24 aprile 2010

CORRIDOIO URBANISTICO, FASCE DI RISPETTO, SALVAGUARDIA

Il Consiglio di Stato ha emesso sentenza (CdS sezione IV – 12/2/2010 n.784) nella causa tesa a stabilire se il corridoio urbanistico individuato nel progetto preliminare ai sensi dell’art. 3, comma 7, del D.Lgs. n. 190/2002, come integrato dal D.Lgs. n. 189/05 ed oggi trasfuso nell’art. 165 del codice degli appalti, (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), conservi efficacia con gli effetti conseguenti, fra cui quello di acquisire sui permessi di costruzione l’attestazione di compatibilità tecnica da parte del soggetto aggiudicatore, anche dopo l’approvazione, ai sensi dell’art. 4 dello stesso D.Lgs. (ora art. 166 del codice degli appalti), del progetto definitivo che non lo abbia esplicitamente previsto.
Nel caso in esame si tratta del progetto preliminare della linea ferroviaria Milano- Genova- terzo valico dei Giovi- approvato dal CIPE con deliberazione 29/9/03 e del progetto definitivo approvato con deliberazione CIPE 29/3/06.
Secondo il CdS, "il decreto legislativo n. 190 del 2002, che costituisce normativa speciale sulle infrastrutture di preminente interesse nazionale, all’art. 3, oggi trasfuso nell’art. 165 del codice degli appalti, (d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163), descrive i contenuti del progetto preliminare che si caratterizza, rispetto al progetto preliminare di cui all’art. 16 della L. n. 109/94, per la maggior analiticità degli elementi da indicare (Cons. Stato, IV sez., n. 3917/05).
Viene, infatti, previsto che il primo livello di progettazione individua tutti gli elementi dell’opera che possono avere incidenza sull’ambiente, deve essere corredato da uno studio di impatto ambientale e lo stesso, per l’esaminato profilo, non può essere modificato dal successivo definitivo livello di progettazione il quale, ai sensi dell’art. 4 dello stesso decreto legislativo, deve essere integrato da una relazione del progettista attestante la rispondenza al progetto preliminare ed alle eventuali prescrizioni dettate in sede di approvazione dello stesso, con particolare riferimento alla compatibilità ambientale ed alla localizzazione dell’opera.
Se ne deduce che il sistema impone, nello stesso interesse del soggetto procedente e dell’Amministrazione che ne condivida il progetto, una particolare attenzione nella predisposizione del progetto preliminare e nello studio di impatto ambientale, nonché nella proposizione delle prescrizioni e dei vincoli che “integrano” il progetto preliminare, al fine della verifica di conformità demandata alla fase della progettazione definitiva (dec. cit.)
Una verifica di conformità in senso negativo preclude l’approvazione del progetto definitivo e, quindi, la realizzazione dell’opera.
Inoltre il progetto definitivo non può discostarsi “sensibilmente” da quello preliminare, dando vita ad un progetto sensibilmente diverso da quello preliminare, perché altrimenti si avrebbe un progetto nuovo che non potrebbe sottrarsi alla sequela procedimentale delineata dalla legge (dec. cit.).
Così pure, laddove la fase della progettazione preliminare si concluda in senso positivo, addivenendo alla approvazione del relativo progetto, ma con l’apposizione di una serie di vincoli o di approfondimenti, non vi è dubbio che esso condizioni la fase della progettazione definitiva in quanto il mancato verificarsi delle condizioni o l’esito non previsto delle osservazioni potrebbero richiedere modificazioni al progetto definitivo tali da non consentire la verifica di conformità al progetto preliminare previsto dalla legge (cfr. dec. cit.).
L’approvazione del progetto preliminare, in base al comma 7 del citato art. 3 D.Lgs. n. 190/02, determina, ove necessario, ai sensi delle vigenti norme, l’accertamento della compatibilità ambientale dell’opera e perfeziona, ad ogni fine urbanistico ed edilizio, l’intesa Stato- Regione sulla sua localizzazione, comportando l’automatica variazione degli strumenti urbanistici vigenti, mentre gli immobili sui quali è localizzata l’opera sono assoggettati al vincolo preordinato all’esproprio ai sensi dell’art. 10 del T.U. n. 327/01. Il vincolo si intende apposto anche in mancanza di espressa menzione, e gli enti locali provvedono alle occorrenti misure di salvaguardia delle aree impegnate e delle eventuali relative fasce di rispetto e non possono rilasciare, in assenza dell’attestazione di compatibilità tecnica da parte del soggetto aggiudicatore, permessi di costruire né altri titoli abilitativi nell’ambito del corridoio individuato con l’approvazione del progetto ai fini urbanistici e delle aree comunque impegnate dal progetto stesso.
Ne deriva che il corridoio urbanistico è individuato, nelle sue caratteristiche, previsioni e prescrizioni, sin dalla fase del progetto preliminare della infrastruttura e con esso si trasferisce tal quale nel progetto definitivo, che, ai sensi dell’art. 4 del medesimo decreto, dovrà essere integrato da una relazione del progettista attestante la rispondenza dello stesso al progetto preliminare e alle eventuali prescrizioni dettate in sede di approvazione dello stesso, con particolare riferimento alla compatibilità ambientale e alla localizzazione dell’opera. Esso sarà corredato, inoltre, dalla definizione delle eventuali opere e misure mitigatrici e compensative dell’impatto ambientale, territoriale e sociale.
Da questa sostanziale simmetria di contenuti, secondo l’appellante, non potrebbe essere esclusa la previsione della necessità di attestazione di compatibilità tecnica da parte del soggetto aggiudicatore in caso di rilascio di permessi di costruire o altri titoli abilitativi da parte degli enti locali nell’ambito del corridoio individuato con l’approvazione del progetto preliminare.
La tesi dell’appellante, che si ricollega alla natura di normativa speciale delle disposizioni di cui si discute, che ha anticipato alla fase del progetto preliminare l’adozione di misure di protezione dell’opera pubblica (misure di salvaguardia, fasce di rispetto e attestazioni di compatibilità tecnica) trova una sua ragionevole giustificazione nel fatto che, mentre con l’approvazione del progetto definitivo vengono sostanzialmente recepiti, previa loro verifica di conformità, i contenuti del progetto preliminare, già definiti e resi certi nelle loro caratteristiche, ciò che non può essere anticipatamente previsto è il contenuto delle richieste di permessi di costruire o altri titoli abilitativi che vadano ad impattare sul corridoio individuato ai fini urbanistici con l’approvazione del progetto.
Ne deriva, ad avviso del Collegio, che poiché nella fase di progettazione definitiva convergono, oltre alle previsioni di progetto preliminare, le prescrizioni e i vincoli che di esso costituiscono integrazione, di essa fanno parte, nel momento in cui ne ricorrano le condizioni, le attestazioni di compatibilità tecnica, che non possono essere assorbite dal progetto definitivo tout court, in quanto non anticipatamente prevedibili, nel loro contenuto.
In sostanza, il corridoio individuato ai fini urbanistici nella fase preliminare mantiene autonoma rilevanza anche dopo l’approvazione delle fasi successive e con esso le misure di salvaguardia e protezione allo stesso connesse. Di ciò costituisce conferma la previsione di cui all’art. 4 quater, comma 3, del D.Lgs. n. 190/02 (introdotto dal D.Lgs. n. 189/05), norma vigente all’epoca dell’approvazione del progetto definitivo e del rilascio delle concessioni edilizie, in base al quale "Non assumono rilievo localizzativi le varianti di tracciato delle opere lineari contenute nell’ambito del corridoio individuato in sede di approvazione del progetto ai fini urbanistici”.
In conclusione, nella speciale disciplina in esame deve considerarsi come ulteriore necessario elemento istruttorio nel rilascio dei permessi di costruire in zone interessate da opere strategiche il rilascio, da parte dell’ente aggiudicatore, dell’attestazione di compatibilità tecnica.