31 maggio 2011

ADEMPIMENTI DELLA DIREZIONE LAVORI

Documentazione tratta dal sito dell’Ordine degli ingegneri di Genova.

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LO SVOLGIMENTO DELLA GARA INFORMALE

Indicazioni operative inerenti la procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara nei contratti di importo inferiore alla soglia comunitaria, con particolare riferimento all’ipotesi di cui all’articolo 122, comma 7-bis del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.
Per quanto riguarda lo svolgimento della gara informale, essendo il valore di riferimento inferiore alla soglia comunitaria, risulta applicabile l’articolo 122, comma 6, lett. d) del Codice, il quale stabilisce che, per le procedure negoziate senza previa pubblicazione di bando, il termine per la ricezione delle offerte viene stabilito dalle stazioni appaltanti nel rispetto del comma 1 dell'articolo 70 (secondo cui le stazioni appaltanti, nel fissare i termini per la ricezione delle offerte e delle domande di partecipazione, tengono conto della complessità della prestazione oggetto del contratto e del tempo ordinariamente necessario per preparare le offerte) termine che, ove non vi siano specifiche ragioni di urgenza, non può essere inferiore a dieci giorni dalla data di invio dell'invito.
Peraltro è opportuno rilevare come la gara informale, proprio perché procedura selettiva organizzata nel rispetto dei principi dell’ordinamento comunitario, debba essere sviluppata seguendo gli standard operativi comuni per lo svolgimento delle operazioni di gara.
L’articolo 57, comma 6, prevede che gli operatori economici selezionati vengano contemporaneamente invitati a presentare le offerte oggetto della negoziazione con lettera contenente gli elementi essenziali della prestazione richiesta.
La lettera di invito alla gara informale deve riportare i contenuti tipici del bando di cui all’articolo 64 e all’allegato IXA del Codice. La forma prescelta è rimessa alla stazione appaltante. Deve essere, fra l’altro, precisato, ove non specificato nell’avviso di costituzione dell’elenco, che verrà applicato il principio di rotazione (regolante la gestione dei futuri percorsi selettivi in forma derogatoria, secondo quanto espressamente previsto dall’articolo 57, comma 6 del Codice dei contratti pubblici) e che, pertanto, il soggetto che risulterà affidatario dei lavori non sarà invitato alle gare indette successivamente con la stessa procedura o a gare con procedure in economia nell’arco di un certo periodo di tempo.
L’ individuazione delle imprese cui inviare le lettere di invito deve avvenire secondo i criteri generali stabiliti nella determina a contrarre o nell’eventuale avviso preventivo.
Per quanto riguarda la verifica delle offerte anomale, si ritiene che in ogni caso trovi applicazione il principio di cui all’articolo 86, comma 3 del Codice, con cui l’amministrazione può tutelarsi valutando la congruità di ogni offerta che, sulla base di elementi specifici, appaia anormalmente bassa; anche tale elemento va citato nella lettera di invito.
In termini operativi, la lettera di invito deve quindi contenere i seguenti elementi:
a) l'oggetto della prestazione, le relative caratteristiche tecniche e il suo importo;
b) i requisiti speciali economico-finanziari e tecnico-organizzativi che occorre possedere per partecipare alla gara; o nel caso di operatore economico selezionato da un elenco, la conferma del possesso dei requisiti speciali in base ai quali è stato inserito nell’elenco;
c) le garanzie richieste;
d) il termine di presentazione dell’offerta ed il periodo di validità della stessa;
e) l'indicazione del termine per l'esecuzione della prestazione;
f) il criterio di aggiudicazione prescelto;
g) gli elementi di valutazione, nel caso si utilizzi il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa;
h) nel caso del prezzo più basso, l’eventuale utilizzo dell’esclusione automatica; si rammenta che se la stazione appaltante intenda far ricorso a tale metodo, occorre invitare un numero di operatori economici che faccia presumere che le offerte ammesse saranno almeno dieci.
i) le modalità di comprova del possesso dei requisiti;
j) l'eventuale clausola che preveda di procedere all’aggiudicazione anche nel caso di presentazione di un’unica offerta valida;
k) la misura delle penali;
l) la facoltà di applicare l’articolo 86, comma 3 del Codice;
m) l'indicazione dei termini di pagamento secondo quanto previsto dal Regolamento;
n) lo schema di contratto ed il capitolato tecnico (se predisposti).
Si rammenta inoltre che, coma già ricordato sopra, dal combinato disposto dei commi 3 e 5 dell’articolo 122 si evince che va sempre assolto l’obbligo di pubblicità degli esiti della gara con le medesime modalità previste per l’eventuale avviso.
Inoltre, prima della stipula del contratto con l’aggiudicatario, occorre procedere alla verifica del possesso dei requisiti generali e speciali.
Infine, anche per le procedure negoziate, il contratto non può essere stipulato prima di 35 giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione. Tuttavia, è possibile procedere all’esecuzione d’urgenza ai sensi dell’articolo 11, comma 9 del Codice. Si segnala un recente orientamento della giurisprudenza amministrativa secondo cui la violazione della clausola (e del principio) di standstill, ex articolo 11, comma 10 del Codice, in sé considerata e cioè senza che concorrano vizi propri dell’aggiudicazione, non comporta l’annullamento dell’aggiudicazione o l’inefficacia del contratto (cfr. TAR Calabria, Sez. I, 20 ottobre 2010, n. 942).

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ORGANIZZAZIONE E GESTIONE DELL'APPALTO PUBBLICO

Documentazione tratta dal sito dell’Ordine degli ingegneri di Genova.

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SICUREZZA E SALUTE DEI LAVORATORI NELLE OPERE DI ASFALTATURA

Il documento ha lo scopo di individuare e promuovere soluzioni tecnologiche in grado di eliminare le sostanze cancerogene o, quanto meno, di ridurre l'esposizione dei lavoratori a tali sostanze. Il documento si presta come riferimento per la redazione del documento di valutazione dei rischi, grazie anche ad una serie di tabelle che riportano i rischi per la sicurezza individuati per ogni fase di lavorazione.

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30 maggio 2011

IL DECRETO LEGGE “SVILUPPO” N.70 DEL 13.5.2011

Documentazione tratta dal sito dell’Ordine degli ingegneri di Genova.

Sintesi delle modifiche alla normativa sui lavori pubblici a cura di Bosetti e Gatti.

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IL NUOVO REGOLAMENTO E I SERVIZI DI INGEGNERIA

Documentazione tratta dal sito dell’Ordine degli ingegneri di Genova.

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AFFIDAMENTO DEI LAVORI DI IMPORTO COMPLESSIVO INFERIORE A UN MILIONE DI EURO

Il Decreto legge 13 maggio 2011, n. 70 ha apportato modifiche al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 tra le quali la seguente:

- all'articolo 122:
1) il comma 7 è sostituito dal seguente:

"7. I lavori di importo complessivo inferiore a un milione di euro possono essere affidati dalle stazioni appaltanti, a cura del responsabile del procedimento, nel rispetto dei principi di non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e trasparenza, e secondo la procedura prevista dall'articolo 57, comma 6; l'invito è rivolto, per lavori di importo pari o superiore a 500.000 euro, ad almeno dieci soggetti e, per lavori di importo inferiore a 500.000 euro, ad almeno cinque soggetti se sussistono aspiranti idonei in tali numeri. L'avviso sui risultati della procedura di affidamento, conforme all'allegato IX A, punto 5 (avviso relativo agli appalti aggiudicati), contiene l'indicazione dei soggetti invitati ed è trasmesso per la pubblicazione, secondo le modalità di cui all'articolo 122, commi 3 e 5, entro dieci giorni dalla data dell'aggiudicazione definitiva; non si applica l'articolo 65, comma 1";

2) il comma 7-bis è abrogato.

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TASSATIVITÀ DELLE CAUSE DI ESCLUSIONE

Il Decreto legge 13 maggio 2011, n. 70 ha apportato modifiche al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 tra le quali la seguente:

- all'articolo 46 sono apportate le seguenti modificazioni:
1) la rubrica è sostituita dalla seguente: "Documenti e informazioni complementari - Tassatività delle cause di esclusione";

2) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

"1-bis. La stazione appaltante esclude i candidati o i concorrenti in caso di mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre disposizioni di legge vigenti, nonché nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell'offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elementi essenziali ovvero in caso di non integrità del plico contenente l'offerta o la domanda di partecipazione o altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi, tali da far ritenere, secondo le circostanze concrete, che sia stato violato il principio di segretezza delle offerte; i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione. Dette prescrizioni sono comunque nulle"

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29 maggio 2011

QUESITI FREQUENTI

Pubblicato il Volume I° - Supporto Giuridico: risposte ai quesiti più frequenti in materia di contratti pubblici. La pubblicazione, realizzata e diffusa con periodicità semestrale, raccoglie ed organizza alcuni pareri d’interesse generale resi alle stazioni appaltanti dalla Unità Operativa di Coordinamento (UOC) istituita con Protocollo d’intesa tra Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, Ministero delle Infrastrutture e Trasporti e ITACA, nell’ambito del Servizio Contratti Pubblici (SCP) per la corretta applicazione della normativa nazionale e regionale di riferimento, nel difficile operato delle amministrazioni per l’approvvigionamento di beni e servizi.

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I POTERI DELLA COMMISSIONE DI GARA

La Commissione svolge un ruolo ed esercita poteri indubbiamente delicati e complessi, fonti di variegate interpretazioni e, sovente, di non infrequenti ricorsi.
Uno dei primi importanti poteri esplicati dalla Commissione è costituito dal cosiddetto potere di “autotutela decisoria”.
Costituisce principio pacifico e consolidato che la Pubblica Amministrazione, ed anche le Commissioni di gara, possono riesaminare sempre i propri atti, al fine di renderli legittimi o di adeguarli al pubblico interesse. Tale principio si riconnette non solo all’autotutela della P.A., ma anche al cosiddetto principio di “inesauribilità del potere amministrativo”, secondo il quale il potere, una volta esercitato, non viene consumato interamente, ma può essere motivatamente riesercitato, anche in funzione di ritiro degli atti precedentemente emanati. L’inesauribilità è collegata alla funzionalizzazione del potere amministrativo alla cura di pubblici interessi, per cui il potere può e deve essere riesercitato, laddove si appalesi opportuno o necessario per la tutela del pubblico interesse medesimo.

In materia di pubblici appalti, il Consiglio di Stato, Sez. V^, con la sentenza n. 661/2000, evidenzia che assume particolare rilievo l’esigenza di assicurare il puntuale rispetto delle regole della concorrenza tra le imprese, nell’interesse generale alla corretta ed efficace gestione delle risorse pubbliche. Ancora, sempre il CdS evidenzia che tutto il sistema del procedimento contrattuale di evidenza pubblica mira ad attuare un’ampia ed efficace rete di controlli, per garantire la legittimità dell’azione amministrativa.Il potere di “autotutela decisoria” in materia di pubblici appalti trova ampia e consolidata conferma nella giurisprudenza. Nelle gare per l’aggiudicazione dei contratti della P.A., la Commissione giudicatrice, fin quando gli atti del procedimento siano nella sua disponibilità, e l’organo di amministrazione attiva, dopo la trasmissione degli atti per l’approvazione, possono procedere al riesame, alla rettifica ed all’annullamento degli atti del procedimento, in via di autotutela (Tar Lazio, sez. I bis, n. 12246/2002; fra le tante, anche: CdS, sez. V^, n. 2863/2002).
Il potere di autotutela decisoria, ovviamente, incontra limiti nel suo esplicarsi. Tali limiti sono rappresentati, innanzitutto, dalla trasparenza e dall’imparzialità, nel senso che il procedimento di autotutela, deve essere caratterizzato da una stretta osservanza ai due richiamati principi. La giurisprudenza ha puntualmente individuato i seguenti cinque limiti all’esplicarsi del potere di autotutela decisoria:- obbligo di una congrua motivazione;
- presenza di concrete ragioni di pubblico interesse, non riconducibili alla mera esigenza di ripristino della legalità;
- necessaria considerazione dell’affidamento delle parti private destinatarie del provvedimento oggetto di riesame, tenendo conto anche del tempo trascorso dalla sua adozione;
- rispetto delle regole del contradditorio procedimentale;
- effettuazione di una adeguata istruttoria.
Inoltre, va considerato che la giurisprudenza mette in luce la necessità di ricercare un punto di equilibrio e di proporzione fra la rigidità formale delle procedure ed il livello di discrezionalità dei criteri di gara. In altri termini, la citata rigidità formale deve essere rapportata alla discrezionalità, nel senso che se quest’ultima è elevata, pure le garanzie formalistiche debbono essere adeguate in misura parallela.Viene, inoltre, attribuito alla Commissione il potere di sospendere le sedute, disponendo i relativi rinvii. Tale potere costituisce un eccezione al principio di continuità delle gare, il quale esige, nei limiti del possibile, che l’attività della Commissione venga concentrata temporalmente al massimo, allo scopo di evitare pericoli e deviazioni nella valutazione delle offerte. Come è ben noto, il principio di continuità non costituisce un “dogma assoluto”, ben conoscendo deroghe ed eccezioni.
La giurisprudenza evidenzia, tuttavia, la necessità che le interruzioni o le sospensioni siano motivatamente giustificate (CdS, sez. V, n. 442/1994; CdS, sez. IV, n. 1603/1998). Inoltre, la giurisprudenza (CdS, sez. IV^, n. 1.612/2002) evidenzia l’indispensabilità, in caso di rinvio, di predisporre misure idonee a prevenire la possibilità di manomissione dei plichi contenenti le offerte dei concorrenti. T.A.R. Campania, sez. VIII, 20 luglio 2007, n. 6860

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NATURA GIURIDICA DELLA COMMISSIONE DI GARA

La Commissione di gara costituisce un organo straordinario, temporaneo e perfetto. Organo straordinario, in quanto viene istituito per la cura di una particolare procedura, connessa ad un singolo e specifico appalto; organo temporaneo, nel senso che la Commissione viene a sciogliersi nel momento in cui esaurisce i suoi compiti, attraverso l’individuazione della migliore offerta; collegio perfetto, in quanto necessita, in molti casi (per le operazioni di carattere valutativo, non per quelle a carattere istruttorio) della presenza del plenum dei componenti per poter correttamente e legittimamente funzionare.
Il Codice dei contratti pubblici contiene una puntuale disciplina della commissione di gara, in riferimento all’eventualità, in cui si utilizzi il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (art. 84), ed in tema di concorso di progettazione (art. 106).
Ai sensi dell’articolo 84, la commissione di gara:
- viene nominata dalla stazione appaltante (organo competente ad effettuare la scelta del soggetto affidatario del contratto);
- è composta da un numero dispari di componenti, in numero massimo di cinque, esperti nello specifico settore cui si riferisce l'oggetto del contratto;
- è possibile la partecipazione di funzionari, appartenenti ad altra amministrazione, in qualità di commissari esterni (possibilità introdotta dal secondo decreto correttivo, il D.Lgs n. 113/2007);
- è presieduta, di norma, da un dirigente della stazione appaltante e, in caso di mancanza in organico, da un funzionario della stazione appaltante incaricato di funzioni apicali, nominato dall'organo competente (possibilità introdotta dal secondo decreto correttivo, il D.Lgs n. 113/2007).
I commissari, diversi dal presidente, non devono aver svolto né possono svolgere alcun'altra funzione o incarico tecnico o amministrativo, relativamente al contratto del cui affidamento si tratta. Coloro che, nel biennio precedente, hanno rivestito cariche di pubblico amministratore non possono essere nominati commissari, relativamente a contratti affidati dalle amministrazioni, presso le quali hanno prestato servizio. Sono esclusi da successivi incarichi di commissario coloro che, in qualità di membri delle commissioni giudicatrici, abbiano concorso, con dolo o colpa grave accertati in sede giurisdizionale con sentenza non sospesa, all'approvazione di atti dichiarati illegittimi. Ai sensi del comma 10° dell'articolo 84, la nomina dei commissari e la costituzione della commissione devono avvenire dopo la scadenza del termine fissato per la presentazione delle offerte. Il comma 12° dell’articolo 84, infine, prescrive che, in caso di rinnovo del procedimento di gara, a seguito di annullamento dell'aggiudicazione o di annullamento dell'esclusione di taluno dei concorrenti, è riconvocata la medesima commissione.
Ai sensi dell’articolo 106 (concorso di progettazione), alla commissione di gara si applicano le medesime disposizioni, previste dall’articolo 84, nei limiti di compatibilità. Se ai partecipanti ad un concorso di progettazione viene richiesta una particolare qualifica professionale, almeno un terzo dei membri della commissione deve possedere la stessa qualifica od una qualifica equivalente. T.A.R. Campania, sez. VIII, 20 luglio 2007, n. 6860

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24 maggio 2011

INFILTRAZIONI MAFIOSE - INFORMATIVA

Relativamente alle gare di appalto ed infiltrazioni mafiose, le informative devono fondarsi su elementi di fatto che, in quanto aventi carattere sintomatico ed indiziante, denotino in senso oggettivo il pericolo di collegamenti tra la società o l’impresa e la criminalità organizzata, da valutarsi sulla base di un esame complessivo degli elementi raccolti non essendo sufficiente la verifica di uno solo di essi.
Si richiede quindi un attendibile “giudizio di possibilità” “secondo la nozione di pericolo”, per il quale non occorre che sia provata l’esistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa essendo invece sufficiente, secondo un giudizio prognostico latamente discrezionale, ancorché ragionevole e circostanziato, la mera possibilità di interferenze malavitose rivelata da fatti idonei a configurarne il substrato con un accertamento, perciò, di grado inferiore e diverso da quello richiesto per l’individuazione di responsabilità penali. Consiglio di Stato, sez. VI, decisione 21.04.2010 n. 2224

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INFORMATIVA PREFETTIZIA ATIPICA

Le c.d. informazioni prefettizie (da acquisire dalla stazione appaltante, dopo l'aggiudicazione provvisoria di appalto di lavori e ai fini dell'esercizio di eventuali atti di autotutela della p.a.) possono essere ricondotte a tre tipi:
- quelle ‘ricognitive’ di cause di per sè interdittive di cui all'art. 4, comma 4, del d.lg. 8 agosto 1994, n. 490;
- quelle relative ad eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa e la cui efficacia interdittiva discende da una valutazione del prefetto;
- quelle ‘supplementari’ (o atipiche), la cui efficacia interdittiva scaturisce da una valutazione autonoma e discrezionale dell'amministrazione destinataria dell'informativa prevista dall'art. 1 septies, del d.l. 6 settembre 1982, n. 629, convertito dalla l. 12 ottobre 1982, n. 726, ed aggiunto dall'art. 2 della legge 15 novembre 1988, n. 486.
Il criterio distintivo si rinviene nella circostanza che, diversamente dall'informativa tipica che ha carattere interdittivo di ulteriori rapporti negoziali con le amministrazioni appaltanti una volta presenti i presupposti previsti dall'art. 4 d.lg. 490/1994 (sussistenza di cause di divieto o di sospensione - tentativi di infiltrazione tendenti a condizionare le scelte della società o dell'impresa), la c.d. informativa atipica non ha carattere di per sé interdittivo, ma consente l'attivazione degli ordinari strumenti di discrezionalità nel valutare l'avvio o il prosieguo dei rapporti contrattuali, alla luce dell'idoneità morale del partecipante alla gara di assumere la posizione di contraente con la p.a.
Pertanto, essa non necessita di un grado di dimostrazione probatoria analogo a quello richiesto per dimostrare l'appartenenza di un soggetto ad associazioni di tipo camorristico o mafioso e si basa su elementi, anche indiziari, ottenuti con l'ausilio di particolari indagini che possono risalire anche a eventi verificatisi a distanza di tempo. Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 20.01.2011 n. 396

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23 maggio 2011

FASCE DI RISPETTO AUTOSTRADALE

Nell’ambito della fascia di rispetto autostradale di 60 metri, prevista dal D.M. 1 aprile 1968 n. 1404, il vincolo di inedificabilità è assoluto, essendo a tal fine irrilevanti le caratteristiche concrete delle opere abusive realizzate nell’ambito della fascia medesima.
Il TAR Lombardia (BS), con la sentenza 21/03/2011, n. 450 ha confermato che il divieto di costruire è correlato alla esigenza di assicurare un’area libera utilizzabile dal concessionario dell’autostrada - all’occorrenza - per installarvi cantieri, depositare materiali, per necessità varie e, comunque, per ogni necessità di gestione relativa ad interventi in loco sulla rete autostradale.

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22 maggio 2011

LA NORMATIVA DEL SETTORE AUTOSTRADALE

La legge di riforma del settore (art. 2, comma 82 e seguenti, del D.L. 262/2006, convertito in L. 286/2006), in sintesi, ha previsto:
- l’introduzione di specifici poteri sanzionatori ed ispettivi nei confronti delle Società Concessionarie;
- la modifica degli aspetti concessori degli investimenti programmati e della formula tariffaria;
- la disciplina dei casi di inadempimento da parte delle Società Concessionarie degli obblighi convenzionali;
- l’introduzione delle “Convenzioni Uniche”, le cui clausole, per la regolazione dei rapporti intercorrenti tra l’Anas e le Società Concessionarie, devono assicurare il soddisfacimento di specifici requisiti, inerenti, tra l’altro, la determinazione delle tariffe, la destinazione degli extraprofitti, gli obblighi informativi nei confronti dell’Anas ed il riequilibrio dei rapporti concessori.
Il quadro regolatore è stato poi arricchito dai seguenti testi normativi:
- la delibera CIPE n. 39 del 15 giugno 2007, applicabile in caso di richiesta da parte delle Società Concessionarie di riequilibrio del piano economico-finanziario, sia per le nuove concessioni che per quelle in essere;
- la Direttiva Interministeriale del 30 luglio 2007, che ha introdotto l’obbligo della preventiva autorizzazione da parte dell’Anas delle operazioni comportanti modifiche soggettive delle Società Concessionarie ed in particolare l’obbligo di verifica della capacità del soggetto subentrante di adempiere agli obblighi assunti dalla Società Concessionaria uscente;
- la L. 101/2008, che ha convertito, con modifiche, il D.L. 59/2008 ed ha, tra l’altro, approvato ope legis tutti gli schemi di Convenzione Unica già sottoscritti tra l’Anas e le Società Concessionarie, alle relative date di entrata in vigore;
- la L. 2/2009, che ha convertito il D.L. 185/2008 ed ha ulteriormente modificato la disciplina del settore autostradale dettata dalla L. 286/2006, prevedendo la possibilità, per le Società Concessionarie che ne facciano richiesta, di concordare con l’Anas una formula semplificata di adeguamento annuale della tariffa di pedaggio, basata su una percentuale fissa dell’inflazione reale, per l’intera durata della convenzione. Il provvedimento ha inoltre disposto la sospensione degli incrementi delle tariffe autostradali fino al 30 aprile 2009 e la loro applicazione solo a decorrere dal 1° maggio dello stesso anno;
- la L. 14/2009, di conversione del D.L. 207/2008 (cd. “Milleproroghe”), che ha modificato la disciplina relativa agli appalti di lavori, servizi e forniture, aggiudicati dalle Società Concessionarie. E’ stata infatti ripristinata, per i concessionari autostradali che non sono “amministrazioni aggiudicatrici”, la disciplina prevista dal Codice dei Contratti Pubblici, agli articoli 142, comma 4, e 253, comma 25, consentendo così l’affidamento a società controllate/collegate (cd. “affidamenti infragruppo”) degli interventi previsti nelle concessioni, nel limite prefissato del 60%. La L. 286/2006 aveva infatti previsto unicamente affidamenti a terzi, previo esperimento di procedure ad evidenza pubblica;
- la L. 166/2009, di conversione del D.L. 135/2009, che ha previsto, ai fini della realizzazione di infrastrutture autostradali di esclusivo interesse regionale, il trasferimento, con decreto del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, delle funzioni e dei poteri di soggetto concedente ed aggiudicatore ad un soggetto di diritto pubblico, appositamente costituito in forma societaria e partecipato dall’Anas e dalle Regioni interessate o da soggetto da esse interamente partecipato. In ogni caso il decreto in questione consente il citato trasferimento solo per le infrastrutture ricadenti interamente nel territorio di competenza di una singola Regione e per quelle previste dagli strumenti di programmazione vigenti;
- la L. 191/2009 (Legge Finanziaria 2010) che ha previsto, all’art. 2, comma 202, la modifica dell’art. 8 duodecies, comma 2, del D.L. 59/2008 (convertito dalla L. 101/2008). In particolare tale modifica ha comportato l’approvazione degli schemi di Convenzione Unica sottoscritti “alla data del 31 dicembre 2009, a condizione che i suddetti schemi recepiscano le prescrizioni richiamate dalle delibere CIPE di approvazione, ai fini della invarianza di effetti sulla finanza pubblica, fatti salvi gli schemi di convenzione già approvati alla data di entrata in vigore del presente decreto”. La Legge Finanziaria 2010 ha altresì introdotto una specifica disciplina in relazione alle procedure ad evidenza pubblica di affidamento delle concessioni, che scadono entro il 31 dicembre 2014. Si evidenzia che la disciplina recata dalla L. 191/2009 è stata in parte modificata, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 78/2010;
- la L. 122/2010 che ha convertito, con modifiche, il D.L. 78/2010, che ha in primo luogo introdotto specifiche modifiche normative in relazione ai criteri ed alle modalità per l’applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali gestiti direttamente dall’Anas, nonché all’importo del canone annuo direttamente corrisposto alla stessa. Con riferimento alla tematica delle concessioni autostradali, la citata L. 122/2010, modificando l’art. 8 duodecies, comma 2, del D.L. 59/2008, ha disposto l’approvazione degli schemi di Convenzione Unica sottoscritti alla data del 31 luglio 2010, precisando che, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni del CIPE da parte delle Società Concessionarie di tali schemi ovvero dei relativi piani economico-finanziari, non si intendono approvati e sono sottoposti alle ordinarie procedure di approvazione previste dal D.L. 262/2006.

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21 maggio 2011

SMART CIG

A partire dal 02/05/2011 è disponibile nell'area servizi del portale dell'Autorità la nuova procedura semplificata, denominata Smart CIG, per il rilascio del CIG, Codice Identificativo Gara.
La semplificazione della procedura di rilascio del CIG rappresenta di conseguenza uno snellimento delle procedure inerenti il sistema di tracciabilità dei flussi finanziari nei contratti di cui alla L. 217/2010, il quale è imperniato proprio sui codici CIG e CUP (Codice Unico di Progetto). La procedura semplificata è applicabile per le seguenti fattispecie contrattuali:
- contratti di lavori di importo inferiore a 40.000 Euro, ovvero contratti di servizi e forniture di importo inferiore a 20.000 Euro, affidati ai sensi dell'art. 125 del D. Leg.vo 163/2006, o mediante procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando;
- contratti di cui agli artt. 16, 17 e 18 del medesimo decreto, indipendentemente dall'importo;
- altri contratti esclusi in tutto o in parte dall'ambito di applicazione del Codice fino ad un importo di 150.000 Euro;
- contratti affidati direttamente da un ente aggiudicatore o da un concessionario di lavori pubblici ad imprese collegate, ai sensi, rispettivamente, degli artt. 218 e 149 del Codice.
Sono previste due modalità di rilascio semplificato del CIG:
- acquisizione di singolo CIG a fronte dell'immissione di un numero ridotto di informazioni;
- possibilità di richiedere fino a 2 carnet contenenti ognuno 50 CIG ed aventi scadenza fissata in 90 giorni dalla data del rilascio. La stazione appaltante ha l'obbligo di comunicare tutte le informazioni a corredo di ciascun CIG entro e non oltre 30 giorni dalla data di scadenza del carnet, pena l'esclusione dal rilascio di nuovi carnet.
L'accesso al nuovo sistema è consentito, all'indirizzo https://smartcig.avcp.it/ a tutti gli utenti già abilitati al sistema SIMOG, mentre i nuovi utenti dovranno prima registrarsi all'indirizzo http://anagrafe.avcp.it.

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18 maggio 2011

I POTERI DELLA COMMISSIONE DI GARA

Le commissioni possono delegare talune operazioni di gara. Tale potere costituisce eccezione al principio di collegialità della Commissione, secondo cui la medesima costituisce un collegio perfetto e deve, quindi, operare con il plenum dei suoi componenti. Tale principio esplica valore solo in riferimento alle attività tipicamente valutative delle Commissioni, ben potendo procedersi ad una delega, laddove si tratti di un’attività meramente istruttoria e preparatoria, oppure di un’attività strumentale e vincolata.
Va evidenziato che non è possibile, da parte della Commissione, prendere atto delle valutazioni effettuate da un singolo componente, in quanto la valutazione costituisce un’attività di competenza esclusivamente collegiale (Tar Toscana, sez. II, n. 949/2002). Infine, la giurisprudenza evidenzia che la delega di attività istruttoria, in favore di un singolo membro o anche di una sottocommissione, necessita di un avallo da parte dell’intera Commissione di gara.
Ulteriore funzione, di indubbia rilevanza, rientrante nelle attribuzioni delle Commissioni di gara, è costituita dal potere di discrezionalità interpretativa, consistente nella potestà di interpretare le clausole del bando, ed il medesimo nella sua interezza, alla luce degli interessi pubblici e privati interagenti nella concreta fattispecie concorsuale. Si tratta di un potere di estrema delicatezza, come opportunamente evidenzia la giurisprudenza, il quale incontra anch’esso taluni precisi limiti.
In primo luogo, l’interpretazione del bando non può dar luogo ad una valutazione teleologica circa la rilevanza delle formalità, al fine della maggiore partecipazione e selezione delle offerte (CdS, sez. VI, n. 377/1993). In altri termini, la Commissione di gara non può interpretare finalisticamente il bando, privilegiando, in ogni caso, l’ottenimento di un’ampia gamma di soggetti partecipanti.
In secondo luogo, la Commissione non può assolutamente sostituirsi nelle valutazioni e decisioni, compiute dalla stazione appaltante, attraverso la previsione di precise clausole. Queste sono state prefissate dalla Pubblica Amministrazione, e non possono essere modificate dalla Commissione di gara (Tar Campania, sez. III^ ter, n. 7716/2002).
In terzo luogo, la discrezionalità interpretativa deve, in ogni caso, rispettare integralmente l’insuperabile principio della tutela della par condicio delle ditte concorrenti. Infatti, se una causa di esclusione non è espressamente prevista dal bando di gara, l’inosservanza della prescrizione correlata implica l’esclusione solo se la medesima risponde ad un interesse della stazione appaltante e se è posta a tutela della par condicio dei concorrenti (CdS, sez. V, n. 5690/2001). Ancor più chiaramente e recentemente, è stato statuito che, nel caso in cui il bando di gara preveda, a pena di esclusione, che l’offerta debba essere contenuta in un’apposita busta interna debitamente sigillata e controfirmata sui lembi di chiusura, è pienamente legittima l’esclusione di offerte difformi da tale clausola, in quanto occorre tutelare il principio di parità di trattamento fra tutti i partecipanti (CdS, sez. V, n. 1798/2002).
Infine, occorre osservare che l’esercizio del potere di interpretazione discrezionale non può far leva, in maniera esclusiva e talora fuorviante, sul principio della massima partecipazione alle gare, al fine di superare qualsiasi vizio afferente la documentazione di gara. In una sentenza del Tar Trentino Alto Adige, n. 350/2002, viene stabilito che il principio della massima partecipazione alla gara pubblica trova applicazione solo in presenza di clausole di equivoca formulazione.
Le Commissioni esercitano anche un potere di valutazione dei reati. Precisamente, quando la Commissione acquisisce la conoscenza di un reato, deve esprimere una valutazione discrezionale, diretta a verificare se il delitto commesso incide sul vincolo fiduciario che verrà ad instaurarsi successivamente alla stipula del contratto. Ciò è dovuto, praticamente, quasi sempre, ad eccezione dei casi in cui la legge stessa dispone l’esclusione automatica (art. 32 quater del Codice Penale – “Casi nei quali alla condanna consegue l’incapacità di contrattare con la Pubblica Amministrazione”). E’ evidente che si tratta di un potere alquanto delicato, in cui deve trovare necessariamente cittadinanza una attenta analisi, diretta ad accertare se la condanna subita possa implicare un qualche vulnus alla moralità professionale del soggetto partecipante alla gara. (T.A.R. Campania, sez. VIII, 20 luglio 2007, n. 6860)

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17 maggio 2011

DECRETO SVILUPPO

Pubblicato in G.U. n. 110 del 13/05/2011 il D.L. n. 70 del 13/5/2011, cosiddetto «Decreto Sviluppo», contenente diverse misure per lo sviluppo di vari settori dell'economia, tra le quali spiccano le nuove modifiche del Testo unico 380/2001, del decreto legislativo n. 163 del 2006, del d.P.R. n. 207 del 2010, del d.P.R. n. 380 del 2001, del decreto legislativo n. 42 del 2004, della legge n. 241 del 1990 ed altri ...

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15 maggio 2011

IL CERTIFICATO DI DESTINAZIONE URBANISTICA

Il TAR Lombardia con sentenza n. 729 del 2011 chiarisce la natura giuridica del certificato di destinazione urbanistica: "Secondo l’indirizzo giurisprudenziale assolutamente prevalente, al quale aderisce anche la scrivente Sezione, il certificato di destinazione urbanistica (di cui ai commi 2° e seguenti dell’art. 30 del D.Lgs. 380/2001, Testo Unico dell’Edilizia), in quanto atto di certificazione redatto da un pubblico ufficiale, ha natura ed effetti meramente dichiarativi e non costitutivi di posizioni giuridiche, che discendono in realtà da altri provvedimenti, che hanno a loro volta determinato la situazione giuridica acclarata dal certificato stesso.
Di conseguenza, essendo sfornito di ogni efficacia provvedimentale, è altresì privo di concreta lesività, il che rende impossibile la sua autonoma impugnazione.
Gli eventuali errori contenuti nel certificato possono semmai essere corretti dalla stessa Amministrazione, su istanza del privato, oppure quest’ultimo potrà impugnare davanti al giudice amministrativo gli eventuali successivi provvedimenti concretamente lesivi, adottati in base all’erroneo certificato di destinazione urbanistica. Su tali conclusioni, come già ricordato, la giurisprudenza appare largamente maggioritaria: si vedano in particolare, TAR Lombardia, Milano, sez. II, 12.1.2010, n. 21; TAR Campania, Napoli, sez. II, 20.9.2010, n. 17479; TAR Toscana, sez. I, 28.1.2008, n. 55; TAR Valle d’Aosta, 15.2.2008, n. 16; TAR Lombardia, Milano, sez. II, 4.11.2004, n. 5585 e TAR Lazio, sez. I, 28.5.1999, n. 542.
Nel Comune di Milano, tale orientamento risulta confermato dalla lettura dell’art. 114 del Regolamento Edilizio (norma espressamente richiamata nell’atto impugnato, cfr. doc. 1 della ricorrente), in forza del quale (vedesi comma 2°), il documento ivi gravato <<...ha carattere certificativo rispetto alla disciplina vigente al momento del suo rilascio, ma non vincola i futuri atti che l’Amministrazione Comunale può emanare nel rispetto delle norme vigenti in materia>>; il che esclude che un eventuale certificato erroneo possa avere effetti cogenti sulle successive determinazioni del Comune".

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S.I.O.S.

Una concorrente è risultata aggiudicataria provvisoria della gara, dopo l'esclusione di altre imprese risultate prive della qualificazione per la categoria “opere generali 11”, di cui al d.P.R. n. 34/2000 perché la stazione appaltante aveva ritenuto che dette opere non fossero subappaltabili (nonostante la diversa previsione del bando), in applicazione del divieto di cui all’ art. 13, legge n. 109/1994 (ora art. 37, d.lgs. n. 163/2006), poiché il valore delle opere stesse superava il 15% dell'importo complessivo dell'appalto.
Le imprese escluse avevano contestato l’esclusione, rivendicando la possibilità di subappaltare le opere o.g. 11, sostenendo l’inapplicabilità del cennato art. 13, a loro dire, riguardante solo le “opere speciali” (d’ora in poi o.s.) di cui al d.P.R. n. 34/2000. La s.a. aveva chiesto un parere (ex art. 6, d.lgs. n. 163/2006) all'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, che aveva aderito alla tesi delle escluse, pertanto, riammesse in gara.
Il Consiglio di Stato, al contrario risolve in senso opposto a quanto contenuto nel parere dell'Autorità di Vigilanza sui contratti pubblici ed ha affermato che: "la questione della subappaltabilità delle opere generali è stata ampiamente dibattuta, in relazione al fatto che l'art. 74, comma 2, d.P.R. n. 554/1999, consente detta scorporabilità delle o.g. e delle o.s., salvo il divieto di cui all'art. 13, comma 7, legge n. 109/1994 (ora art. 37, comma 11, d.lgs. n. 163/2006), ostativo al subappalto delle opere (diverse da quelle prevalenti ed ove eccedenti il valore del 15% dell'importo totale dei lavori) "... per le quali sono necessari lavori o componenti di notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica, quali strutture, impianti ed opere speciali... ".Dunque, l'individuazione delle opere rientranti nel divieto dev’essere di tipo sostanziale, non formale (con riguardo, cioè, alle declaratorie ex d.P.R. n. 34/2000, all. A, delle o.g. e delle o.s.), per cui, ai fini dell'applicabilità del divieto, occorre verificare, di volta in volta, in rapporto a ciascun appalto, se le opere classificate come generali siano in concreto di "notevole contenuto tecnologico o di rilevante complessità tecnica", indipendentemente dalla relativa declaratoria formale: in proposito, prevale l’esigenza di evitare che l’aggiudicataria, classificata per le opere prevalenti, agisca da copertura per una serie di mascherati subappalti concernenti proprio le opere di maggiore complessità tecnologica (indipendentemente dalla loro classificazione come o.g. o come o.s. da parte di una normativa grezza e sommaria) con conseguenti difficoltà, sia per la valutazione sostanziale dell’offerta e dell’esecuzione, sia per l’eventuale rivalsa (cfr. C.S., sez. IV, dec. 19 ottobre 2004 n. 6701; sez. VI, dec. 19 agosto 2003 n. 4671).
Proprio la discussa categoria o.g. 11 ricomprende opere impiantistiche termiche, idrauliche, elettriche, telefoniche ed altro, di contenuto tecnologico complesso, per cui alle o.g. 11 deve ritenersi applicabile il divieto di subappalto ex art. 13, comma 7, legge n. 109/1994, cit., donde l’erroneo parere dell’Autorità di vigilanza e gli errati provvedimenti adottati sulla base di detto parere".
(decisione del Consiglio di Stato n. 2479 del 2011)

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07 maggio 2011

L'AUTONOMIA DELL'APPALTATORE

L'autonomia dell'appaltatore il quale esplica la sua attività nell'esecuzione dell'opera assunta con propria organizzazione apprestandone i mezzi, nonché curandone le modalità ed obbligandosi verso il committente a prestargli il risultato della sua opera, comporta che, di regola, l'appaltatore deve ritenersi unico responsabile dei danni derivati a terzi dall'esecuzione dell'opera (nella specie i danni derivanti dall'esecuzione di lavori di riparazione del tetto di un edificio in condominio). Una corresponsabilità del committente può configurarsi in caso di specifica violazione di regole di cautela nascenti ex art. 2043 cod. civ. dal precetto di «neminem laedere», ovvero in caso di riferibilità dell'evento al committente stesso per «culpa in eligendo» per essere stata affidata l'opera ad un'impresa assolutamente inidonea, ovvero quando l'appaltatore in base a patti contrattuali sia stato un semplice esecutore degli ordini del committente ed abbia agito quale «nudus minister» attuandone specifiche direttive (cfr. ex plurimis Cass. 12.02.1997, n. 1284). In tali casi accertare se ricorra o meno la responsabilità del committente costituisce questione di fatto, come tale rimessa al giudice di merito la cui decisione non è sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata e immune da vizi logici e giuridici. CASS. CIV., SEZ. III, 21.6.2004, N. 11478In materia di appalto la funzione direttiva eventualmente riservata all’appaltante non esclude l’autonomia dell’appaltatore, a meno che quest’ultimo non venga ridotto alla funzione di “nudus minister”; che nel contratto di appalto era stabilito che l’appaltatore fosse l’unico responsabile dei danni eventualmente derivati dall’esecuzione dei lavori; che l’asserita erronea scelta del sito ove effettuare gli scavi non era stata effettuata in conformità alle scelte progettuali dell’amministrazione comunale; che la responsabilità dell’appaltatore doveva escludersi solo quando egli avesse denunciato al committente l’erroneità delle istruzioni impartitegli e ciò nonostante avesse dovuto comunque attenersi alle stesse in quanto ribadite; che risultava ex actis come a fronte delle denunce del G. circa i danni sofferti dal suo immobile “a seguito dei lavori eseguiti incautamente dall’impresa con potenti mezzi meccanici ... il Sindaco pro-tempore del Comune ha tempestivamente informato il direttore dei lavori il quale, a sua volta, con telegramma, ha invitato l’impresa appaltatrice ad adottare quei provvedimenti tecnici necessari ad eliminare gli inconvenienti denunciati, ma alle sollecitazioni, da parte della direzione dei lavori, l’impresa non ha ritenuto di ottemperarvi ed ha proceduto a sua discrezione nella esecuzione dei lavori, cagionando ed aggravando i danni lamentati dall’appellante”.
Decisiva è l’affermazione contenuta nell’impugnata sentenza che il comune aveva reso edotta l’impresa appaltatrice delle lagnanze del G. e dei danni denunciati, invitando ad ovviare a tali inconvenienti, ma l’impresa non aveva ottemperato all’invito; ed anche questo è un apprezzamento di fatto, incensurabile in cassazione. CASSAZIONE CIVILE, sez. III, 28 giugno 2005, n. 13934

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05 maggio 2011

I POTERI DELLA COMMISSIONE DI GARA

Le conclusioni, cui giunge il T.A.R. Campania, sez. VIII, con la sentenza 20 luglio 2007, n. 6860, possono essere sintetizzate nei seguenti quattro punti:
La commissione di gara pubblica è un organo straordinario e temporaneo dell'amministrazione aggiudicatrice, esplicante compiti di natura essenzialmente tecnica, con funzione preparatoria e servente rispetto all'amministrazione appaltante.
La commissione ha, quindi, la specifica funzione di esame e valutazione delle offerte formulate dai concorrenti, per l'individuazione del miglior contraente possibile.
In virtù di tale connotazione, la sua attività, che si concreta nella cosiddetta aggiudicazione provvisoria, acquisisce rilevanza esterna solo in quanto recepita ed approvata dagli organi competenti della predetta amministrazione, e cioè con l'aggiudicazione definitiva.
Ciò importa che, fino a quando tale approvazione non è intervenuta, la commissione può riesaminare, in autotutela, il procedimento di gara già espletato, anche riaprendo la gara ed escludendo concorrenti che erano stati illegittimamente ammessi, o viceversa ammettendo quelli esclusi.
La commissione ha il precipuo compito di selezionare il miglior contraente, nel rispetto delle regole del bando di gara, oltre che della specifica normativa di settore. A tal riguardo, occorre ricordare che la commissione non può, assolutamente, disapplicare il bando, ma deve attenersi al medesimo, pur se ritenuto illegittimo, fatta salva, ovviamente, la facoltà di invitare i competenti organi della stazione appaltante ad adottare i necessari atti di ritiro. Sul punto, la giurisprudenza è ben chiara. Nelle procedure di affidamento di appalti pubblici, il bando non è suscettibile di disapplicazione, perché tale potere è riconosciuto al giudice amministrativo nei confronti di norme a contenuto propriamente normativo, dotate di generalità ed astrattezza, come i regolamenti, mentre il bando di una gara d'appalto ha natura di provvedimento concreto. Né la disapplicazione può avvenire per contrasto con norme comunitarie, nel caso di un appalto al di sotto della soglia comunitaria (Consiglio di Stato, sez. V, n. 5295/2007).
Il Tar Campania sostiene che l'aggiudicazione provvisoria acquisisce rilevanza esterna solo in quanto recepita ed approvata dagli organi competenti della predetta amministrazione, cioè attraverso l'aggiudicazione definitiva. Tale affermazione riduce, in maniera immotivata ed infondata, la portata e la ratio dell'aggiudicazione provvisoria, quale attività propria della commissione di gara. Infatti, il negare rilevanza esterna implica, nell'errata visione del Tar, che l'aggiudicazione provvisoria sia priva di effetti giuridici propri.
L’aggiudicazione provvisoria costituisce un provvedimento amministrativo, che determina chiari effetti giuridici ampliativi della posizione giuridica dell’impresa, la quale è stata acclarata, a seguito di gara, vincitrice della procedura. Tale accertamento non è senza effetto, in considerazione, soprattutto, degli impegni ed oneri, che gravano, ora, sugli uffici della stazione appaltante e sull’impresa medesima.
Infatti, individuata l’impresa come vincitrice, la gara, intesa come competizione concorrenziale, è terminata, in quanto, ora, dovranno effettuarsi solo i controlli (sulle auto-dichiarazioni e sui requisiti) e le acquisizioni documentali. Non solo! Anche l’impresa prescelta ha degli obblighi, nel senso che deve esibire determinati documenti, non ottenibili dagli uffici, oltre a dover produrre le previste forme di garanzia. Questo solo per quanto riguarda il vincitore della gara! Infatti, per tutti gli altri soggetti partecipanti alla gara, esclusi od ammessi (ma, non vincitori), l’aggiudicazione provvisoria produce chiari effetti pregiudicativi, nel senso che ha frustrato la loro aspettativa di vittoria, nel caso in cui avessero delle censure da avanzare. In altri termini, con l’individuazione del vincitore (impresa aggiudicataria provvisoria), gli altri partecipanti ben possono sindacare l’aggiudicazione provvisoria medesima, laddove essa risultasse, a loro parere, viziata.
Ciò è ben chiaro, in quanto la posizione di aggiudicatario provvisorio è sufficiente a radicare, in capo agli altri soggetti, che avanzano censure, un interesse qualificato e differenziato all’impugnazione del provvedimento, come da tempo affermato dalla giurisprudenza: L’aggiudicazione provvisoria è atto immediatamente lesivo e come tale deve essere impugnato immediatamente, senza attendere la delibera di approvazione della Commissione giudicante (Tar Trentino Alto Adige, sez. Bolzano, n. 12/1996).
Quindi, è ben chiaro che l’aggiudicazione provvisoria costituisce un provvedimento amministrativo pienamente produttivo di effetti giuridici (non aspettative!), positivi ed ampliativi per una parte (l’impresa aggiudicataria provvisoria) e negativi-restrittivi per altri (le altre imprese partecipanti, che lamentano vizi). Ciò, fra l’altro, determina anche importanti risvolti di tipo processuale.
Infatti, laddove l’aggiudicazione provvisoria venga immediatamente impugnata, l’impresa ricorrente ha l’obbligo di impugnare, successivamente, anche l’aggiudicazione definitiva, pena l’improcedibilità del primo ricorso. Il collegamento procedurale fra le due aggiudicazioni si riverbera pure nei confronti delle due impugnazioni, eventualmente proposte, per cui le vicende dell’una condizionano l’altra. Come ben rileva il Tar Veneto (sez. I, n. 528/2003), l'impresa non aggiudicataria ha non l'onere, ma la facoltà di impugnare immediatamente l'aggiudicazione provvisoria, che è autonomamente lesiva, in quanto le inibisce l'ulteriore partecipazione al procedimento. Tuttavia, se tale facoltà viene esercitata, cioè se l'aggiudicazione provvisoria viene impugnata immediatamente e autonomamente, la parte ha l'onere di impugnare anche, in un secondo momento, l'aggiudicazione definitiva, pena l'improcedibilità del primo ricorso.
La commissione di gara ha il potere di “autotutela decisoria”, per cui può, sussistendone i presupposti, riammettere le imprese escluse o, viceversa, escludere quelle prima ammesse. Ovviamente, attraverso una congrua ed adeguata motivazione.

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04 maggio 2011

AVVALIMENTO PER I REQUISITI ISO 9000

Nella Sentenza n. 2344 del 18 aprile 2011, il Consiglio di Stato si è pronunciato circa la possibilità di avvalimento della certificazione di qualità ISO 9001/9002.
Secondo il Consiglio di Stato l'ampia operatività dell'avvalimento, come già ribadito dalla giurisprudenza comunitaria, deve essere estesa anche ai requisiti che attestano elementi qualitativi, quali, ad esempio, la certificazione ISO. L'istituto dell'avvalimento ha lo scopo di incentivare la concorrenza, agevolando l'ingresso nel mercato di nuovi soggetti e non contiene alcun divieto sui requisiti soggettivi che possono essere comprovati mediante tale strumento. L'avvalimento assume, quindi, una portata generale e si deve evitare ogni lettura restrittiva dell'ambito di operatività della nuova disciplina.
A parere del CdS, non persuade l’indirizzo interpretativo espresso dall'Autorità di Vigilanza dei Contratti Pubblici, secondo cui la norma porrebbe un divieto assoluto ed inderogabile di ricorrere all'avvalimento al fine di dimostrare la disponibilità dei requisiti soggettivi.

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03 maggio 2011

IL LUCRO CESSANTE

Il lucro cessante da mancata aggiudicazione può essere risarcito per intero se e in quanto l'impresa possa documentare di non aver potuto utilizzare mezzi e maestranze, lasciati disponibili, per l'espletamento di altri servizi, mentre quando tale dimostrazione non sia stata offerta è da ritenere che l'impresa possa avere ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri, analoghi servizi, così vedendo in parte ridotta la propria perdita di utilità, con conseguente riduzione in via equitativa del danno risarcibile. Si tratta, appunto, di un'applicazione del principio dell'aliunde perceptum, in base al quale, onde evitare che a seguito del risarcimento il danneggiato possa trovarsi in una situazione addirittura migliore rispetto a quella in cui si sarebbe trovato in assenza dell'illecito, va detratto dall'importo dovuto a titolo risarcitorio, quanto da lui percepito grazie allo svolgimento di diverse attività lucrative, nel periodo in cui avrebbe dovuto eseguire l'appalto in contestazione.
In sede di quantificazione del lucro cessante da mancata aggiudicazione, spetterà all'impresa dimostrare, anche mediante l'esibizione all'Amministrazione di libri contabili, di non avere eseguito, nel periodo che sarebbe stato impegnato dall'appalto in questione, altre attività lucrative incompatibili con quella per la cui mancata esecuzione chiede il risarcimento del danno.
Il fatto stesso di eseguire un appalto pubblico (anche a prescindere dal lucro che l'impresa ne ricava grazie al corrispettivo pagato dalla stazione appaltante), può essere comunque fonte per l'impresa di un vantaggio economicamente valutabile, perché accresce la capacità di competere sul mercato e quindi la chance di aggiudicarsi ulteriori e futuri appalti. L'interesse alla vittoria di un appalto, nella vita di un'impresa, va invero ben oltre l'interesse all'esecuzione dell'opera in sé, e al relativo incasso. Alla mancata esecuzione dell'opera appaltata si ricollegano, infatti, diretti nocumenti all'immagine della società e al suo radicamento nel mercato, per non dire del potenziamento di imprese concorrenti che operino sul medesimo target di mercato, in modo illegittimo dichiarate aggiudicatarie della gara. In linea di massima, allora, deve ammettersi che l'impresa illegittimamente privata dell'esecuzione di un appalto posa rivendicare a titolo di lucro cessante anche la perdita della possibilità di arricchire il proprio curriculum professionale. Consiglio Stato Sez. VI del 21 maggio 2009 n. 3144

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ATTIVITÀ CHE NON COSTITUISCONO SUBAPPALTO

L’esclusione dalla configurabilità di subappalto di alcune categorie di servizi e forniture, “per le loro specificità” è dettata dall’art. 118 comma 12 del D. Lgs. 163/06.
Relativamente alla casistica contenuta nella lettera a) del comma 12, riferita ad “attività specifiche svolte da lavoratori autonomi” occorre distinguere la tipologia di attività di impresa da quella di prestazione di lavoro autonomo.
L’attività di impresa, definita dal punto di vista normativo, attraverso la nozione di imprenditore (art. 2082 c.c.), è soggetta al subappalto se ricorrono le condizioni di cui all’art. 118 comma 11 del citato D. Lgs. 163/03.
L’attività di lavoro autonomo , si configura quando un soggetto si obbliga a rendere in prima persona prestazioni d'opera o servizi "senza vincolo di subordinazione" (art. 2222 c.c.). In tale ultima casistica paiono trovare collocazione le consulenze professionali, le prestazioni d’opera intellettuali.
Occorre comunque coordinare l’ipotesi indicata nella lettera a) del comma 12 dell’art. 118 con la normativa in materia di somministrazione di manodopera di cui al D.Lgs. n.276/03 e con l’art. 91 c.3, del Codice, che prevede il divieto all’affidatario di prestazioni di natura progettuale di avvalersi del subappalto, fatta eccezione per le indagini geologiche, geotermiche, sismiche, sondaggi, rilievi, etc.
Ne deriva che l’esclusione di configurabilità di subappalto è riferita ad attività specifiche svolte da lavoratori autonomi, quali consulenze professionali, ed intellettuali, comunque diverse da quelle professionali di cui all’art.91 comma 3.

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01 maggio 2011

RESPONSABILITÀ DELL'APPALTATORE

Le specifiche e particolari norme di settore (la L. 5 novembre 1971, n. 1086 ed il relativo regolamento di attuazione D.M. 16 giugno 1976) non solo non possono ritenersi valere a ridurre o limitare la responsabilità dell'appaltatore, ma esse vanno per converso intese nel senso che la relativa inosservanza viene a ridondare in termini di colpa grave dell'appaltatore [ cfr. Cass., 27/4/1993, n. 4921, ove, con riferimento alle norme contenute nella circolare del Ministero LL.PP. n. 3797 del 6 novembre 1967, si è affermato fare carico al direttore dei lavori verificare la rispondenza dello stato effettivo dei luoghi a quello descritto in progetto e, se appare necessario, eseguire saggi sui terreni di fondazione per prendere esatta cognizione dei suoli medesimi.
Ciò in quanto, ancorché dettate per gli appalti di opere pubbliche, tali disposizioni riflettono regole generali di comune prudenza, sicché la loro inosservanza integra una colpa grave che comporta la responsabilità (nel caso, del direttore dei lavori) nei confronti del committente ai sensi degli artt. 1176 e 2236 c.c. La mancata rilevazione della presenza di un blocco di laterizio residuato da precedenti lavorazioni, che aveva impedito «un omogeneo distribuirsi del terreno», e che è rimasto nel caso accertato aver causato un «vuoto nel terreno sotto la colonna n. 15» nel quale quest'ultima è, all'esito della perforazione della pavimentazione in calcestruzzo sprofondata per circa 25 cm., correttamente è stata dunque ritenuta integrare l'inadempimento contrattuale della società appaltatrice, con conseguente affermazione della relativa responsabilità. CORTE DI CASSAZIONE Civile Sez. III, 31/05/2006 Sentenza n. 12995

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PERIZIA DI VARIANTE IN SANATORIA

Con Deliberazione n. 73 del 1 dicembre 2010 l’AVCP si è espressa a seguito di un esposto del Direttore dei Lavori in merito alla gestione dei lavori di costruzione di un edificio per uffici ed accoglienza nonché dei servizi connessi e relativa galleria di collegamento per conto di Azienda ospedaliera.
In particolare, sulla perizia di variante l’AVCP rileva che la stessa appare formulata nei limiti economici previsti dall’art. 25, co. 3, 2° e 3° periodo della L.109/94. Emerge, però, dalla documentazione agli atti che alcune delle lavorazioni e forniture di materiali previsti nella variante siano state oggetto di esecuzione prima dell’approvazione della perizia di variante stessa. Ciò appare in contrasto, come più volte indicato dal Consiglio dell’Autorità (Determinazione n. 16/2000 del 5 aprile 2000 - Deliberazione n. 35 del 23/05/2006), con l’art. 25 della L.109/94, il quale non prevede l’approvazione di perizie di variante in sanatoria, ancorché nell’interesse della Amministrazione e da questa disposte.


La giurisprudenza sull’argomento, pur confermando l’impossibilità per l’appaltatore di apportare variazioni al progetto, appare orientata verso un accoglimento della possibilità da parte dell’Amministrazione di disporre variazioni in corso d’opera in pendenza dell’approvazione della perizia di variante (Cassazione civile, Sez. I - 2 luglio 1998 n. 6470) in quanto, le variazioni apportate in corso di esecuzione di un'opera appaltata da un ente pubblico in mancanza di un ordine scritto del direttore dei lavori (art. 342 della legge n. 2248 del 1865), se riassunte in una cd. "perizia di variante" successivamente approvata dal competente organo dell'ente appaltante, possono essere "sanate" quanto al profilo dell'irregolarità derivante dalla mancanza dell'ordine scritto. Ciò, quindi, non esclude, nell’esclusivo e superiore interesse della P.A., che ragioni di opportunità e speditezza giustifichino l’approvazione di perizie in sanatoria.


Tale possibilità, a parere della Direzione generale della vigilanza lavori dell’AVCP, deve però rimanere circoscritta a casi che, sia per il rilievo economico delle variazioni apportate che per il rilievo tecnico – funzionale delle stesse non incidano pesantemente nel vincolo contrattuale con l’impresa. A sostegno di ciò appare evidente come i limiti posti dall’art.25 della legge 109/94, ora ripetuti nell’art. 132 del D.Lgs 163/2006, possano costituire valido argine di salvaguardia di tale sinallagma contrattuale. Nel caso di specie la minimale variazione economica apportata dalla perizia di variante (+0,41%) nonché le minimali variazioni eseguite in pendenza di approvazione della perizia stessa, quali esecuzione di massetti di sottofondo, forniture di lastre di travertino, di grès porcellanato, piastrelle di monocottura e lastre di controsoffitto appaiono confortare le decisioni della Stazione appaltante, in quanto rientranti, alcune di queste, forse anche tra quelle modificazioni di dettaglio poste nella disponibilità del direttore dei lavori.
Per quanto attiene i termini di ultimazione dei lavori emerge che le opere non ultimate rappresentano meno dell’1% del totale e, pertanto, non sembra essere impedita l’emissione del certificato di ultimazione dei lavori, salvo assegnare all’impresa esecutrice un congruo e perentorio termine per il completamento delle parti non ultimate, nel caso le sistemazioni esterne..
L'AVCP evidenza che, dalla lettura della documentazione agli atti del fascicolo, appare emergere una differenza di approccio da parte dei soggetti interessati (Responsabile unico del procedimento, Direttore dei lavori, Collaudatore) con rilevazione di difficoltà nelle relazioni interpersonali tra gli stessi con conseguente produzione di copiosa corrispondenza. Si ritiene che, come stabilito dall’art. 1 della legge-quadro, compito primario di tutti i soggetti coinvolti nell’esecuzione di un contratto di lavori pubblici sia quello di cooperare con leale collaborazione, secondo criteri di efficienza ed efficacia, per il raggiungimento dell’obiettivo primario dato dalla concreta conclusione dell’oggetto contrattuale, il quale, non va dimenticato, costituisce sempre opera o lavoro soddisfacente un superiore interesse collettivo, ed ogni ritardo nella sua conclusione costituisce, di per sé, ove non espressamente e correttamente giustificato, un danno per il bene comune, il quale, specialmente in un ambito sanitario ed ospedaliero, incide sul diritto costituzionalmente garantito della salute dei cittadini. Per queste considerazioni il Consiglio:
- rileva, nonostante il contrasto con l’art. 25 della legge 11 febbraio 1994, n.109, della procedura di approvazione della perizia di variante in sanatoria, disposta con la deliberazione n. 271 del 13.10.2009, che ragioni di opportunità e speditezza hanno determinato la esecuzione e fornitura di alcune lavorazioni poi ricomprese nella perizia di variante, che hanno consentito di non sospendere i lavori in attesa della conclusione del procedimento di approvazione della perizia stessa;- non ritiene sussistano evidenti ragioni che impediscano l’emissione del certificato di ultimazione dei lavori, data l’esiguità, in termini economici, delle lavorazioni residue, salvo assegnare all’impresa esecutrice un congruo e perentorio termine per il completamento delle parti non ultimate;
- richiama i soggetti interessati all’esecuzione del contratto di appalto, all’adozione di comportamenti di leale collaborazione, secondo criteri di efficienza ed efficacia, utili al raggiungimento dell’obiettivo principale, dato dalla concreta conclusione dell’oggetto contrattuale, il quale, non va dimenticato, costituisce sempre opera o lavoro soddisfacente un superiore interesse collettivo, ed ogni ritardo nella sua conclusione costituisce, di per sé, ove non espressamente e correttamente giustificato, un danno per il bene comune, il quale, specialmente in un ambito sanitario ed ospedaliero, incide sul diritto costituzionalmente garantito della salute dei cittadini.

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VARIANTI IN CORSO D'OPERA

La misura del quinto dell’importo originario dell’opera (c.d. quinto d’obbligo) rappresenta il limite entro il quale l’appaltatore è obbligato all’esecuzione degli ulteriori lavori di cui al contratto di appalto originario, ed oltre il quale, invece, i lavori possono essere qualificati come variante del predetto contratto originario, spettando all’appaltatore il diritto alla risoluzione del contratto, salvo che non voglia espressamente eseguirli, previo nuovo accordo.

Pertanto, qualora l’amministrazione appaltante richieda l’esecuzione di lavori diversi da quelli indicati nel contratto originario ed in variante ad essi, per un importo superiore al c.d. quinto d’obbligo, detta richiesta non trova fondamento nell’originario contratto di appalto e ad essa, pertanto, non corrisponde alcun obbligo da parte dell’appaltatore; con la conseguenza che il successivo accordo intervenuto tra le parti per l’esecuzione dei nuovi lavori in variante (nella forma di un atto di sottomissione o di un atto aggiuntivo) deve essere inteso come un nuovo contratto, autonomo rispetto a quello originario. La negoziazione di nuove condizioni per l’esecuzione dei nuovi lavori a seguito dell’apposita perizia di variante è sicura prova di un nuovo e autonomo contratto, ma quest’ultimo non può essere escluso per la mera circostanza che l’appaltatore abbia convenuto di eseguire i nuovi lavori agli stessi patti e condizioni del contratto di appalto originario. Consiglio di Stato, Sezione IV - Sentenza 14/09/2004 n. 5931
Costituisce causa di legittima sospensione dei lavori da parte dell'amministrazione committente il verificarsi di casi di forza maggiore, fra i quali deve farsi rientrare anche il factum principis consistente in ordini o divieti di un'autorità amministrativa estranea al rapporto contrattuale, dai quali derivi l'impossibilità di eseguire la prestazione a prescindere dal comportamento dell'obbligato e senza sua colpa riguardo alle cause che hanno determinato i medesimi.

Il dovere di cooperazione, espressione dei doveri di correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto, impone all'amministrazione appaltante di osservare tutti quei comportamenti che, a prescindere da specifici obblighi contrattuali e dal generale dovere del neminem laedere, appaiono idonei a preservare gli interessi dell'appaltatore senza rappresentare per essa un apprezzabile sacrificio e senza comportare lo svolgimento di attività eccezionali per conoscere e rimuovere ostacoli sopraggiunti ed imprevedibili. Corte di Cassazione, sezione civile, Sezione I - Sentenza 23/05/2002 n. 7543
Le variazioni apportate in corso di esecuzione di un'opera appaltata da un ente pubblico in mancanza di un ordine scritto del direttore dei lavori (art. 342 della legge n. 2248 del 1865), se riassunte in una cd. "perizia di variante" successivamente approvata dal competente organo dell'ente appaltante, possono essere "sanate" quanto al profilo dell'irregolarità derivante dalla mancanza dell'ordine scritto, ma tale sanatoria non è idonea a spiegare ultrattivamente i suoi effetti, per il passato, sino al punto da escludere che l'irregolarità medesima sia stata la causa di vicende ulteriori riguardanti l'appalto, come il ritardo nella corresponsione dei corrispettivi dovuti all'appaltatore. Corte di Cassazione, sezione civile, Sezione I 02/07/1998 n. 6470
Sono illegittimi gli atti aggiuntivi ad un contratto di esecuzione di opera pubblica quando i lavori ivi contemplati non hanno ad oggetto opere accessorie a quelle commesse con i primitivi contratti ma hanno interessato prevalentemente l'esecuzione dell'intera opera da realizzare, per essere conseguenti ad evidenti carenze ed errori delle previsioni progettuali non suffragate a suo tempo da appropriate indagini tecniche.

Le variazioni dell'originario progetto di esecuzione di un'opera pubblica che superino il c.d. sesto quinto obbligano il privato appaltatore solo a seguito di una sua nuova manifestazione di volontà che, pur se connessa con quella del precedente contratto, è da questa distinta dando luogo ad un ulteriore ed autonomo consenso negoziale.

Nello stabilire il compenso per le opere appaltate con i c.d. atti aggiuntivi deve tenersi conto dei prezzi in vigore all'atto della loro stipula, ed alla revisione prezzi deve procedersi con riferimento alla data dell'affidamento dei lavori aggiuntivi, tanto più quando in essi vengano stabiliti nuovi prezzi, a nulla rilevando che nel contratto suppletivo sia stata inserita una clausola che ha assunto come termine di riferimento i prezzi esistenti alla data dell'offerta che ha dato luogo al contratto principale. Corte dei Conti, Sezione Contr. 08/02/1995 n. 19

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