30 marzo 2010

QUINTO D'OBBLIGO O "SESTO QUINTO"

Nel caso in cui la stazione appaltante disponga un aumento o una diminuzione delle opere da realizzare, l'appaltatore ha l'obbligo di eseguire, senza alcuna indennità, le variazioni che non superino il quinto dell'importo complessivo dell'appalto.
L'art. 10, commi 2 e 3 del nuovo Capitolato Generale ribadisce la previsione del cosiddetto quinto d'obbligo disponendo che: "Per le sole ipotesi previste dall'articolo 25, comma 1, della legge, (oggi art.132 del Codice) la stazione appaltante durante l'esecuzione dell'appalto può ordinare una variazione dei lavori fino alla concorrenza di un quinto dell'importo dell'appalto, e l'appaltatore è tenuto ad eseguire i variati lavori agli stessi patti, prezzi e condizioni del contratto originario, salva l'eventuale applicazione dell'articolo 134, comma 6, e 136 del Regolamento, e non ha diritto ad alcuna indennità ad eccezione del corrispettivo relativo ai nuovi lavori".
Quando, invece, la variante (sempre che rientri nelle tipologie dell’art. 132) superino l'importo del quinto (di qui la definizione di sesto quinto) il responsabile del procedimento ne dà comunicazione all'appaltatore che, nel termine di dieci giorni dal suo ricevimento, deve dichiarare per iscritto se intende accettare la prosecuzione dei lavori e a quali condizioni; nei 45 giorni successivi al ricevimento della dichiarazione la stazione appaltante deve comunicare all'appaltatore le proprie determinazioni. Qualora l'appaltatore non dia alcuna risposta alla comunicazione del responsabile del procedimento si intende manifestata la volontà di accettare la variante agli stessi prezzi, patti e condizioni del contratto originario. Se la stazione appaltante non comunica le proprie determinazioni nel termine fissato, si intendono accettate le condizioni avanzate dall'appaltatore.
Il limite del quinto, dunque, non costituisce una soglia oltre la quale la stazione appaltante non può introdurre variazioni al progetto: esso, piuttosto, costituisce una soglia superata la quale, e purché la variante rientri in una delle tipologie prima descritte, l'appaltatore ha la facoltà di non adempiere quanto disposto dalla pubblica amministrazione e di recedere dal contratto.
In sostanza, quando ricorrano le ipotesi che legittimano una variante, l'appaltatore ha l'obbligo di eseguire le maggiori prestazioni richieste dall'amministrazione. Questo "diritto potestativo di imporre, fino all'ultimazione dei lavori, modifiche della loro quantità e/o qualità è soggetto alla condizione (rispondente ad una previsione di tollerabilità da parte dell'appaltatore) che tali variazioni non comportino aumenti superiori al quinto dell'originario corrispettivo. Sorpassato questo limite (del 20% dell'importo originario) la posizione dell'appaltatore non è più qualificabile in termini di soggezione, a fronte del diritto potestativo del committente pubblico, ma si riappropria dei suoi contenuti di autonomia negoziale, per cui egli -a fronte della richiesta dell'amministrazione- è libero di scegliere se recedere dal contratto oppure proseguire i lavori, dichiarando per iscritto se intende accettare la prosecuzione dei lavori e a quali condizioni" (Corte Suprema di Cassazione, I Sez. Civile, sentenza 14 giugno 2000, n. 8094).