23 settembre 2007

CODICE DELL'AMBIENTE IN PROGRESS

Il Consiglio dei Ministri del 13 settembre 2007 ha approvato, su proposta del Ministro dell’ambiente, un nuovo decreto correttivo al codice ambientale (Dlgs n. 152/2006), che reca una disciplina unificata in materia di valutazione di impatto ambientale e di smaltimento dei rifiuti. L’approvazione di un nuovo decreto correttivo si è resa necessaria a seguito del mancato rispetto dei tempi stabiliti dalla legge delega, con la conseguente decadenza dei decreti correttivi in itinere (cd. “secondo correttivo”, approvato in secondo esame preliminare dal CdM in data 20 luglio 2007 ed il cd. "terzo correttivo", approvato dal CdM il 27 luglio 2007). Il testo sarà trasmesso alle Commissioni parlamentari per il prescritto parere. Il secondo decreto correttivo del Codice, riguardante la terza e la quarta parte del Codice - in particolare le norme sugli scarichi idrici, la definizione di rifiuto e la disciplina delle materie prime secondarie, dei sottoprodotti e delle terre e rocce da scavo – è stato trasmesso alle Camere per il secondo parere alcuni giorni dopo il termine previsto dalla legge delega; questo ritardo ne ha causato la decadenza. Nel frattempo era iniziato l’iter del terzo decreto correttivo, approvato in prima lettura nel Consiglio dei Ministri del 27 luglio 2007, relativo alla Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA) e Valutazione Ambientale Strategica (VAS). In quest’ultimo è stato fatto confluire il secondo, annullando di fatto l’iter sin qui percorso.
La legge 228/2006, entrata in vigore il 13 luglio 2006, ha prorogato al 31 gennaio 2007 l’entrata in vigore delle norme su Via e Vas. La proroga fissata dal DL 300/2006, scaduta il 31 luglio 2007, seguiva il precedente rinvio dal 29 aprile 2006 al 31 gennaio 2007 stabilito dal DL 173/2006. Il 31 luglio 2007 sono entrate in vigore le norme relative a VIA, VAS e Autorizzazione Ambientale Integrata (IPPC) contenute nella Parte II (articoli da 4 a 52) del Codice dell’ambiente (Dlgs 152/2006).
Il primo decreto correttivo, il Dlgs. 284 dell’8/11/2006 (Gazzetta ufficiale 24/11/2006 n. 274), ha prorogato l’operatività delle Autorità di Bacino, ha soppresso l’Autorità di Vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e ha prorogato da sei a 12 mesi del termine per l’adeguamento dello Statuto del Consorzio nazionale imballaggi (Conai) ai principi contenuti nel decreto, in particolare a quelli di trasparenza, efficacia, efficienza ed economicità, nonché quelli di libera concorrenza nelle attività di settore.
Successivamente, il Ministro dell’Ambiente ha disposto la revoca dei decreti attuativi del Codice dell'ambiente; tali decreti erano già stati dichiarati inefficaci con un avviso dello stesso Ministro del 26 giugno.

APPALTO A CORPO E A MISURA

Il Tar della Lombardia precisa le differenze tra appalto a corpo e a misura. La distinzione assume rilevanza nella fase esecutiva del rapporto conseguente alla stipulazione del contratto, nel senso che mentre nell'appalto a misura il corrispettivo può variare in più o in meno, rispetto all'ammontare pattuito, in funzione della maggiore o minore quantità di lavoro effettivamente eseguito, nell'appalto a corpo rileva il “rischio” a carico dell'impresa, dato che il prezzo globale pattuito rimane invariato qualunque sia la quantità di maggior lavoro che venga eventualmente a gravare sull'appaltatore.
Anche per il contratto a corpo sussiste l'esigenza di pubblico interesse che le opere previste siano realizzate a condizioni di minor possibile dispendio di risorse finanziarie, compatibilmente con l'esigenza di conseguire il massimo risultato in termini di congruità ed efficienza dell'opera stessa in relazione alle finalità pubbliche da soddisfare.
L'appalto a corpo si caratterizza, quindi, per l'invariabilità del prezzo globalmente pattuito al quale "naturalmente" accede la conseguente alea incombente sull'appaltatore (cfr., in termini, Consiglio di Stato, sez. VI, 20 maggio 1997 n. 740, nonché T.A.R. Piemonte, sez. II, 31 maggio 1996, n. 319).
Siffatta interpretazione, del resto, si rivela puntualmente conforme alle indicazioni ritraibili dalla lettura dei commi 2 e 3 dell'art. 326 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, in base ai quali mentre per le opere o provviste a corpo il prezzo convenuto è fisso ed invariabile, senza che possa essere invocata dalle parti contraenti alcuna verificazione sulla misura o sul valore attribuito alla qualità di dette opere o provviste, per le opere appaltate a misura, la somma prevista nel contratto può variare, tanto in più quanto in meno, secondo la quantità effettiva di opere eseguite.
Va tenuto presente il fondamentale principio in base al quale eventuali successive modifiche del corrispettivo originario di aggiudicazione di un appalto costituiscono un'oggettiva alterazione ex post della par condicio, introducendo una oggettiva turbativa delle condizioni alla base dell'originario incanto (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 3 febbraio 1997, n. 102).
T.A.R. Lombardia – Milano, sez. III sentenza 3 febbraio 2006, n. 175 (44.14kb - PDF)

CERTIFICAZIONE DI QUALITA'

Il Tar della Lombardia ha chiarito che il possesso della certificazione di qualità, sia al fine della partecipazione alle procedure di gara che della riduzione della cauzione provvisoria deve risultare dall’attestazione SOA. T.A.R. Lombardia – Milano, sez. III sentenza 29 marzo 2006, n. 668 (61.69kb - PDF)

CAUZIONE RIDOTTA CON CERTIFICAZIONE DI QUALITÀ

Con la determinazione n. 7 dell'11.9.2007 l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici ha fornito chiarimenti in merito all'applicazione dell’art. 40, comma 7, del D. Leg.vo 163/2006 (codice dei contratti) in ordine alla riduzione del 50% degli importi delle garanzie richieste alle imprese in possesso di certificazione di qualità.
L'Autorità ha precisato che con il D. Leg.vo 163/2006 le garanzie di esecuzione e le coperture assicurative originariamente previste dall'art. 30, commi 2, 2-bis e 2-ter, della legge quadro 109/1994 sono state estese anche agli appalti di servizi e forniture, e che i riferimenti normativi in tema di cauzioni vanno rinvenuti nelle disposizioni di cui agli artt. 40, 75 e 113 del citato D. Leg.vo 163/2006.
Sulla estensione del beneficio inerente al dimezzamento delle garanzie, previsto dall’art. 40, comma 7, del D. Leg.vo 163/2006, per gli appalti di lavori pubblici, ha precisato che la riduzione del deposito cauzionale in misura del 50% per le imprese in possesso della certificazione di qualità è applicabile non solo agli appalti di lavori pubblici ma anche a quelli di servizi e forniture.
Sull'interpretazione dell'art. 113 del D. Leg.vo 163/2006, in merito all'inclusione o meno dell'IVA nel computo dell'importo ai fini della stipula della polizza fideiussoria, ha precisato che la garanzia fideiussoria definitiva, da prestare per l’esecuzione del contratto, è costituita sulla base del 10% dell’importo contrattuale, con la conseguenza che l’IVA non va inserita.

15 settembre 2007

VERIFICA DELL’ANOMALIA

Il Consiglio di Stato (VI Sez., 28 settembre 2006 n. 5697) ha chiarito che il subprocedimento di verifica dell'anomalia, che non tende a selezionare l'offerta che è più conveniente per la stazione appaltante ma ad assicurare la piena affidabilità della proposta contrattuale, non riguarda tutte le offerte sospette ma deve essere effettuata progressivamente a partire da quella che presenta la maggiore percentuale di ribasso e terminare quando si ritiene un'offerta non anomala ovvero quando sono state valutate tutte le offerte senza ritenerne alcuna anomala. Accertata la non anomalia dell'offerta della prima graduata non e' dunque necessario procedere alla verifica dell'offerta anche della concorrente collocata al secondo posto in graduatoria.

L’INTERESSE A RICORRERE

E’ principio generale, sancito dall'art. 100 cod. proc. civ., applicabile anche al processo amministrativo, quello secondo il quale costituisce condizione per l'ammissibilità dell'azione, oltre alla titolarità di una situazione giuridica sostanziale di diritto soggettivo o di interesse legittimo, anche la sussistenza dell'interesse a ricorrere, inteso quest'ultimo non come idoneità astratta dell'azione a realizzare il risultato perseguito ma, più specificamente, come interesse proprio e concreto del ricorrente al conseguimento di un'utilità o di un vantaggio (materiale o, in certi casi, morale) a mezzo del processo amministrativo; vale a dire, nell'ottica di un processo di stampo impugnatorio - annullatorio che assume come suo presupposto la sussistenza di un interesse all'eliminazione del provvedimento che il ricorrente ritiene lesivo della proprie sfera giuridica.
Ad esempio, non è tale il caso in cui la ricorrente non riuscirebbe ad aggiudicarsi la gara neanche ove venissero accolti i motivi proposti avverso una o più delle altre concorrenti che la precedono in graduatoria.
In mancanza di un motivo volto all’annullamento dell’intera procedura di gara non può dirsi sussistente neanche un interesse strumentale della ricorrente, ritenuto dalla giurisprudenza del giudice amministrativo (Cons.Stato, IV Sez., 12 febbraio 2007 n. 587) sufficiente a radicare l'interesse al ricorso in quanto volto alla caducazione del provvedimento amministrativo per lo meno al fine di rimettere in discussione il rapporto controverso e di eccitare il nuovo (o il non) esercizio del potere amministrativo in termini potenzialmente idonei ad evitare un danno ovvero ad attribuire un vantaggio (Cons. Stato, VI Sez., 7 giugno 2001 n. 3090; 7 maggio 2001 n. 2541).

AUTORESPONSABILITA' DEL CONCORRENTE NELLA PRESENTAZIONE DI DICHIARAZIONI SOSTITUTIVE

L’obbligo di leale collaborazione non consente che si possa addossare all'Amministrazione il gravoso onere di una defatigante ed approfondita istruttoria e di un completo contraddittorio su ogni singolo documento presentato dall’impresa interessata, quando è a questa, invece, in base al principio di “autoresponsabilità” del privato, che incombe il dovere di giustificare documentalmente quanto dichiarato. Invero, quello di “autoresponsabilità” del privato costituisce il principio cardine cui è informata la disciplina dell'autocertificazione e delle dichiarazioni rese a pubbliche autorità, da cui discende, quale corollario, l'onere del dichiarante (sanzionato in caso di mancata prova) di dimostrare, su richiesta dell'Amministrazione destinataria della dichiarazione, la veridicità di quanto dichiarato: onere che, quindi, ricade sul dichiarante e non certo sul destinatario della dichiarazione.
Pertanto, non si può addossare alla stazione appaltante l’onere di sollecitare chiarimenti ed integrazioni documentali che, invece, devono diligentemente essere prodotti dall’impresa partecipante alla gara, in quanto personalmente e direttamente responsabile di quanto “autodichiarato”.
Un tale onere potrebbe comportare un elevato costo di efficienza, in termini di aggravio del procedimento e di rallentamento dell'attività amministrativa, se inteso in senso molto ampio e dilatato, fino al punto da imporre all'Amministrazione l'obbligo di aprire, in fase di verifica, un sub-procedimento per ciascuna singola documentazione prodotta dal privato, nell’ambito del quale formulare puntuali richieste di integrazioni documentali, che lo stesso dichiarante avrebbe dovuto produrre. (TAR Puglia, sez. I, n. 1464 del 6/6/2007)

INTEGRAZIONE DOCUMENTALE

Il cosiddetto “dovere di soccorso” della commissione di gara, tipizzato dall'art. 6 della legge n. 241 del 1990, non è un dovere assoluto ed incondizionato, ma postula che la richiesta di regolarizzazione delle dichiarazioni e della documentazione mancante incontra i seguenti limiti applicativi:
1) l'inderogabile necessità del rispetto della “par condicio”;
2) il cosiddetto limite degli elementi essenziali, nel senso che la regolarizzazione non può essere riferita agli elementi essenziali della domanda, a meno che gli atti tempestivamente prodotti e già in possesso dell'amministrazione costituiscano ragionevole indizio del possesso del requisito di partecipazione non espressamente documentato;
3) l’equivocità della clausola del bando relativa alla dichiarazione o alla documentazione da integrare o chiarire.
Ad esempio, mancando “ab origine” sia la dichiarazione di volersi avvalere delle prestazioni professionali dei professionisti, sia la dichiarazione di disponibilità di ciascuno di essi, indispensabili per garantire la serietà dell’offerta, non si tratta di “regolarizzazione“, ma di vera e propria “integrazione” della documentazione, che, in una gara, confligge insanabilmente con il principio della “par condicio”, che non può essere considerato certo recessivo rispetto a quello del “favor partecipationis”. (TAR Puglia, sez. I, n. 1464 del 6/6/2007)

L'AVVALIMENTO

Il “principio dell’avvalimento”, introdotto dall’art. 32 della Direttiva n. 92/50/Cee con riguardo agli appalti di servizi e successivamente generalizzato ed esteso a tutti i pubblici appalti con l’art. 47, paragrafo 2, nonché con l’art. 48, paragrafo 3, della unificata Direttiva 31/03/2004 n. 18/CE (oggi introdotto nell’ordinamento interno con l'art. 49 del Codice dei contratti pubblici, approvato con decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163), comporta che il soggetto che partecipa ad un appalto, abbia o meno personalità giuridica, può avvalersi, al fine di comprovare i requisiti di capacità tecnica, economica e finanziaria, dei requisiti di altri soggetti, purché sia in grado di dimostrare di disporre effettivamente dei mezzi di tali soggetti.
Infatti, l’art. 48, paragrafo 3, della Direttiva 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, stabilisce che “ un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. Deve, in tal caso, provare all'amministrazione aggiudicatrice che per l'esecuzione dell'appalto disporrà delle risorse necessarie ad esempio presentando l'impegno di tale soggetto di mettere a disposizione dell'operatore economico le risorse necessarie”.
Il sistema comunitario degli appalti di servizi:
a) consente all'impresa concorrente di far valere le capacità tecniche ed economiche di soggetti terzi;
b) richiede, a garanzia della serietà dell'offerta e della tutela della “par condicio”, che si dia la prova certa dell'effettiva disponibilità delle altrui capacità tecniche;
c) affida alla stazione appaltante in prima battuta, ed al giudice in sede di eventuale controllo giurisdizionale, il compito di valutare la congruità della prova (cfr.: Corte Giustizia CE, Sez. V: 02 dicembre 1999 n. 17698, Holst, invocata dalla parte ricorrente nella fattispecie in questione; 18 marzo 2004, n. 3141, Telecom & Partner).
Ne deriva che il sistema comunitario:
a) ripudia automatismi ostativi all'ammissibilità del ricorso a soggetti terzi;
b) non impone l'uso di mezzi tipici di prova della disponibilità di risorse aziendali altrui;
c) richiede che la prova documentale della disponibilità della capacità tecnica altrui deve essere necessariamente resa in fase antecedente alla presentazione dell'offerta, al fine di evitare ricostruzioni “ex post”, suscettibili di poter essere interpretati come lesivi della garanzia della serietà dell’offerta nonché del rispetto della “par condicio” fra concorrenti;
d) tiene ferma l'esigenza di un rigoroso riscontro della effettiva disponibilità della capacità tecnico economica mutuata da imprese o complessi aziendali diversi, in tal modo sollecitando un’analisi da parte delle amministrazioni e dei giudici circa la sussistenza dei requisiti di capacità.
Pertanto, in sede di verifica, la stazione appaltante gode di un ampio potere nella valutazione casistica del legame giuridico, che deve essere dimostrato fra impresa concorrente e soggetto terzo, fermo restando che non si può fare ricorso ad automatismi nella materia in esame.
Ne consegue che il sindacato giurisdizionale non può spingersi sino a sostituire le determinazioni dell'amministrazione, che devono, comunque, mantenersi entro i limiti della ragionevolezza e della non arbitrarietà. (TAR Puglia, sez. I, n. 1464 del 6/6/2007)

01 settembre 2007

Il principio di proporzionalità dei requisiti speciali

Le amministrazioni possono richiedere alle imprese requisiti di partecipazione e di qualificazione più rigorosi e restrittivi di quelli minimi stabiliti dalla legge, purché, tuttavia, tali ulteriori prescrizioni si rivelino rispettose dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, non limitino indebitamente l’accesso alla procedura e siano giustificate da specifiche esigenze imposte dal peculiare oggetto dell’appalto.
E’ quanto significativamente affermato da una recente sentenza del Consiglio di Stato (sez. VI^, 11/05/2007, n. 2304), la quale ha il pregio di riproporre un solido orientamento giurisprudenziale in relazione alla problematica della proporzionalità dei requisiti, eventualmente introdotti dalle stazioni appaltanti. (vedi articolo)