Il
Decreto Legislativo 8 giugno 2001, n. 231, di seguito anche solo Decreto, introduce
nell’ordinamento italiano un nuovo regime di “responsabilità” a carico degli
enti [1] derivante dalla commissione, o tentata commissione, di determinate
fattispecie di reato, nell’interesse o a vantaggio degli enti stessi.
La
“responsabilità amministrativa” prevista dal decreto consente di colpire il
patrimonio degli enti, e quindi l’interesse economico dei soci, (direttamente
tramite sanzioni pecuniarie, o indirettamente tramite, ad es., l’interdizione
dall’esercizio dell’attività) che hanno tratto un vantaggio dalla commissione
di determinati reati da parte delle persone fisiche che rappresentano l’ente
[2] o che operano per l’ente [3].
I
reati per i
quali l’Ente può essere chiamato a rispondere sono soltanto quelli
espressamente indicati dal legislatore, e riguardano i seguenti ambiti:
-
reati nei rapporti con la Pubblica Amministrazione [4];
-
reati di falso nummario [5];
-
reati societari [6];
-
reati con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico [7];
-
reati contro la personalità individuale [8];
-
reati di abuso di mercato [9];
L'ente
è responsabile se il reato è stato commesso a “suo interesse o a suo vantaggio”
(D.Lgs. 231/01, art. 5, co. 1); non è pertanto necessario aver conseguito un
“vantaggio” concreto, ma è sufficiente che vi fosse “l’interesse” a commettere
il reato.
L’Ente
tuttavia non risponde se dimostra di aver “adottato ed efficacemente attuato”
un modello di organizzazione, gestione e controllo (di seguito anche Modello) (vedi)
tale da prevenire la commissione dei reati della stessa fattispecie di quello
verificatosi.
Il
reato, quindi, deve essere stato commesso aggirando fraudolentemente il Modello
stesso.
La
valutazione della validità del Modello adottato e della sua efficace attuazione
è formulata dal giudice in sede di accertamento penale (ovvero, la prova della
solidità del modello si ha solo nel malaugurato caso di procedimento penale per
uno dei reati considerati).
Le
sanzioni previste dal Decreto a carico degli enti consistono in:
-
sanzioni interdittive (interdizione dall’esercizio dell’attività, sospensione o
revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione
dell’illecito; divieto di contrarre con la pubblica amministrazione; esclusione
da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi ed eventuale revoca di
quelli concessi; divieto di pubblicizzare beni o servizi);
-
pubblicazione della sentenza di condanna (che può essere disposta in caso di
applicazione di una sanzione interdittiva);
-
confisca del profitto che l’ente ha tratto dal reato (sequestro conservativo,
in sede cautelare).
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[1]
D.Lgs. 231/01, art. 1, co. 2: “Le
disposizioni in esso previste si applicano agli enti forniti di personalità
giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica.”
e co. 3: “Non si applicano
allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici non
economici nonché agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.”
[2] D.Lgs. 231/01, art. 5, co. 1, lett. a): “persone che rivestono funzioni di
rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità
organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone
che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso.”
[3]
D.Lgs. 231/01, art. 5, co. 1, lett. b): “da
persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui…”
all’art. 5, co. 1, lett. a).
[4]
D.Lgs. 231/01, artt. 24 e 25 (corruzione
per un atto d’ufficio o per un atto contrario ai doveri di ufficio, corruzione
in atti giudiziari, istigazione alla corruzione, concussione, malversazione a
danno dello Stato o di altro ente pubblico, indebita percezione di contributi,
finanziamenti o altre erogazioni da parte dello Stato o di altro ente pubblico
o delle Comunità europee, truffa in danno dello Stato o di altro ente pubblico
o delle Comunità europee, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni
pubbliche, frode informatica in danno dello Stato o di altro ente pubblico).
[5]
D.Lgs. 231/01, art. 25-bis (falsità
in monete, in carte di pubblico credito ed in valori di bollo).
[6]
D.Lgs. 231/01, art. 25-ter (false
comunicazioni sociali, false comunicazioni sociali in danno dei soci o dei
creditori, falso in prospetto, falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni
della società di revisione, impedito controllo, formazione fittizia del
capitale, indebita restituzione di conferimenti, illegale ripartizione degli
utili e delle riserve, illecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della
società controllante, operazioni in pregiudizio dei creditori, indebita
ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori, illecita influenza
sull’assemblea, aggiotaggio, ostacolo all’esercizio delle funzioni delle
autorità pubbliche di vigilanza).
[7]
D.Lgs. 231/01, art. 25-quarter.
[8]
D.Lgs. 231/01, artt. 25-quarter-1 e 25-quinquies (pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili,
riduzione in schiavitù, prostituzione minorile, pornografia minorile,
detenzione di materiale pornografico, iniziative turistiche volte allo
sfruttamento della prostituzione, tratta e commercio di schiavi, alienazione e
acquisto di schiavi - commessi anche all’estero -, pedopornografia virtuale).
[9]
D.Lgs. 231/01, art. 25-sexies (abuso
di informazioni privilegiate, manipolazione del mercato).
[10]
D.Lgs. 231/01, art. 25-septies (Reati
di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi con violazione
delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell'igiene e della salute sul
lavoro).
[11] D.Lgs. 231/01, art. 25-octies (Ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o
utilità di provenienza illecita).
[12] L.
146/2006, art. 3: “Ai fini della
presente legge si considera reato transnazionale il reato punito con la pena
della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, qualora sia
coinvolto un gruppo criminale organizzato, nonché: a) sia commesso in più di
uno Stato; b) ovvero sia commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della
sua preparazione, pianificazione, direzione o controllo avvenga in un altro
Stato; c) ovvero sia commesso in uno Stato, ma in esso sia implicato un gruppo
criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato; d)
ovvero sia commesso in uno Stato ma abbia effetti sostanziali in un altro
Stato.”.
[13] L.
146/2006, art. 10 e s.m.i. (associazione
di tipo mafioso, associazione per delinquere –anche finalizzata al contrabbando
di tabacchi lavorati esteri o al traffico illecito di sostanze stupefacenti o
psicotrope-, induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni
mendaci all’autorità giudiziaria, favoreggiamento personale, traffico di
migranti).
[14]
D.Lgs. 231/01, art. 24-bis (delitti informatici e trattamento illecito di
dati).
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