore di formulare la relativa riserva per l'ulteriore richiesta.