18 aprile 2011

VARIANTI IN CORSO D'OPERA

La misura del quinto dell’importo originario dell’opera (c.d. quinto d’obbligo) rappresenta il limite entro il quale l’appaltatore è obbligato all’esecuzione degli ulteriori lavori di cui al contratto di appalto originario ed oltre il quale, invece, i lavori possono essere qualificati come variante del predetto contratto originario, spettando all’appaltatore il diritto alla risoluzione del contratto, salvo che non voglia espressamente eseguirli previo nuovo accordo. E’ stato, al riguardo, precisato (cfr. Cass. Civ., sez. I, 14 giugno 2000, n. 8094) che qualora l’amministrazione appaltante richieda l’esecuzione di lavori diversi da quelli indicati nel contratto originario ed in variante ad essi, per un importo superiore al c.d. quinto d’obbligo, detta richiesta non trova fondamento nell’originario contratto di appalto e ad essa, pertanto, non corrisponde alcun obbligo da parte dell’appaltatore; con la conseguenza che il successivo accordo intervenuto tra le parti per l’esecuzione di nuovi lavori in variante (nella forma di un atto di sottomissione o di un atto aggiuntivo) deve essere considerata come un nuovo contratto, autonomo rispetto a quello originario. La negoziazione di nuove condizioni per l’esecuzione dei nuovi lavori a seguito dell’apposita perizia di variante è sicura prova di un nuovo ed autonomo contratto, ma quest’ultimo non può essere escluso per la mera circostanza che l’appaltatore abbia convenuto di eseguire i nuovi lavori agli stessi patti e condizioni del contratto di appalto originario (così, sostanzialmente, Cons. St., sez. VI, 18 ottobre 2000, n. 5605). Non costituiscono elementi decisivi per far ritenere che si sia in presenza di unico ed unitario complesso contrattuale né la previsione di eseguire i nuovi lavori agli stessi patti e condizioni di cui al contratto originario né l’allegazione all’atto aggiuntivo di un nuovo cronoprogramma dei lavori, che tenga conto anche dell’esecuzione di quelli oggetto del contratto originario.

Quanto alla prima circostanza, trattandosi di lavori eccedenti il quinto d’obbligo, l’appaltatore non è tenuto ad eseguirli: l’aver accettato la proposta dell’amministrazione appaltante di eseguirli è, pertanto, frutto di una libera scelta, nella quale non può non inserirsi anche la relativa valutazione economica di eseguirli agli stessi patti e condizioni del contratto originario, senza che ciò implichi alcuna continuità, in termini giuridici, del nuovo impegno contrattuale con quello precedente.

Quanto alla seconda circostanza, poi, l’esistenza di un cronoprogramma dei lavori aggiornato, tenendo conto sia di quelli relativi all’atto aggiuntivo sia di quelli attinenti all’originario contratto di appalto, dimostra soltanto l’esistenza di un collegamento di fatto tra i due contratti, senza che ciò abbia alcuna ripercussione giuridica sull’autonomia dei due atti contrattuali, diversi, quanto all’oggetto delle prestazioni, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo. Nell’ipotesi in cui, dopo la stipulazione dell’originario contratto nel vigore della normativa che consentiva la revisione, vengano stipulati ulteriori atti aggiuntivi nel vigore della nuova normativa che vieta la revisione, tali atti, se configurabili come contratti autonomi rispetto all’originario, soggiacciono al divieto di revisione, mentre quelli non autonomi seguono il regime del contratto originario. Consiglio di Stato, Sezione V - Sentenza 15/12/2005 n. 7130

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