28 novembre 2010

NUOVO REGOLAMENTO CODICE DEI CONTRATTI: LE OSSERVAZIONI DELLA CORTE DEI CONTI

La Corte dei Conti ha formulato osservazioni e chiesto chiarimenti in merito ad alcune norme contenute nello schema di Regolamento d'attuazione del Codice dei Contratti, di cui al D. Leg.vo 163/2006, in vista del parere che dovrà essere espresso entro il 20/12/2010.
Le osservazioni riguardano la norma che prevede per la determinazione dei compensi dei collaudatori interni, dipendenti delle amministrazioni, il ricorso alle tariffe professionali, ritenuto improprio, dal momento che i tecnici dipendenti delle P.A. andrebbero pagati con l'incentivo del 2% previsto dall'art. 92, comma 5, del D. Leg.vo 163/2006 per le attività di progettazione, direzione lavori e collaudo.
Chiarimenti riguardano le norme inerenti le tariffe delle SOA e la qualificazione delle imprese, la disciplina delle opere superspecialistiche, e la finanza di progetto nei contratti di servizi.
Attendiamo il testo definitivo.

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VALIDITA' TRIMESTRALE DEL DURC

Circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 35 dell'8 ottobre 2010.Il Ministero del lavoro prende atto in questa recente circolare del nuovo orientamento dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici, secondo il quale il DURC, nell’ambito degli appalti pubblici, ha validità trimestrale.

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DICHIARAZIONI DI AVVALIMENTO

Comunicato Aut. vig. sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture 25/11/2010
Trasmissione obbligatoria dei dati da parte delle stazioni appaltanti e la loro libera consultazione.
Le dichiarazioni di avvalimento dei soggetti che concorrono alle gare pubbliche dovranno essere trasmesse per ciascuna gara di lavori, servizi o forniture dalle pubbliche amministrazioni all’Autorità esclusivamente mediante il nuovo servizio informatico “Comunicazioni di avvalimento – Trasmissioni”, disponibile sul portale dell’AVCP, come indicato dal comunicato del Presidente del 24 novembre 2010.
Con la nuova procedura di invio dati dell’avvalimanto – la possibilità per un concorrente di soddisfare la richiesta sul possesso dei requisiti o dell’attestazione della certificazione SOA avvalendosi di quelli di altro soggetto - le stazioni appaltanti sono tenute ad inviare anche le indicazioni dell’aggiudicatario, relative alle gare espletate dal 30 luglio 2010. Le nuove modalità di trasmissione entreranno in vigore dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del comunicato del Presidente. Il servizio è ad accesso riservato e necessita la registrazione all’anagrafe dell’Osservatorio.
Per soddisfare la necessità di attuare la pubblicità degli atti, è disponibile anche un servizio ad accesso libero, “Comunicazioni di avvalimento – Consultazione”. Per entrambe i servizi sono consultabili i manuali d’uso.

23 novembre 2010

APPALTI VERDI

Si chiama Appalti Verdi - Green Public Procurement, il nuovo sistema informatico per il monitoraggio dell'applicazione dei criteri ambientali in materia di acquisti verdi da parte delle pubbliche amministrazioni.
Il sistema informatico è stato realizzato dall’AVCP per attuare il ‘Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi della pubblica amministrazione”, il piano nazionale sul Green Public Procurement (PAN GPP), adottato dall’Italia (Decreto 135/2008) per attuare le raccomandazioni della Commissione europea sulla politica integrata dei prodotti e lo sviluppo del concetto di ciclo di vita ambientale.
Il Piano definisce il quadro di riferimento del GPP in Italia, stabilisce gli obiettivi nazionali e identifica gli 11 settori prioritari di intervento:
1. arredi (mobili per ufficio, arredi scolastici, arredi per sale archiviazione e sale lettura);
2. edilizia (costruzione e ristrutturazione di edifici con particolare attenzione ai materiali da costruzione, costruzione e manutenzione delle strade);
3. gestione dei rifiuti;
4. servizi urbani e al territorio (gestione del verde pubblico, arredo urbano);
5. servizi energetici (illuminazione, riscaldamento e raffrescamento degli edifici, illuminazione pubblica e segnaletica luminosa);
6. elettronica (attrezzature elettriche ed elettroniche d’ufficio e relativi materiali di consumo, apparati di telecomunicazione);
7. prodotti tessili e calzature;
8. cancelleria (carta e materiali di consumo);
9. ristorazione (servizio mensa e fornitura alimenti);
10. servizi di gestione degli edifici (servizi di pulizia e materiali per l’igiene);
11. trasporti (mezzi e servizi di trasporto, sistemi di mobilità sostenibile).

A decorrere dal 9 novembre 2010 le Stazioni Appaltanti sono tenute a comunicare, tramite collegamento disponibile sul sito dell’Autorità http://www.avcp.it, Area Servizi, per le procedure di affidamento iniziate dopo il 1° gennaio 2010, le informazioni rientranti nell’ambito di applicazione del Decreto del 12 ottobre 2009 del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. con il quale sono stati definiti i criteri ambientali minimi, al momento relativi ai soli prodotti “ammendanti” (sostanze o miscugli che migliorano le caratteristiche fisiche del suolo) e “carta in risme”.
L’invio delle nuove comunicazioni è obbligatorio sia per affidamenti soggetti all’obbligo di acquisizione del CIG, sia per affidamenti ordinariamente non soggetti a tale obbligo (affidamenti di importo inferiore ad € 20.000 aventi ad oggetto servizi e forniture; affidamenti di importo inferiore ad € 40.000 aventi ad oggetto esecuzione di lavori o opere).
Per gli affidamenti per i quali è già stato acquisito il CIG i nuovi obblighi di comunicazione riguardano informazioni aggiuntive rispetto a quelle già inviate.

Gli ammendanti del suolo sono materiali da aggiungere al suolo in situ, principalmente per conservarne o migliorarne le caratteristiche fisiche e/o chimiche e/o l’attività biologica.
L’ammendante compostato, così come definito dalla normativa nazionale sugli acquisti verdi (Decreto 8 maggio 2003, n. 203 e Circolare 22/03/2005), rientra a tutti gli effetti tra i “beni riciclati”. Si tratta infatti di un prodotto che deriva da un processo biologico controllato in grado di trasformare matrici organiche di diversa provenienza in un materiale omogeneo e stabile e caratterizzato da una buona dotazione di sostanza organica non fermentescibile. La circolare presenta anche una lista non esaustiva di potenziali impieghi:
• Ammendante per ricarichi di sostanza organica per parchi e giardini
• Ammendante per la cura di aree verdi ricreative e sportive
• Ammendante per la costruzione del verde urbano
• Ammendante per la ricostituzione della copertura vegetale delle discariche
• Ammendante per la ricostituzione della copertura vegetale negli interventi di bonifica
L’ammendante compostato è considerato un fertilizzante e come tale è regolamentato dal D.lgs 217/06 “Revisione della disciplina in materia di fertilizzanti”. Tale prodotto è largamente utilizzato anche in operazioni di realizzazione e manutenzione di aree verdi urbane o di interesse naturalistico.
La crescente esigenza di recuperare il territorio attraverso tecniche capaci di coniugare il ripristino delle condizioni fisiche e chimiche del suolo con l’aspetto estetico-paesaggistico, ha fatto crescere l’offerta annua su scala nazionale di ammendanti compostati di qualità.

22 novembre 2010

LA VERIFICA DELL'ANOMALIA DELLE OFFERTE DEVE AVERE AD OGGETTO LA VALUTAZIONE DELL'OFFERTA NEL SUO INSIEME

La verifica dell'anomalia delle offerte deve avere ad oggetto la valutazione dell'offerta nel suo insieme al fine di accertare se essa risponda o meno all’interesse della stazione appaltante: modeste divergenze di alcune voci di prezzo possono non essere idonee a ritenere l'inattendibilità dell'offerta complessiva del concorrente.
Consiglio di Stato, sezione V, Sentenza 8 settembre 2010 n. 6495
Non compete alla commissione preposta all'esame delle offerte per l'aggiudicazione di pubblici appalti verificare se vi sia o meno rispetto della normativa fiscale. Né il sindacato del giudice può spingersi sino a sindacare le ragioni per le quali la commissione tecnica preposta alla verifica dell'anomalia non abbia ritenuto di chiedere l’ausilio di competenze specialistiche esterne in materia fiscale, al fine di verificare il peso fiscale sugli utili derivanti dall’appalto.
La commissione è semplicemente tenuta a valutare la congruità complessiva dell'offerta e non le singole voci che la compongono, ivi compresa quella fiscale.
Con l'appello proposto viene censurata la sentenza, laddove, dopo aver condiviso le conclusioni peritali che avevano confermato l'incongruità dell'offerta in più di una voce di tariffa, ha poi ritenuto che l'offerta non fosse anomala. Più esattamente l'appellante ha dedotto che per il solo fatto che alcune voci di prezzo (9 sulle 24 voci verificate) sarebbero state ritenute incongrue dalla consulenza tecnica d'ufficio, l'intera offerta avrebbe dovuto essere di-chiarata anomala.
Va premesso che il giudice di primo grado ha chiesto al consulente di verificare sia le voci di prezzo in ordine alle quali erano state formulate specifiche censure, sia l'incidenza quantitativa e qualitativa di tali voci in ordine alla complessiva offerta economica presentata dall'aggiudicataria.
Il quesito è stato correttamente posto, in quanto coerente con i consolidati principi della Sezione, secondo cui la verifica dell'anomalia delle offerte deve avere ad oggetto la valutazione dell'offerta nel suo insieme al fine di accertare se essa risponda o meno all’interesse della stazione appaltante.
Dalla consulenza risulta che, anche in presenza di alcune voci di prezzo che presentavano lievi discordanze rispetto al prezzo congruo, l'incidenza sul prezzo finale dell'appalto è pari solo allo 0,89%.
Correttamente, quindi, il giudice di primo grado ha ritenuto che si tratti di una percentuale che oggettivamente non può portare ad un giudizio di inattendibilità dell'intera operazione economica e comunque non poteva comportare una valutazione negativa dell'offerta del concorrente, confermando il giudizio positivo reso dalla stazione appaltante sull'anomalia dell'offerta e la conseguente aggiudicazione dei lavori.
Più in dettaglio, la sezione osserva come dalla consulenza tecnica emerga che non solo per 9 delle 24 voci di spesa verificate la divergenza è irrisoria, ma che, come ha ritenuto il giudice di primo grado, dalle voci discordanti devono essere espunte le tariffe relative allo scavo di sbancamento e ai pali di diametro 800 e 1200 mm. Infatti, quanto al primo, i funzionari verificatori hanno fatto riferimento al “martello perforatore” e non invece al “martello vibrante” conforme all’offerta e, quanto ai secondi, hanno preso in considerazione la posa in opera dell'acciaio per i pali, nonostante questo esorbitasse dall'oggetto del giudizio ed dall'incarico conferito.
In conclusione, il maggiore importo che l'impresa aggiudicataria avrebbe potuto offrire sarebbe stato di euro 14.716,95 rispetto a 14 milioni di euro (valore dell'intero appalto) e il ribasso percentuale sarebbe stato pari al 35,579% rispetto all'offerta del 35,667%.
Va da sé che alla luce del principio sopra espresso, le modeste divergenze di alcune voci di prezzo non sono idonee a ritenere l'inattendibilità dell'offerta complessiva del concorrente.

REGIONE LIGURIA: ESPROPRI PER I PRIS

La legge della Regione Liguria sui PRIS (LR 39/2007), i Programmi Regionali di Intervento Strategico, all’art.6 ha introdotto una misura finalizzata a favorire la cessione volontaria dell’immobile in caso di esproprio per demolizione e limitare il contenzioso. E’ prevista la corresponsione, a carico del soggetto attuatore, di una quota fissa destinata alle famiglie costrette a lasciare l’abitazione di euro 40.000,00 per ogni unità immobiliare (si rivaluta dall’entrata in vigore della legge, oggi è pari a euro 42.750,00). Si aggiunge all’indennizzo per la perdita dell’immobile e serve a coprire le spese di trasloco e compensare il disagio. Vale per i proprietari solo se residenti altrimenti l’indennizzo va all’inquilino dimorante. L’inquilino può esercitare anche l’opzione fra le due previste: fruire del contributo e cercarsi autonomamente un’altra casa o accettare la ricollocazione in un alloggio fornito dall’ente pubblico, in proprietà o in locazione. In quest’ultimo caso riveve un’indennità di soli 10.000,00 euro mentre gli altri 30.000,00 euro vanno all’ente proprietario per le spese di realizzazione/ristrutturazione. Nessun compenso aggiuntivo se l’alloggio è in nuda proprietà o inoccupato al momento dell’attivazione della procedura. Anas aveva espresso critiche al provvedimento.

21 novembre 2010

LINEE GUIDA SULLA TRACCIABILITÀ DEI FLUSSI FINANZIARI

Emanate dall’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (AVCP) le linee guida sulla tracciabilità dei flussi finanziari a seguito del piano straordinario contro le mafie.
La Determinazione n. 8 del 18 novembre 2010 tratta gli ambiti di applicazione della tracciabilità, fornisce indicazioni generali sulle modalità di attuazione della stessa, sulla richiesta e l’indicazione del codice identificativo di gara (CIG) e del codice unico di progetto (CUP) e sulla gestione dei movimenti finanziari e le comunicazioni obbligatorie.

18 novembre 2010

FASCE DI RISPETTO DEGLI ELETTRODOTTI

Il trasporto e le distribuzione dell’energia elettrica avvengono tramite elettrodotti, cioè conduttori aerei sostenuti da opportuni dispositivi (tralicci), in cui fluisce corrente elettrica alternata alla frequenza di 50 Hz: dagli elettrodotti si genera un campo elettromagnetico.
L’intensità del campo elettromagnetico aumenta con l’aumento della tensione della linea.
La tensione (differenza di potenziale) si misura in volt (V).
Le linee elettriche sono classificabili in funzione della tensione di esercizio come:
- linee ad altissima tensione (380kV), dedicate al trasporto dell’energia elettrica su grandi distanze;
- linee ad alta tensione (220kV e 132 kV), per la distribuzione dell’energia elettrica; le grandi utenze (industrie con elevati consumi) possono avere direttamente la fornitura alla tensione di 132KV;
- linee a media tensione (generalmente 15 kV), per la fornitura ad industrie, centri commerciali, grandi condomini ecc.;
- linee a bassa tensione (220-380V), per la fornitura alle piccole utenze, come le singole abitazioni.
Le linee di trasmissione ad altissima e alta tensione (380 kV, 220kV e 132 KV) sono linee aeree, con due o più conduttori mantenuti ad una certa distanza da tralicci metallici e sospesi a questi ultimi mediante isolatori. L’elettricità ad alta tensione viene trasportata da una o più terne di conduttori (terna singola, doppia terna, doppia terna ottimizzata) fino alle cabine primarie di trasformazione, poste in prossimità dei centri urbani, nei quali il livello della tensione viene abbassato tra i 5 e i 20 kV (media tensione).
Una terna singola si compone di tre conduttori (o fasci di conduttori molto ravvicinati) caratterizzati da una ben specifica relazione di fase; una doppia terna si compone, invece, di sei conduttori (o fasci di conduttori molto ravvicinati) caratterizzati anch’essi da una ben specifica relazione di fase.
Nel caso della doppia terna è, inoltre, possibile minimizzare il campo elettromagnetico prodotto, utilizzando una relazione di fase opportuna (doppia terna ottimizzata).

La fascia di rispetto è lo spazio circostante un elettrodotto, che comprende tutti i punti (al di sopra e al di sotto del livello del suolo), caratterizzati da un'induzione magnetica di intensità maggiore o uguale all'obiettivo di qualità (3 µT).
Poiché la corrente trasportata da un elettrodotto non è costante, ma dipende dalla richiesta di energia elettrica, anche la valutazione del campo di induzione magnetica, sulla base della proporzionalità tra campo magnetico e corrente, dipende dalla corrente considerata. La legge prevede che la valutazione sia effettuata con un preciso valore di corrente, che, per le linee elettriche con tensione superiore ai 100 kV corrisponde alla portata in corrente in servizio normale (definita dalla norma CEI 11-60).
Tale corrente generalmente è superiore a quella che transita sulla linea, quindi non è possibile determinare l’estensione della fascia con misure sul campo, ma è necessario effettuare una valutazione teorica (tramite software dedicato), che risulta cautelativa rispetto ai dati misurabili.


Il DM 29.05.2009 prevede che l’individuazione della fascia possa essere effettuata attraverso un procedimento semplificato con la determinazione della "Distanza di prima approssimazione" (Dpa) della linea.
Per le linee elettriche
La Dpa è assegnata a tratti rettilinei dell’elettrodotto in assenza di interferenze con altre linee elettriche ed è definita come la distanza, in pianta sul livello del suolo, dalla proiezione del centro linea che garantisce che ogni punto la cui proiezione al suolo disti dalla proiezione del centro linea più di Dpa si trovi all'esterno delle fasce di rispetto.
Per le cabine
La Dpa è definita come la distanza, in pianta sul livello del suolo, da tutte le pareti della cabina stessa che garantisce i requisiti di cui sopra.
Nel caso di deviazioni della linea elettrica, parallelismi o incroci con altre linee elettriche (casi complessi) per la descrizione semplificata della fascia di rispetto non è più sufficiente fornire solo la Dpa, ma è necessario introdurre altre distanze e altri criteri che consentono di definire l'Area di prima approssimazione.
Infine, nel caso in cui non sia possibile rispettare la valutazione semplificata, è richiesto il calcolo esatto della fascia di rispetto lungo le necessarie sezioni della linea.

I riferimenti contenuti nell’art. 6 del DPCM 08.07.2003 implicano che le fasce di rispetto debbano attribuirsi ove sia applicabile l'obiettivo di qualità, ossia “nella progettazione di nuovi elettrodotti in corrispondenza di aree gioco per l'infanzia, di ambienti abitativi, di ambienti scolastici e di luoghi adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore e nella progettazione dei nuovi insediamenti e delle nuove aree di cui sopra in prossimità di linee ed installazioni elettriche già presenti nel territorio.”
Sono escluse dall’applicazione della metodologia di calcolo (in quanto le fasce associabili hanno ampiezza ridotta, inferiore a quella prevista dal Decreto interministeriale n. 449/88 e dal Decreto del Ministro dei Lavori Pubblici del 16.01.91):
- le linee esercite a frequenze diverse da quella di rete (50 Hz);
- le linee di classe zero (ad esempio, linee telefoniche, telegrafiche, per segnalazione e comando a distanza ....);
- le linee di prima classe (linee di trasporto o distribuzione di energia elettrica, la cui tensione nominale è inferiore o uguale a 1000 V e le linee in cavo per illuminazione pubblica in serie la cui tensione nominale è inferiore o uguale a 5000 V);
- le linee in MT in cavo cordato ad elica (interrate o aeree).

Il D.P.C.M. 8 luglio 2003 prescrive che il proprietario/gestore comunichi alle autorità competenti l'ampiezza delle fasce di rispetto e i dati utilizzati per il loro calcolo.
Il DM 29.05.2009 definisce:
- Autorità competenti ai fini delle autorizzazioni: le autorità competenti al rilascio delle autorizzazioni per la costruzione e/o l'esercizio di elettrodotti e/o insediamenti e/o aree di cui all'art. 4 del D.P.C.M. 8 luglio 2003 (G.U. n. 200)
- Autorità competenti ai fini dei controlli: le autorità di cui all'art. 14 della Legge 22 febbraio 2001, n. 36, cioè le ARPA.
Ad ARPA, quindi, non compete la determinazione delle distanze, ma la verifica delle valutazioni effettuate dai gestori con le modalità specificate dal DM 29.05.2008, che vanno fornite all’autorità competente ai fini delle autorizzazioni.
Normativa:
DPCM 8 luglio 2003 - Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti (G.U. n. 200 del 29 agosto 2003)


DM 29 maggio 2008 – Metodologia di calcolo delle fasce di rispetto per gli elettrodotti


ENEL - Linee guida DPA

15 novembre 2010

DECRETO LEGGE SULLA TRACCIABILITÀ DEI FLUSSI FINANZIARI

Il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legge recante "Misure urgenti in materia di sicurezza" (DL 12 novembre 2010, n. 187) , nell`ambito del quale, agli articoli 6 e 7, hanno trovato collocazione alcune disposizioni interpretative ed attuative, ed altre modificative, dell`art. 3 della Legge n. 136/2010.
In primo luogo si chiarisce che la nuova normativa si applica da subito ai contratti stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della legge n. 136/2010 ed ai relativi subcontratti, mentre i contratti sottoscritti anteriormente a quella data ed i relativi subcontratti (anche se questi ultimi sono stati stipulati successivamente al 7 settembre 2010) devono essere adeguati alle disposizioni di cui al citato art. 3 entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge n. 136.
Cio` significa che le amministrazioni e le imprese hanno tempo fino al 7 marzo 2011 per inserire nei contratti le clausole relative agli obblighi di tracciabilita` finanziaria. Fino a quella data i pagamenti seguiranno le regole della disciplina previgente.
Si chiarisce che l`espressione "filiera delle imprese" va riferita ai subappalti, come definiti dall`art. 118, comma 11, del d.lgs. n. 163/2006, nonchè ai subcontratti stipulati per l`esecuzione, anche non esclusiva, del contratto.
In altri termini la disciplina sulla tracciabilità si applica a quei subcontratti che abbiano un collegamento diretto con l'oggetto del contratto principale. Per quanto concerne gli appalti di lavori pubblici, cio` consente di limitare l`obbligo della tracciabilita` a tutti i subcontraenti dell`appaltatore principale ed a tutti i subcontraenti del subappaltatore (o titolare di contratto assimilato al subappalto).
L`obbligo non si estende, invece, ai successivi anelli della catena produttiva (ad esempio al fornitore del fornitore), in quanto manca in tal caso il nesso diretto con l`esecuzione del contratto principale.
Il decreto legge specifica poi che l`espressione "anche non in via esclusiva" di cui al comma 1 dell`art. 3, consente di utilizzare uno o piu` conti correnti bancari o postali anche per piu` commesse, purche` per ciascuna commessa venga effettuata la comunicazione degli estremi identificativi dei conti correnti stessi; e` inoltre possibile far transitare sui medesimi conti anche movimenti finanziari estranei alle commesse pubbliche comunicate.
Si conferma, in sostanza, l`interpretazione gia` da noi anticipata circa la flessibilita` nella gestione dei conti che la normativa consente. Da questa impostazione deriva, a nostro avviso, anche la possibilita` di utilizzare piu` conti correnti per una stessa commessa.
Fra le modifiche introdotte all`art. 3 del decreto legge n. 136, appare di grande rilievo quella che opera sul comma 1, equiparando al bonifico bancario o postale altri strumenti di pagamenti idonei a consentire la piena tracciabilita` delle operazioni quali, ad esempio, le ricevute bancarie.
Ulteriori modifiche riguardano l`indicazione negli strumenti di pagamento del codice unico di progetto (CUP) che diventa obbligatoria solo nei casi in cui il CUP sia obbligatorio ai sensi dell`art. 11 della legge 16 gennaio 2003, n. 3 (progetti di investimento pubblico); mentre l`elemento identificativo della commessa pubblica, da riportare negli strumenti di pagamento, diventa il codice identificativo di gara (CIG) attribuito dall`Autorita` di vigilanza sui contratti pubblici.
In relazione al conto corrente dedicato, viene precisato che si puo` utilizzare anche un conto corrente gia` esistente; in tal caso gli estremi identificativi devono essere comunicati alla stazione appaltante entro sette giorni dalla loro prima utilizzazione in operazioni finanziarie relative ad una commessa pubblica.
E` stato interamente riscritto il comma 8 relativo all`obbligo della stazione appaltante di inserire nei contratti di appalto un`apposita clausola che impone ai contraenti l`assunzione degli obblighi di tracciabilità.

14 novembre 2010

VERIFICA PREVENTIVA DELL'INTERESSE ARCHEOLOGICO

Nell'articolo 95 del Codice dei contratti viene precisato che ai fini dell'applicazione dell'articolo 28, comma 4, del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, per le opere sottoposte all'applicazione delle disposizioni del nuovo codice in materia di appalti di lavori pubblici, le stazioni appaltanti trasmettono al Soprintendente territorialmente competente, prima dell'approvazione, copia del progetto preliminare dell'intervento o di uno stralcio di esso sufficiente ai fini archeologici, ivi compresi gli esiti delle indagini geologiche e archeologiche preliminari secondo quanto disposto dal regolamento, con particolare attenzione:
• ai dati di archivio e bibliografici reperibili,
• all'esito delle ricognizioni volte all'osservazione dei terreni,
• alla lettura della geomorfologia del territorio,
• nonché, per le opere a rete, alle fotointerpretazioni.
Le stazioni appaltanti raccolgono ed elaborano tale documentazione mediante i dipartimenti archeologici delle università, ovvero mediante i soggetti in possesso di diploma di laurea e specializzazione in archeologia o di dottorato di ricerca in archeologia.
Ai relativi oneri si provvede ai sensi dell'articolo 93, comma 7 del codice stesso e relativa disciplina regolamentare.
La trasmissione della documentazione suindicata non è richiesta per gli interventi che non comportino nuova edificazione o scavi a quote diverse da quelle già impegnate dai manufatti esistenti.

Con l'articolo 96 viene definita, poi, la procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico che si articola in due fasi costituenti livelli progressivi di approfondimento dell'indagine archeologica.
L'esecuzione della fase successiva dell'indagine è subordinata all'emersione di elementi archeologicamente significativi all'esito della fase precedente.
La procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico consiste nel compimento delle indagini e nella redazione dei documenti integrativi del progetto di cui alle seguenti lettere a) e b):
a) prima fase, integrativa della progettazione preliminare:
1) esecuzione di carotaggi;
2) prospezioni geofisiche e geochimiche;
3) saggi archeologici tali da assicurare una sufficiente campionatura dell'area interessata dai lavori;
b) seconda fase, integrativa della progettazione definitiva ed esecutiva: esecuzione di sondaggi e di scavi, anche in estensione.
La procedura si conclude con la redazione della relazione archeologica definitiva, approvata dal soprintendente di settore territorialmente competente.
Sulla necessità di sottoporre preliminarmente un progetto comprensivo di attività di scavo (strade, acquedotti, fognature, ecc.) al parere della Soprintendenza per i beni archeologici, indipendentemente dall’esistenza o meno di un’area di interesse archeologico, si veda il parere esaustivo della Regione Piemonte.

ANCHE GLI ENTI PUBBLICI RIENTRANO NELLA DEFINIZIONE COMUNITARIA DI OPERATORI ECONOMICI

La sola natura di organismo di diritto pubblico del soggetto che svolge il servizio per la stazione appaltante non consente di escludere, in ogni caso, l’esistenza di un appalto e, dunque, la necessità di svolgere un procedimento concorsuale rispettoso delle disposizioni del codice dei contratti.
Infatti, anche gli enti pubblici rientrano nella definizione comunitaria di operatori economici, in particolare, se si tratta di enti pubblici economici.
Quanto agli enti pubblici non economici, di recente la Corte di Giustizia (quarta sezione sentenza 23 dicembre 2009, causa C-305/08) ha chiarito che le Università e gli istituti di ricerca che non perseguono un preminente scopo di lucro devono poter partecipare a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, qualora siffatti soggetti siano autorizzati dal diritto nazionale ad offrire sul mercato i servizi oggetto dell’appalto considerato; ciò, in quanto “l’art. 1, n. 8, primo e secondo comma, della direttiva 2004/18 riconosce la qualità di operatore economico non soltanto a ogni persona fisica o giuridica, ma anche, in modo esplicito, a ogni ente pubblico, nonché ai raggruppamenti costituiti da tali enti, che offrono servizi sul mercato. Pertanto, la nozione di ente pubblico può includere anche organismi che non perseguono un preminente scopo di lucro, che non hanno una struttura d’impresa e che non assicurano una presenza continua sul mercato”.

Recentemente, la Corte di Giustizia (cfr. sentenza 9 giugno 2009, causa C-480/06, Commissione delle Comunità europee c. Repubblica federale di Germania) ha affermato che è legittimo il contratto stipulato da alcune circoscrizioni amministrative relativo allo smaltimento dei rifiuti direttamente con i servizi della nettezza urbana di un Comune anche se in assenza di una gara d’appalto a livello comunitario, in quanto un’autorità pubblica può adempiere compiti di interesse pubblico mediante propri strumenti o in collaborazione con altre autorità pubbliche.
Nell’ipotesi in cui tale contratto costituisce il fondamento per la costruzione e gestione future di un impianto destinato all’espletamento di un servizio pubblico (nel caso di specie la termovalorizzazione dei rifiuti), se è stato stipulato solo da autorità pubbliche senza la partecipazione di una parte privata e non prevede né pregiudica l’aggiudicazione degli appalti eventualmente necessari per l’espletamento del servizio pubblico (nella specie la costruzione e gestione dell’impianto di trattamento dei rifiuti), non viola la normativa comunitaria in materia di appalti pubblici5. In buona sostanza, si ammette una forma di cooperazione orizzontale tra amministrazioni aggiudicatrici, quando la stessa comporta la conclusione di contratti non coperti dalla normativa comunitaria e sempre che ricorrano le seguenti condizioni:
• sono coinvolte solo entità pubbliche;
• la cooperazione deve essere finalizzata ad assicurare la realizzazione congiunta di un servizio pubblico con una effettiva condivisione di compiti pubblici e responsabilità;
• tale cooperazione non deve comportare trasferimenti finanziari, a parte quelli corrispondenti ai costi effettivi sostenuti per le prestazioni;
• vi è il perseguimento di interessi esclusivamente pubblici senza coinvolgere anche considerazioni di natura commerciale. Al riguardo, si veda anche la circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 9 marzo 2010 avente ad oggetto la “cooperazione tra amministrazioni pubbliche (cooperazione pubblico-pubblico), ed in particolare gli accordi ex art.15 della legge n. 241 del 1990”.
Parte della giurisprudenza nazionale ha sostenuto che il nostro ordinamento prevede numerosi istituti che consentono un’agevole trasposizione dei principi espressi dalla Corte di Giustizia nella sentenza esaminata, il principale dei quali disciplinato proprio dall’art. 15 L. n. 241/90, secondo il quale “le amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune”. (vedi Tar Lombardia, Milano, sentenza n. 74 del 19 gennaio 2010, nella quale si ritiene legittimo l’avviso di selezione per l’affidamento dell'incarico di studio e di consulenza tecnico-scientifica per la redazione del Piano di Governo del Territorio comunale rivolto alle sole Università, sul presupposto che concretamente non si è dato luogo ad alcuna vera e propria procedura di evidenza pubblica, ma ad un accordo tra Enti Pubblici, sebbene preceduto da una fase di potenziale scelta tra più Università eventualmente interessate.)

D’altro canto, altra recente giurisprudenza (TAR Puglia, Lecce, Sez. II, 2 febbraio 2010, n. 417 e n. 418) ha annullato le determinazioni assunte da una Azienda sanitaria che aveva affidato la progettazione per la realizzazione di un nuovo plesso ospedaliero all’Università, senza espletare alcuna procedura di evidenza pubblica, utilizzando lo strumento convenzionale, ai sensi dell’articolo 15 della legge 241 citata.
(vedi Deliberazione dell’AVCP n. 50 del 27 Luglio 2010)

AFFIDAMENTO DI SERVIZI IN VIA DIRETTA SOLO IN PRESENZA DEI NECESSARI PRESUPPOSTI

Un servizio idoneo a rientrare nell’alveo della figura degli appalti pubblici, non può essere sottratto all’applicazione della normativa sull’evidenza pubblica e affidato in via diretta in assenza dei necessari presupposti. In particolare:
a - affinchè sussistano i presupposti per la deroga c.d. “in house” in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici, è necessario da un lato che l’amministrazione aggiudicatrice eserciti sulla sua controparte contrattuale, soggetto da esso distinto, un controllo analogo a quello da esso esercitato sui propri servizi e, dall’altro lato, che tale soggetto realizzi con l’ente pubblico la parte prevalente della propria attività (si v. in tal senso, la sentenza 18 novembre 1999, causa C-107/98, Teckal).
b - l’ambito di operatività della deroga di cui all’art. 19 comma 2 del codice degli appalti, secondo il quale la disciplina dei contratti pubblici non si applica agli appalti di servizi aggiudicati da un'amministrazione ad un'altra amministrazione aggiudicatrice o ad un'associazione di amministrazioni aggiudicatrici, si basa su un diritto esclusivo di cui esse beneficiano in virtù di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative pubblicate e purché tali disposizioni siano compatibili con il trattato;
c - lo strumento della convenzione di cui all’art. 15 della legge n. 241/1990 deve essere utilizzato correttamente dall’amministrazione procedente: difettando i requisiti della collaborazione per la realizzazione congiunta di un servizio pubblico e dell’assenza di corrispettivo per tale collaborazione non è legittimo ricorrere allo strumento della convenzione ex art. 15 della legge 241/1990;
Quindi, fuori dai casi di in house providing, e da quello contemplato dall’art. 19 comma 2 del codice dei contratti, vi è l’ipotesi della cooperazione orizzontale tra soggetti pubblici, nella quale è legittimo l'affidamento diretto a enti pubblici non economici; si tratta di casi nei quali, comunque, sembra potersi escludere la stessa sussistenza di un contratto d'appalto, tenuto conto che gli elementi costitutivi della fattispecie sono, da un lato, l’assenza di un corrispettivo per le prestazioni previste nell’accordo, essendo ammessa la sola copertura dei costi (nella definizione contenuta nel codice, invece, gli appalti pubblici sono contratti a titolo oneroso) e dall’altro una effettiva e reale divisione di compiti e responsabilità pubbliche (l’appalto ha ad oggetto, invece, l’esecuzione di un’opera, un servizio o una fornitura in favore della stazione appaltante).
(vedi Deliberazione dell’AVCP n. 50 del 27 Luglio 2010)

ACCERTAMENTO VIOLAZIONI LIMITI DI VELOCITA’

Con l’ordinanza 28 gennaio 2010, n. 1955 la Suprema Corte civile ha reiterato il principio (cfr. Cass. Civ. n. 22816 del 2008), secondo cui in tema di accertamento della violazione di norme del Codice della Strada sui limiti di velocità mediante strumenti elettronici omologati (c.d. “autovelox”), l’accertamento delle violazioni non può essere affidato interamente a soggetti privati stabilendo, quindi, che l’assistenza tecnica delle società appaltatrici dei servizi deve limitarsi alla sole fasi di installazione ed impostazione delle apparecchiature elettroniche volte all’accertamento de quo, e non può estendersi anche alla lettura dei risultati delle rilevazioni, alla verbalizzazione e alla notifica dei verbali, pena la evidente violazione delle norme di legge che riservano i servizi di polizia stradale ai pubblici ufficiali (artt. 11 e 12 C.d.S.). Con la sentenza n. 10620 del 17 marzo 2010, anche la Cassazione penale ha ribadito in linea generale l’orientamento suddetto, specificando, ancora una volta, che l’accertamento delle violazioni (ai sensi dell’art. 11 lett. A del C.d.S.), ricade tra le attività di servizio della polizia stradale, e non è, pertanto, delegabile a terzi ed in più punta l’indice sulle finalità di questo tipo di rilevazioni delle infrazioni che dev’essere considerata esclusivamente preventiva e non repressiva o di finanziamento pubblico o lucro privato.

08 novembre 2010

CRITERI PER IL RILASCIO DELLE AUTORIZZAZIONI AI LABORATORI

Sono state approvate e pubblicate le nuove Circolari recanti i criteri per il rilascio delle autorizzazioni ai laboratori per l’esecuzione e la certificazione delle prove sui materiali da costruzione tradizionali, sul legno, sulle terre e sulle rocce, nonché per le indagini geognostiche, il prelievo dei campioni e le prove in sito, come previsto dall’art.59 del DPR n.380/2001.
Le Circolari che disciplinano i vari settori sono le seguenti:




Le Circolari sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale N. 257 del 3 Novembre 2010.

07 novembre 2010

L’ATTESTAZIONE DI QUALITA’

Parere dell’AVCP n. 168 del 23/09/2010 in merito alla legittimità della clausola che impone, ai fini della partecipazione alla gara, di presentare l’attestazione di qualità, recante, a pena di esclusione, la specifica dicitura indicata negli atti di gara.
Sul punto occorre tener presente che la certificazione in questione è diretta ad attestare la capacità organizzativa e operativa dell’impresa con riferimento alla globalità delle lavorazioni eseguite, e garantisce che, nel settore considerato, i processi produttivi oggetto di verificazione sono esercitati in regime di qualità, per tale motivo è superflua la puntuale indicazione nella certificazione stessa delle singole categorie di lavorazioni espletate dall’impresa certificata. In altri termini la certificazione in esame è in via generale riferita a tutte le lavorazioni che l’impresa esegue nell’espletamento della propria attività e per le quali ha conseguito l’attestazione SOA, salvo che non siano espressamente indicate le lavorazioni, a cui la stessa si riferisce. In tal senso depone sia il dato normativo sia il consolidato insegnamento dell’Autorità (cfr. parere n. 157 del 9 settembre 2010).
Sotto il primo profilo si osserva che "la certificazione del sistema di qualità aziendale e la dichiarazione della presenza degli elementi significativi e tra loro correlati del sistema di qualità aziendale si intendono riferite agli aspetti gestionali dell'impresa nel suo complesso, con riferimento alla globalità delle categorie e classifiche” (art. 4, comma 2, DPR 34/2000).
Sotto il secondo profilo si fa presente che l’Autorità ha puntualizzato che “ il riferimento contenuto nell’ultimo alinea del citato art. 4, comma 2 del D.P.R. n. 34/2000 alla “globalità delle categorie e classifiche”, va ragionevolmente inteso nel senso che, ove non diversamente specificato, la certificazione del sistema di qualità aziendale e la dichiarazione della presenza degli elementi significativi e tra loro correlati del sistema di qualità aziendale si riferiscono a tutte le categorie oggetto di attestazione” (cfr. parere n. 117 del 22 ottobre 2009).
Una volta chiarita cos’è la certificazione di qualità e quale funzione svolge, va verificato se la stazione appaltante, nel fissare i requisiti di partecipazione ad un gara, può richiedere che tale atto abbia un contenuto specifico, particolare, indicando preventivamente la dicitura che quest’ultimo deve riportare. Il sistema normativo su richiamato nonché l’orientamento consolidato sia dell’Autorità (pareri n. 64 del 20 maggio 2009; n. 2 del 15 gennaio 2009; n. 178 del 5 giugno 2008; n. 188 del 14 giugno 2008 e n. 33 del 31 gennaio 2008) sia della giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, sez. V, 2 febbraio 2009, n. 525 e Cons. Stato, sez. VI, 23 luglio 2008, n. 3655) inducono a dare risposta negativa al quesito posto, in base alla considerazione che l’ampia discrezionalità di cui gode la stazione appaltante in merito alla fissazione dei requisiti di partecipazione ad una gara, che ben possono essere diversi, ulteriori e più restrittivi di quelli legali, conosce il limite della logicità e della ragionevolezza dei requisiti richiesti e della loro pertinenza e congruità rispetto all’oggetto dell’appalto ed all’interesse pubblico perseguito.
Nel caso di specie di cui al parere dell’AVCP, il contenuto della clausola contestata appare illogico e irragionevole. La stazione appaltante, infatti, non si è limitata a richiedere, ai fini della partecipazione, il possesso della certificazione di qualità per i settori EA corrispondenti alle lavorazioni oggetto della gara – cosa che può fare - ma ha preteso di fissare in maniera analitica il contenuto che quest’ultima deve avere, con la duplice conseguenza di limitarne in tal modo l’efficacia e di impedire l’accesso alla gara a tutte quelle imprese che, pur in possesso della certificazione del sistema di qualità UNI EN ISO 9001:2000 per i settori EA indicati nel bando, non abbiano però sul documento in questione la dicitura richiesta dalla Stazione appaltante.
A fronte di simile restrizione della concorrenza non emerge alcun particolare interesse della Stazione Appaltante che giustifichi tale operato: difatti, se l’ente locale con la previsione contestata ha voluto soltanto fissare un requisito indispensabile per assicurarsi una buona esecuzione del contratto, risulta sufficiente al raggiungimento di tale obiettivo la richiesta della certificazione di qualità per i settori EA rilevanti in relazione all’oggetto della gara.
Di contro la previsione contestata non arreca alcuna utilità all’interesse pubblico e, a ben vedere, impedisce la partecipazione alla gara non solo alle imprese che non danno sufficienti elementi di affidabilità, in quanto o non hanno alcuna certificazione di qualità o l’hanno in settori non pertinenti rispetto all’oggetto dell’appalto, ma paradossalmente anche alle imprese che presentano un grado di affidabilità maggiore rispetto a quelle a cui è consentito l’accesso, in ragione del possesso della certificazione di qualità per i settori indicati nella lex specialis (EA19 e EA33), riferita, in conformità all’art. 4, comma 2, DPR n.34/2000, a tutte le lavorazioni realizzate dall’impresa e non solo a quelle riportate nella dicitura contestata.

FORNITURA DEI MATERIALI E ATTIVITÀ MANUTENTIVA

L’attività di fornitura dei materiali è da considerarsi strumentale all’attività manutentiva, laddove la fornitura non riveste carattere autonomo, come nel caso in cui il CSA individui i lavori oggetto dell’appalto rientranti nella categoria OG6 (acquedotti), la cui declaratoria prevede, tra l’altro, la fornitura e posa in opera delle tubazioni.
L’attività di manutenzione posta in gara separatamente rispetto alla fornitura di materiali ed attrezzature idrauliche (tubazioni, saracinesche e pezzi speciali) alla stessa strumentale costituisce un indebito frazionamento dell’appalto. (Deliberazione dell’AVCP n. 40 del 20/02/2007).

02 novembre 2010

RESPONSABILITÀ DELL’APPALTATORE

“… La responsabilità dell’appaltatore per gravi difetti dell’opera sancita dall’art. 1669 c.c. – difetti ravvisabili in qualsiasi alterazione dell’opera, conseguente ad un’inadeguata sua realizzazione, che, pur non riguardando parti essenziali della stessa e non determinandone, pertanto, la rovina od il pericolo di rovina, si traducano, tuttavia, in vizi funzionali di quegli elementi accessori o secondari che dell’opera stessa consentono l’impiego duraturo cui è destinata e tali, quindi, da incidere negativamente ed in considerevole misura sul godimento di essa, ciò che li distingue nettamente dai vizi e dalle difformità denunziabili, ex art. 1667 c.c., con l’azione di responsabilità contrattuale e per i quali non è richiesto che necessariamente incidano in misura rilevante sull’efficienza e la durata dell’opera – non è affatto di natura contrattuale, bensì extracontrattuale, in quanto intesa a garantire la stabilità e la solidità degli edifici e delle altre cose immobili destinate per loro natura a lunga durata per la tutela dell’incolumità personale dei cittadini, e, quindi, d’interessi generali inderogabili, che trascendono i confini ed i limiti dei rapporti negoziali tra le parti (Cass. 6.12.00 n. 15488, 2.10.00 n. 13003, 14.200 n. 1608, 7.1.00 n. 81)…”
“L’art. 1669 cod. civ. benché collocato fra le norme disciplinanti il contratto di appalto è diretto alla tutela dell’esigenza di carattere generale della conservazione e funzionalità degli edifici e di altri immobili destinati per loro natura a lunga durata. Conseguentemente, l’azione di responsabilità prevista da detta norma ha natura extracontrattuale e trascendendo il rapporto negoziale (appalto o vendita) in base al quale l’immobile è pervenuto nella sfera di un soggetto diverso dal costruttore, può essere esercitata nei confronti di quest’ultimo, quando abbia veste di venditore anche da parte degli acquirenti, i quali in tema di gravi difetti dell’opera possono fruire dei termini decennale di prescrizione ed annuale di decadenza (ex pluribus, da ultimo: Cass. 31.3.08 n. 7634, 13.1.05 n. 567, 29.3.02 n. 4622, 10.4.00 n. 4485, 6.2.96 n. 1203, 19.9.97 n. 9313, 27.8.97 n. 8109, 14.12.93 n. 12304) …”
“… l’identificazione degli elementi conoscitivi necessari e sufficienti onde possa individuarsi la “scoperta” del vizio ai fini del computo dei termini posti dall’art. 1669 c.c. – il primo di decadenza per effettuare la “denunzia” ed il secondo, che dalla denunzia stessa prende a decorrere, di prescrizione per promuovere l’azione – deve effettuarsi con riguardo tanto alla gravità dei vizi dell’opera quanto al collegamento causale di essi con l’attività progettuale e costruttiva espletata, sì che, non potendosi onerare il danneggiato di proporre senza la dovuta prudenza azioni generiche a carattere esplorativo o comunque suscettibili di rivelarsi infondate, la conoscenza completa, idonea a determinare il decorso del doppio termine, dovrà ritenersi conseguita, in assenza di convincenti elementi contrari anteriori, solo all’atto dell’acquisizione d’idonei accertamenti tecnici; per il che, nell’ipotesi di gravi vizi dell’opera la cui entità e le cui cause, a maggior ragione ove già oggetto di contestazioni tra le parti, abbiano, anche per ciò, rese necessario indagini tecniche, è consequenziale ritenere che una denunzia di gravi vizi da parte del committente possa implicare un’idonea ammissione di valida scoperta degli stessi tale da costituire il dies a quo per la decorrenza del termine di prescrizione ed, a maggior ragione, tale da far supporre una conoscenza dei difetti di tanto antecedente da implicare la decadenza, solo quando, in ragione degli effettuati accertamenti, risulti dimostrata la piena comprensione dei fenomeni e la chiara individuazione ed imputazione delle loro cause, per l’un effetto, alla data della denunzia e, per l’altro, a data ad essa convenientemente anteriore (cfr. Cass. 9.3.99 n. 1993, 18.11.98 n. 11613, 20.3.98 n. 2977,94 n. 8053).
Ciò non significa che il ricorso ad un accertamento tecnico possa giovare al danneggiato quale escamotage onde essere rimesso in termini quando dell’entità e delle cause dei vizi avesse già avuta idonea conoscenza, ma solo che compete al giudice del merito accertare se la conoscenza dei vizi e della loro consistenza fosse stata tale da consentire una loro consapevole denunzia prima ed una non azzardata iniziativa giudiziale poi, anche in epoca precedente, pur senza l’ulteriore supporto del parere d’un perito (cfr. Cass. 9.3.99 n. 1993,2.9.92 n. 1016)”.
(Cassazione Civile, sezione seconda, sentenza del 31 Gennaio 2008, n. 2313)